二十二

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«Felix...» Dopo essersi seduto sul letto, mio padre mi accarezzò i capelli.
Da quando ero ritornato a casa, quella era la prima volta che passavo, di nuovo, tutto quel senza fare nulla.
Erano passati alcuni giorni, da quando avevo avuto quella discussione con Chan e, nonostante mi avesse fatto intendere che mi volesse ancora, non aveva fatto nulla per riavermi indietro. E questo mi aveva distrutto. Aveva mentito? Ancora? Era davvero così crudele da volermi fare stare così male?

«Mmh?»

«Puoi scendere, per favore? La cena è pronta»

«Papà, ho lo stomaco chiuso.» Gli voltai le spalle, non volendo più sentire neanche una parola.

«Bang è qui»
Scattai seduto. Cosa diamine ci faceva in casa mia?

Feci uscire mio padre dalla camera, indossai qualcosa di decente e mi recai nella sala da pranzo.
Volevo, ma non volevo entrare. Volevo, ma non volevo vederlo.
Portai una mano sul petto. Strinsi la maglia all'altezza del cuore, quando lo sentii parlare. Non potevo, di certo, rimanere tutto la sera nascosto dietro quel muro.
Credeva già che fossi un bambino, non potevo dargli la conferma.
Presi un respiro profondo e, finalmente, misi piede nella stanza.
Non lo guardai in faccia, non dissi nulla, mentre prendevo posto, di fianco a lui. Sentivo lo sguardo di tutti su di me, ma, il suo, mi stava facendo squagliare vivo.

«Mondo chiama Felix.» Mi resi conto solo in quel momento di star trattenendo il fiato. Guardai mia madre, con fare interrogativo. «Ti ho chiamato più o meno tre volte» Ridacchiò e mi sentii avvampare

Biascicai un scusa, poi iniziai a mangiare, estraniandomi nuovamente dalla loro conversazione.
Nella mia mente c'erano troppi pensieri confusi, non riuscivo a fare un ragionamento sensato. Pensavo a lui, alle volte in cui avevamo fatto l'amore, a quando mi aveva cacciato, a quando era ritornato e a quel 'Ti amo'.

Mi si mozzò il fiato. Abbassai lo sguardo, puntandolo sulla sua mano, adesso sulla mia.
Lentamente, percorsi il suo braccio con gli occhi, per poi arrivare al suo viso.
Mi stava guardando.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime, senza un apparente motivo.

Una lacrima mi solcò il volto, quando incrociò le nostre dita.

Avevo bisogno di lui. Avevo bisogno, ancora, di potermi fare toccare in tutti i modi da lui. Di farmi stringere e coccolare.
Perché, sì, aveva ragione. Ero un bambino e avevo bisogno di essere trattato, almeno per un po', come tale.

Scoppiai a piangere. Liberai la mano, per portarmela sulle labbra, poi mi fiondai tra le sue braccia.

Dio, quanto mi era mancato poter appoggiare la testa sul suo petto, il suo profumo, le sue mani tra i miei capelli.

Stray Bitch •Chanlix•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora