Temevo questo momento da quando ho iniziato a seguire le lezioni di scrittura creativa: il capitolo sui dialoghi. Croce e delizia di praticamente tutti gli scrittori, i dialoghi possono elevarvi a ottimi autori o smascherarvi come dilettanti. Diciamocelo: i dialoghi non sono nostri amici.
Come sempre la lezione di oggi è tratta da "Lezioni di scrittura creativa" del Gotham Writers' Workshop, dal capitolo a cura di Allison Amend.
Come prima cosa ci viene spiegato lo scopo di un dialogo all'interno di una storia e quando è opportuno inserirne uno: il dialogo è ciò che porta avanti la narrazione e che tiene il lettore ancorato alle pagine, è ciò che alleggerisce la lettura e che spinge ad andare avanti. È innegabile che le parti dialogiche si leggano spesso con piacere e in modo rapido, mentre i capitoli ricchi di spiegazioni e descrizioni ma senza scene parlate siano decisamente meno agevoli da assimilare. La narrazione, infatti, rallenta la lettura raccontando gli eventi, mentre il dialogo si legge velocemente e comprime gli eventi in uno spazio limitato mostrandoli in tempo reale. L'effetto che si ha durante le scene, ovvero durante le parti dialogiche "in diretta", è quello di assistere a un film, dove gli attori parlano e interagiscono. Mentre il dialogo ci porta nel vivo della scena, le parti narrate (o sommario) andrebbero conservate per quando si vuole informare rapidamente il lettore su un momento poco importante, oppure per quando si vuole rendere palese la presenza del narratore.
Bisogna ricordare che il dialogo attira l'attenzione su di sé, perciò bisogna essere certi di utilizzarlo per dire qualcosa che sia significativo per lo sviluppo della trama o del personaggio, o semplicemente per un momento particolarmente drammatico. Per citare l'esempio di Allison Amend, se un autore crea un dialogo di sei pagine in cui i personaggi parlano di un ingorgo nel traffico e poi altre sei in cui gli stessi personaggi finalmente rivelano le proprie infedeltà, tutta l'importanza sarà data al traffico, mentre le infedeltà risulteranno sminuite. Ammesso che il lettore sia sopravvissuto al bla bla sul traffico, ovviamente. Un bravo autore, in una situazione simile, dovrebbe restringere al minimo la parte sul traffico, per poi puntare i riflettori sulle infedeltà: i momenti clou sono particolarmente adatti a essere raccontati con il dialogo.
Dopo questa abbondante premessa possiamo immergerci nel vivo del discorso: cosa dobbiamo fare per scrivere un buon dialogo? Un dialogo che sia avvincente, che funzioni, che non faccia fuggire il lettore a gambe levate o, peggio, che non lo faccia scoppiare a ridere per le assurdità scritte?
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Il Giornalino del Club - Marzo/Aprile 2020
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