- Tira bene quella pasta!-
- Su, mettici più forza, razza di incapace!-Il capo, il signor Marco Brancovini, era un uomo tozzo, brutale, ma con un grande cuore.
Aveva fondato l'azienda diciotto anni prima, nel '99, insieme al padre, Vincenzo, deceduto l'anno precedente.
L'idea era nata quasi per caso, durante una riunione di famiglia.
Marco e Paola, la sorella maggiore, lavoravano in una pasticceria ed erano amanti dei dolci sin da bambini.
Vincenzo, infatti, era proprietario di un negozio di dolciumi e, negli anni a seguire, aveva progettato di estendere la sua proprietà acquistando il magazzino mal ridotto nella via opposta.
Non aveva tantissimi soldi e concluse l'affare per diecimila euro, con tutto l'entusiasmo da neofita per la nuova valuta.
Cominciò a ristrutturare e a reclutare nuovi operai.
I macchinari costarono parecchio, e furono fatti diversi sacrifici per permettere all'attività di crescere.
Ed essa crebbe davvero, sfruttando loro ingenti somme di denaro e divenendo un marchio di fama nazionale.
Il figlio aveva ereditato l'autorevolezza e l'umiltà del padre; non rimaneva in ufficio per più di mezz'ora, tempo di regolare i conti, gli incassi e il costo delle materie.
Aveva bisogno di controllare il lavoro da vicino, sentendo la passione dei suoi dipendenti mentre modellano i dolciumi... Vedere gli occhi dei bambini illuminarsi alla vista di quelle caramelle, come accadeva a lui.
Roberto stava stendendo la pasta con un mattarello in legno di faggio quando venne colpito da una fitta al ginocchio.
Trattenne il fiato, sfogando la sua sofferenza su ciò che aveva tra le mani.
Il dolore si dissolse lentamente, agonizzandolo per quasi un'ora.
Staccò dal lavoro alle 19 e attese l'autobus.
Timbrò l'abbonamento e si sedette su un sedile malconcio.
Entrò in cucina e trafficò un po' con padelle e pentole per cucinare un piatto di bucatini al sugo.
Attese che la portata fosse completamente fredda per poi cenare, ripensando all'arto dolente.
Si era fratturato la rotula in un incidente.
Nessuno chiedeva di lui, nessuno lo cercava.
Le uniche chiamate che riceveva erano quelle del gestore telefonico o dei venditori di Mediaset.
Si sentì così solo, pur essendo consapevole di essere lui l'unica ragione di questa solitudine.
Il bisogno d'affetto si faceva sentire di tanto in tanto, ma egli, come era solito fare, lo soffocava con la sua razionalità.
Non era orgoglio.
Si trattava di una sua scelta.
Doveva allontanarsi per non danneggiare gli altri.
Nonostante ciò non si era vietato di avere qualche contatto umano; scambiava qualche parola con i colleghi, pur non incrociandoli fuori dal lavoro.
Isolarsi completamente sarebbe stato un atteggiamento da idioti e ipocriti.
Aveva la netta sensazione che qualcosa sarebbe andato storto.
Temeva che quella cosa si sarebbe realizzata.
Non lo voleva.
No. No. NO!I ricordi si facevano sempre più nitidi.
Poi sparirono.
Cosa stava accadendo?
Spense la luce e corse nella sua stanza, in preda al panico.
C'era qualcosa in lui...Cosa stava succedendo, per dio?
Non riusciva ad urlare.
Aprì la bocca ma non seppe produrre alcun suono.
Una ventata repentina di grigio glaciale gli sferzò il viso.
I suoni erano tutti ovattati...come se stesse affogando...
Immagini che scorrevano veloci in una tormenta ultraterrena...troppo feroce per essere immaginata.
Uscì di casa.
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I Colori della Morte
Mystery / ThrillerPenso che la trama venga da sé, un po' come ogni cosa nella vita. C'è chi vive, chi muore, chi dimentica, e chi cerca. C'è anche chi sente i colori, i sinesteti. È difficile essere realistici, difficile uscire dalla monotonia, difficile accettare gl...