Giorno 61: Veleno
Non ho voluto neanche tornare indietro per vedere come sta il mio signore: ho semplicemente proseguito. Dall’Idolo dello Scultore sono tornato nell’abisso nero dove le pozze di veleno circondavano la tana del serpente gigante e il tempio di legno. Stavolta invece di tornare dal rettile mi sono avventurato tra le pozze di veleno. A lungo ho arrancato nella melma verde, sentendola penetrarmi nei talloni e risalire fino allo stomaco. Ho resistito finché ho potuto, poi ho lanciato il rampino e mi sono rifugiato in cima alle statue oranti e sagge di monaci buddhisti in meditazione. I nemici non sono molti, ma le caverne claustrofobiche mi rendono l’incedere faticoso forse più del veleno. Arrivato nell’ultima stanza scavata nella roccia viva, a fare da guardia all’uscita ho trovato un altro di quei perversi incappucciati con il fucile. La sua terribile vista mi ha subito scorto e la sua innaturale precisione non ci ha messo molto ad assestarmi terribili pallottole.
Ad aiutarlo vi sono altri due cecchini apparentemente suoi subordinati. Nelle molte volte in cui lo Shirafuji mi uccide riesco anche ad avvicinarmi e a colpirlo, scoprendo che per quanto abbia resistenza a due colpi letali non ha altissima resistenza fisica. Il problema è che i suoi sottoposti sono spesso più veloci di lui. Ma c’è anche un’altra cosa di cui vengo a conoscenza, anche indirettamente: il cecchino-capo cerca sempre di inseguirmi e non ha remore a sporcarsi col veleno. Mentre fuggivo da lui con l’ansia della tossicità che mi si accumulava in corpo, a un certo punto anche il mio nemico si è fermato in evidente sofferenza. È avvelenabile.
Ho continuato a proseguire, scoprendo di nuovo fortunosamente un altro Idolo dello Scultore dietro un’altra statua megalitica. Mi sono riposato e ho ripreso un bel po’ di polvere antidoto di cui fino a questo momento non riuscivo a capire cosa farne. Ne ho presa un po’ e l’ho di nuovo provocato, facendolo immergere nel veleno. A quel punto è stata solo una questione di tempo, per entrambi i colpi letali.
Giorno 62: Nebbia
Ho varcato l’uscita che il cecchino teneva bloccata. Dopo un altro po’ di scalata tra le rocce ormai azzurrognole sono emerso dall’altro lato di Ashina, forse ai piedi del feudo che finora mi ha visto all’opera. Mi ha accolto una nebbia fitta e lattiginosa e un Idolo dello Scultore, che ho subito attivato. Dopo, solo le fiammelle dei piccoli templi votivi mi hanno fornito qualche informazione su dove stessi andando. Procedendo con cautela ho raggiunto uno spesso albero ormai senza foglie, abbastanza grande da sorreggere il mio peso e permettermi di occuparmi del gallo nero selvatico che già minacciava di starnazzare. Un colpo di Kusabimaru l’ha subito dissuaso.
Più avanti ho trovato un falò acceso e un’altra grande statua votiva, che rifletteva la fiamma sotto di sé come se fosse stata d’oro. Ai piedi del falò c’era un uomo calvo e scheletrico, vestito di stracci. Quando gli ho parlato mi ha chiesto se fossi disposto a uccidere qualcuno che è “andato contro al Buddha”. Ormai non meravigliandomi più del fatto che tutti riconoscano il mio mestiere di shinobi, tra un colpo di tosse e l’altro l’uomo mi ha detto che questa persona si nasconde in un tempio abbandonato più avanti. Dice che “ha avvolto il villaggio in ombre e nebbie, per ingannare gli abitanti”. Non ho voluto insistere oltre, parlare sembrava per lui uno sforzo insostenibile a lungo. Mi sono allontanato, facendo tesoro della sua indicazione che “al secondo piano c’è un accesso”.
La nebbia è diventata sempre più fitta. Il tempio di cui parlava quell’uomo emaciato è un edificio antico, collocato nell’unico punto pianeggiante in mezzo a una proliferazione di rocce e scogliere. La nebbia peggiora la situazione, mentre la piatta e sibillina melodia di un flauto mi entra nelle orecchie. A un certo punto scorgo dei soldati muoversi in mezzo al bianco, mi avvicino e constato che non paiono veri: sono letteralmente trasparenti. Eppure rimangono vulnerabili ai colpi mortali, per quanto spariscano nel nulla e ricompaiano dopo un po’. Sono illusioni, ma il fatto che Kusabimaru funzioni anche su di loro mi dà un minimo di forza morale per proseguire.
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Il Diario del Lupo Grigio
PrzygodoweAmbientato nel periodo Sengoku del Giappone, risalente alla fine del XVI secolo. Uno shinobi chiamato Lupo, creduto morto dopo che il suo signore Kuro venne rapito e il suo braccio sinistro amputato dal samurai Genichiro del clan Ashina. Il braccio...