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Giorno 29: Forra

Ancora una volta, gli orrori che scopro in queste montagne orribili sono tanti e tali da minare seriamente la mia sanità mentale. Sono riuscito a scrivere solo molto dopo, avendo trovato rifugio in un punto remoto di questo terribile jigoku. La Forra è un luogo di tormento eterno, freddo e desolato, come quello che spesso i gaijin hanno immaginato in millenni di monoteismo. Sono tutti speroni e colonne di roccia, collegati da fragili ponti di corda. Per quanto inquietanti nel loro cigolio indotto dal vento, non sono certo un problema per me: a esserlo sono gli abitanti della Forra. Ho trovato altri piccoli saccheggiatori che si accaniscono su cose per loro inutili, ma le vere minacce sono gli archibugieri. Sono tutti piazzati su cucuzzoli strategici, hanno una mira mostruosa e sono inquietanti nei loro volti coperti da sacchi di iuta. Senza armatura e protezioni sono piuttosto fragili per Kusabimaru, ma quando mi avvicino abbastanza da colpirne uno vengo sommerso dai proiettili degli altri. Senza contare che sopperiscono alla loro mancanza di equipaggiamento con una grande abilità nel deviare i colpi.

Le prime volte mi hanno ucciso con pochi colpi nella loro precisione ormai proverbiale, da quel momento ho cominciato a correre. Ho raccolto gli oggetti che potevo e utilizzato il rampino, saltando da una roccia all’altra e appiattendomi contro le pareti alla ricerca sia di una scorciatoia che di una salvezza che non arriva mai. Ho continuato a correre verso la fine di questo incubo, e questa condotta inconsulta mi ha salvato in una circostanza: solo una, ma la più importante. Mi sono imbattuto in un ponte di corda più largo della media di queste parti, che ho attraversato scattando. Inaspettatamente il grande serpente bianco è sopraggiunto dagli abissi nebbiosi e ne ha abbattuto un’estremità: il resto del ponte è venuto giù come se fosse stato di carta. Non mi sarei salvato se non avessi cominciato a correre già da principio. Non mi sono voluto permettere neanche il lusso di fermarmi a contemplare il colpo di fortuna che ho avuto: ho semplicemente continuato a correre. Sono bastati pochi altri colpi di rampino per giungere a una piccola struttura in legno, che altro non era che l’entrata di una miniera improvvisatasi santuario. Finalmente lì ho potuto trovare un Idolo dello Scultore; pensavo che mi sarebbe bastato fermarmi e riprendere fiato, invece sono letteralmente crollato a terra e mi sono addormentato all’istante.

Giorno 30: Centopiedi

Quando mi sono risvegliato ho deciso di riesplorare un po’ gli immediati dintorni. Archibugieri e cannonieri col sacco di iuta sono pericolosi solo se ti individuano, e tendono ad avere una certa repulsione nei confronti del punto in cui si trova l’Idolo, quindi posso ogni volta colpirli alle spalle e accumulare punti e denaro. Quando provo a uscire dal fortino ne trovo un paio sulle punte di roccia: hanno disseminato il terreno con strane tracce rossastre che se calpestate scoppiano. Sembrano simili ai fuochi artificiali cinesi, quindi non sono dannosi… Ma fanno rumore. E a questi maledetti ne basta anche un minimo per svegliarsi, individuarmi e sommergermi di proiettili. Alcuni di questi hanno persino imparato a resistere ai colpi mortali, cosa che mi ha definitivamente dissuaso dal tentare qualunque approccio pure se i punti esperienza che rilasciano sono considerevoli.

Solo dopo ho capito il perché del loro timore a seguirmi all’Idolo dello Scultore. C’è un piccolo tempietto con una statua votiva, sorvegliata da un terribile essere. È un umanoide di aspetto ragnesco, che cammina a quattro zampe. Lame, chiodi e altre orribili protuberanze metalliche fuoriescono dalla sua carne. I suoi occhi e il resto del corpo ancora sano è invece coperto ai limiti della mummificazione: sembra non avere più le mani, rimpiazzate da artigli di ferro che utilizza con una rapidità e una ferocia terribili: è il Centopiedi Braccia Lunghe Giraffa, ennesima dimostrazione di quanto Ashina sia malata dentro. Il mostro si batte con una ferocia e un’abilità da far capire che ormai non c’è in lui più traccia di umano. La sua pioggia di attacchi è tanta e tale che basta prenderne uno solo da non aver più la forza di volontà di poter parare gli altri: ogni errore si paga con la morte, la stessa che sopraggiunge il suo colpo mortale con entrambe le braccia. Di nuovo è un mostro che si prende la mia vita un numero imprecisato di volte. Il ciclo continua sempre allo stesso modo: muoio, riprovo, muoio, ogni volta imparo ma sono sempre più vicino al vicolo cieco. Ancora una volta devo forzarmi in avanti: l’alternativa è Genichiro. Stavolta il meccanismo è differente: di norma ci vuole un tempismo perfetto per riuscire a deviare efficacemente il colpo avversario, ma il Centopiedi è talmente rapido da non darti il tempo di calcolarlo. Ecco qui il trucco: non serve il calcolo, basta continuare a deviare. E il suo attacco imparabile è sempre lo stesso, una spazzata evitabile con un salto. La sua postura si svuota con celerità e, pur facendo i conti con una fondamentale imprevedibilità di questo mostro, riesco finalmente a batterlo con un doppio colpo mortale.

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