1. Nessun legame

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Londra, Giugno 1841

Lord Ashton era sempre stato una persona con cui Sarah Jane Ashton non aveva mai voluto avere nulla a che fare. Cinico, sprezzante e a tratti tenebroso, era arrivato alla quarantina dopo due matrimoni falliti e finiti in tragedia — la sua prima moglie era morta dando alla luce il loro unico figlio che era poi perito per una rara malattia cardiaca, così aveva decretato il medico che aveva avuto l'ingrato compito di informare il padre, e la seconda moglie lo aveva lasciato per fuggire a Parigi con il suo amante dell'epoca — e così, dopo aver definitivamente abbandonato l'idea di risposarsi per la terza volta, lord Robert Ashton aveva deciso di dedicarsi alle case da gioco e alle donne. Quelle che servivano a scaldargli il letto per una notte e poi si dileguavano senza che nessuno conoscesse i loro nomi.

Sarah era a conoscenza di tutto.

Non erano rare le volte che sentiva il suo tutore uscire di casa a notte fonda; lei lo guardava andar via dalla finestra della sua stanza scuotendo la testa e domandandosi come riuscisse ancora a sopportare quella situazione.

Quando i suoi genitori l'avevano lasciata, sei anni prima, a causa di un tragico incidente in carrozza, Lord Ashton, il fratello di suo padre, si era arrogato il diritto di diventare il suo tutore essendo l'unico parente rimasto in vita della sua famiglia. Sarah aveva sentito dire di avere anche un nonno, in realtà, ma l'anziano uomo viveva troppo lontano e non era nel pieno delle sue facoltà mentali per poterle fare da tutore. E così, alla vigilia dei suoi tredici anni, Sarah si era trovata costretta a vivere sotto lo stesso tetto dell'uomo che per legame di sangue era suo zio, ma con cui non aveva davvero nulla in comune. Gli anni non erano valsi a creare un legame nemmeno di lontano affetto tra di loro. Sarah, dal canto suo, non aveva mai avuto intenzione di cambiare le cose.

Ma quella mattina, dopo colazione, sarebbe dovuta andare a cavallo. Aveva indossato la divisa da cavallerizza e stava infilando i guanti, quando lord Ashton l'aveva mandata a chiamare. Il suo infallibile intuito si era subito messo in allerta. E ora si trovava nel salottino privato di Ashton House, con la mano avvinghiata alla maniglia della porta, cercando di placare la sua tormenta interiore e di non alzare la voce quando disse: — Non credevo fosse già arrivato il momento.

Robert Ashton, sospirando, accavallò le gambe e la studiò con malcelato scetticismo come faceva sempre quando Sarah metteva in dubbio qualcosa che era invece già più che evidente.

—Sei sempre stata la donna più arguta che io abbia mai conosciuto, Sarah. Hai quasi ventun anni e io ti ho lasciato crescere, per quanto possibile, nella tua ingenuità, ma sapevi perfettamente che fosse solo questione di mesi.

Sarah si lasciò sfuggire una smorfia.
— E avete già scelto il mio futuro sposo, posso supporre?

— A dire la verità sì — fu la risposta celere dell'altro. — Sarah, ascoltami— continuò quando si rese conto che la ragazza era diventata paonazza e stava per gridare. Nonostante tutto, conosceva bene i momenti che precedevano i suoi scatti d'ira.

— Io non sono sicura di volervi ascoltare. Abbiamo denaro a sufficienza per andare avanti, non occorre che ne aggiungiate altro grazie al mio matrimonio per... non so nemmeno per cosa, accidenti!

— Sarah — la interruppe Lord Ashton bruscamente. Lei trasalì. Non era mai accaduto prima che suo zio alzasse il tono in quel modo.

— Sei praticamente giá vecchia per il matrimonio. Ho scelto per te un marito alla tua altezza. È giovane, di bell'aspetto, ricco, intelligente ed è gentile. Non ti farà mancare nulla, ne sono sicuro. Ma tu devi avere la decenza di mostrarti quantomeno entusiasta di questo matrimonio. — Fece una pausa passandosi una mano sulla barba che gli stava ricrescendo. — È quello che avrebbero voluto i tuoi poveri genitori.

Sarah strinse le dita sulla maniglia.

— Non è davvero necessario che nominiate i miei genitori. So bene che questo è quello che loro desideravano per me.

— Perdonami — disse suo zio, alzandosi in piedi e dirigendosi verso di lei. — Ma da quello che so, il matrimonio è sempre rientrato nei tuoi piani. Fin da quando non eri altro che una ragazzina.

Lei sollevò il mento, fiera. Voleva usare un tono diplomatico per irretirla? Non ci sarebbe riuscito, anche se Sarah era davvero stanca di discutere.

— Avete ragione. Ma negli ultimi anni ho mutato la mia opinione in merito. Non voglio sposare qualcuno per poi forse perderlo e soffrire a causa di questo. Ho già sofferto abbastanza, e Dio solo sa...

— Oh, mia povera, ingenua nipote — esclamò Lord Ashton sorridendole paternamente. Le appoggiò le mani sulle spalle esili. — Potresti soffrire soltanto se amassi il tuo sposo, e credimi, Sarah, l'amore è solo una fatua fantasia. Non corri il rischio di soffrire ancora. Almeno, non per amore.

Sarah trattenne l'impulso di scrollarsi le sue mani dalle spalle e deglutì a fatica il groppo amaro che le chiudeva la gola. Sapeva di non avere scelta, e che l'amore, come diceva suo zio, era solo frutto della sua immaginazione, eppure non poteva fare a meno di lasciare aperta una piccola porta... e sperare che, qualunque uomo lord Ashton avesse deciso di farle sposare, lei avrebbe imparato ad amarlo.

— Sei una donna forte — sussurrò l'uomo, — credimi, impararai ad essere una moglie altrettanto forte.

Sarah non si chiese cosa quelle parole significassero. Era ancora troppo scossa dalla notizia che aveva ricevuto, troppo arrabbiata per non aver nemmeno potuto avere l'occasione di scegliere l'uomo che sarebbe diventato suo marito, per prestare attenzione al tono di suo zio.

— Stavo per uscire a fare una cavalcata — disse allontanandosi quanto più gentilmente possibile, — tornerò per l'ora di pranzo.

Lord Ashton annuì, poi si diresse verso la finestra del salottino. — Lord Thomson verrà dopodomani per conoscerti.

Sarah serrò le labbra, indugiando qualche istante sulla soglia e valutando se fosse il caso o no di rispondere. A quanto pareva, suo zio aveva già pianificato tutto nei minimi particolari, quindi non poteva fare nulla. Così aprì la porta e se la richiuse alle spalle, mentre tentava di ricacciare indietro le lacrime. Erano lacrime di rabbia. Il senso di impotenza verso quella situazione era pressoché insostenibile, e lei non era sicura di poterci convivere. Lord Ashton aveva detto che vederla sposata sarebbe stato anche il desiderio dei suoi defunti genitori, ma Sarah era certa che loro non le avrebbero mai imposto una qualsivoglia scelta. Sapeva di essere in ritardo. Tuttavia, non comprendeva l'urgenza di suo zio. E nemmeno voleva indagare. Era sicura che dovesse esserci un motivo, ma lo avrebbe scoperto più avanti. Per il momento avrebbe fatto quanto gli altri si aspettavano, rispettando il dogma della brava e devota ragazza altolocata.
L'unica speranza rimaneva quella di poter imparare ad amare quell'uomo, lord Thomson. E se era davvero gentile e intelligente come lord Ashton aveva detto, forse ci sarebbe addirittura riuscita.

Peccato di mezzanotte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora