6. La sconosciuta tra le siepi

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Freya Carter venne destata, mezz'ora dopo, nel cuore della notte, da un bisbiglio appena percepibile ma che fu sufficiente ad interrompere la sua dormiveglia. Di sicuro non si era ancora addormentata quando Sarah si recò nella sua stanza, che la donna non teneva mai chiusa a chiave, e si chinò sopra il suo corpo steso nel letto.
—Mrs Carter?—
Quella volta, la signora Carter avvertì l'urgenza in quella voce e fu costretta a spalancare gli occhi. Confusa, si tirò su a sedere quando si rese conto che Sarah era sopra di lei e attendeva impaziente che si alzasse.

—Miss Ashton— farfugliò, la voce mezza impastata. —Cosa fate qui? Cosa succede?
Notò che Sarah si torturava le mani in maniera piuttosto nervosa e che l'espressione sul suo volto, pur nella penombra della stanza percepibile, faceva presagire notizie nefaste.
—Dovete aiutarmi, Mrs Carter. Vi supplico.
Freya si passò una mano sul volto stanco e le afferrò dolcemente una mano. —Spiegatemi che sta succedendo.
—Mio zio— mormorò Sarah dandosi un'occhiata alle spalle per sincerarsi che lord Ashton non la stesse spiando. —Lui era con lord Thomson in biblioteca... Ho sentito.... Li ho sentiti parlare di me, di qualcosa che stanno nascondendo. Mio zio ha progettato di farmi sposare per poi potersi infilare nel mio... nel mio letto.
Freya Carter rimase letteralmente inorridita da quelle parole. Soprattutto, per il terrore che scorgeva sul volto della ragazza che era per lei come una figlia.
—Miss Ashton— pronunciò il suo nome dolcemente, mentre le faceva cenno di sedersi accanto a lei.
—Questo è davvero immorale da parte di lord Ashton. Ma io vi conosco, e so che avete in mente qualcosa.
—Io... Io ho qualcosa in mente— accondiscese Sarah mordendosi il labbro inferiore, cosa che faceva sempre quando era molto agitata.
Freya cercò i suoi occhi nel tentativo di comprendere. —Ma non vi piacerà.
—Ditemi— la esortò Freya sinceramente preoccupata per la sua espressione mortificata.
—Voglio fuggire.
Mrs Carter spalancò gli occhi ancora di più. —Ma, miss Ashton...
—Lo so che è un'idea totalmente assurda— sospirò Sarah prendendosi la testa tra le mani. —Ma non tollero nemmeno l'idea di dormire nel mio letto, stanotte, o in qualunque altro letto di questa casa. Devo andare via, Mrs Carter. E voi dovete aiutarmi.

Scuotendo il capo come per cercare un'altra soluzione sul pavimento, magari, o nel soffitto, Freya si lasciò andare a uno sconsolato sospiro.
—Ma deve pur esserci un'altra via d'uscita.
—Non c'è— asserì Sarah con decisione. Ora più che mai, nemmeno le parole di Freya l'avrebbero fatta desistere dal suo proposito di fuga.
—E cosa farete dopo? Dove andrete?— Le prese nuovamente le mani tra le proprie. —Sarah, siete così giovane, così...
—Troverò una soluzione una volta che me ne sarò andata da qui— fu la risposta celere dell'altra.
—Ma ora devo fuggire, e subito.

Sarah si alzò ignorando il tentativo di Freya di trattenerla per un braccio. Lesse un sincero sconforto nello sguardo castano della donna che le era stata accanto per tutti quegli anni, e le si strinse il cuore, ma lei doveva andarsene da quella casa. O sarebbe impazzita. E poi, anche se Mrs Carter non lo sapeva, Sarah sarebbe rimasta più vicino di quanto nessuno immaginasse.

Sempre che Jon Charters avesse deciso di aiutarla. Il proposito che aveva in mente era il più assurdo a cui avesse mai potuto pensare, ma era anche l'unico che le avrebbe permesso di essere finalmente libera dalle costrizioni di suo zio. Ingoiando il proprio orgoglio, avrebbe supplicato Jon Charters di prenderla in moglie. Se fosse stata sposata a un altro uomo, lord Thomson e lord Ashton sarebbero stati costretti ad abbandonare il loro disgustoso sotterfugio.
Nonostante avesse dei dubbi sul fatto che Jon Charters l'avrebbe accettata, doveva pur fare un tentativo. In fondo erano conoscenti di vecchia data, anche se lei, al momento, non sapeva nemmeno che aspetto avesse.
Per ora, almeno, decise di non pensarci. Doveva prima uscire di lì.

—Mrs Carter, dovete farmi passare dalla stalla. L'entrata principale è chiusa.
Con un sospiro mesto, Freya si alzò definitivamente da quel letto e si infilò il mantello. —Vi rendete conto che è una follia?
Sarah meditò qualche istante, pensando a come sarebbe stata la sua vita da quel momento in avanti. Ma arrivò alla conclusione che tutto era meglio della vita a cui suo zio aveva deciso di destinarla.
—So che è una follia, ma non mi importa.
Freya annuì. Sapeva che nulla le avrebbe fatto cambiare idea, ma il fatto che il suo futuro fosse totalmente incerto le stringeva lo stomaco e il cuore. Come sarebbe sopravvissuta lá fuori? Avrebbe dovuto trovare un impiego da qualche parte lontano da Londra, perché a Londra tutti sapevano chi fosse. La disgraziata figlia rimasta orfana dei conti Ashton.

—Molto bene, miss Ashton. Dovrò svegliare Will per condurci nella stalla. C'è un'entrata secondaria che porta fuori. Ma voi dovete coprirvi, vestirvi, dove pensate di andare in camicia da notte?
—Andate a svegliare Will, Mrs Carter, vi prego.
Avrebbe pensato dopo ai suoi abiti, le disse, ma nulla delle ultime parole che le rivolse corrispondeva alla verità. Vestirsi le avrebbe sottratto un'altra mezz'ora e lei non poteva perdere tempo. —Abbiate cura di voi, mia dolce Sarah.— Freya le strinse la mano un'ultima volta e la baciò dolcemente sulla fronte.
Lei le sorrise incoraggiante, più per infondere coraggio a se stessa probabilmente. Tutto stava per cambiare.

—Lo farò, Mrs Carter. Ve lo prometto.
A piedi scalzi, percorse il corridoio che la separava dalle stanze dei servi e attese che Mrs Carter entrasse nell'alloggio dello stalliere, Will. E quando, stordito e confuso, Will si alzò e venne messo al corrente del piano giurando di non rivelare mai quanto stava accadendo quella notte, Sarah si preparò ad affrontare la sua fuga.

***

Steso nel suo letto, con gli abiti ancora addosso, Jon si arrovellava il cervello sulla sorte che era toccata a sua sorella. Sbatté il pugno sulla testiera del letto dietro la sua testa, e le nocche doloranti non valsero a placare il suo senso di tormento. Doveva trovare il responsabile della morte di Claire o sarebbe impazzito. Per mesi era rimasto chiuso in casa senza sapere come agire, accudendo sua madre quando era caduta in depressione, prendendosi cura di entrambi come mai si era trovato a fare. Ma era arrivato il momento di cambiare le cose, di far luce sulla scomparsa della sua amata sorella.
Serrando le labbra, saltò in piedi e si passò una mano sulla fronte. Era notte fonda, ma non gli importava. Sarebbe uscito di nuovo, e avrebbe affrontato ancora il proprietario di quel dannato Dash Club. Che Dio l'aiutasse, quella notte avrebbe sfoderato le armi se non avesse ottenuto informazioni più precise. Ed era certo che quell'uomo fosse a conoscenza di qualcosa riguardo Claire Charters.

Si diresse verso il piccolo scrittoio nell'angolo della stanza e ne aprì il cassetto dove nascondeva la pistola, infilandosela poi nella fondina.

Senza fare rumore, percorse il corridoio e si ritrovò nella sala d'ingresso della casa, pronto ad uscire. Gettò un'occhiata al piano superiore per essere sicuro che sua madre e nessuno dei servitori fosse ancora in piedi, e si ritrovò fuori. La brezza fresca di giugno gli investì il volto donandogli una nuova linfa vitale, la carica di cui necessitava per affrontare la sfida più ardua di tutte: fronteggiare il fantasma di sua sorella.
Istantaneamente, però, puntò lo sguardo all'interno della semioscurità, rendendosi conto che il cancello che delimitava il giardino dal viale esterno era rimasto semiaperto. Aggrottando la fronte, si chiese perché i domestici avessero dimenticato di chiuderlo, ma si ripromise di non pensarci per il momento. L'indomani se ne sarebbe occupato.
Tuttavia, non fu in grado di muovere un altro passo perché un movimento tra le siepi lo mise improvvisamente in allerta. Un fruscio leggero gli giunse alle orecchie, facendogli stringere gli occhi.
C'era qualcuno nascosto tra le siepi. Istintivamente mise mano al calcio della pistola, e a passi concisi si diresse verso le siepi che dividevano la sua tenuta da quella degli Ashton.
—Chiunque voi siate— sibilò, —uscite da lì con le mani sopra la testa.
Non era proprio il momento di spiacevoli inconvenienti, decise Jon, spazientito. Non ci fu alcun riscontro.
Ne aveva davvero abbastanza.

—Uscite di lì, subito!— ringhiò stavolta con un tono di voce che non ammetteva repliche.
Lentamente, vide un paio di piedi nudi calpestare il terreno erboso, poi un lungo pezzo di stoffa bianca che provocò un altro fruscio a contatto con la siepe. Jon aguzzò lo sguardo, poi spalancò gli occhi quando riconobbe che il suo improbabile visitatore era... una donna.
Lunghi capelli d'ebano incorniciavano un volto ovale e ben proporzionato, mentre un paio di occhi color pervinca si posavano su di lui e rischiavano di fargli saltare un battito.
Fu incapace di parlare per qualche istante. Il respiro parve arrestarglisi nei polmoni. Avrebbe riconosciuto quegli occhi anche in mezzo a mille altri.
Che Dio l'aiutasse, non era possibile.
Sarah Jane Ashton.
In carne ed ossa, dopo nove anni, infreddolita e spaventata, nel giardino di Charters House.

*** SPAZIO AUTRICE ***

Buongiorno, lettori!
Finalmente siamo arrivati all'incontro tra Sarah e Jon *^* Cosa ne pensate? Secondo voi come reagirà Jon avendo sempre detestato quella ragazzina bisbetica e viziata? Fatemi sapere che ne pensate e, come sempre, lasciate una stellina se vi fa piacere!

Alicia.

Peccato di mezzanotte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora