15. Condividere un dolore

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Jon la trascinò nella sala della colazione. Non poteva fare a meno di ammirare il modo in cui camminava: aggraziata e leggera. Come una ninfa fluttuante sopra il torrente di una foresta. Il valletto che presidiava la colazione chinò il capo non appena entrarono, dando segno di essersi accorto della presenza di un ospite, ma rimase a bocca chiusa. Jon lo congedò, chiaramente intenzionato a voler trascorrere solo con lei il tempo necessario a farle raccontare la verità. Doveva ammettere di essere curioso di scoprire cosa aveva spinto Sarah a scappare da casa indossando una semplice camicia da notte e a implorare l'aiuto di quello che aveva sempre definito inadatto a sé.

Jon prese del pane tostato e delle uova e riempì un piatto anche per lei, poi li portò sul tavolo facendole segno di sedersi. Sarah prese posto davanti a lui. Sembrava ancora un po' scossa, ma respirava tranquillamente quando cominciò a mangiare. Jon spalmò della marmellata sul pane e la imitò. Mentre mangiava, Sarah sollevò lo sguardo su di lui. La luce che filtrava dai vetri delle finestre le riscaldava il volto.
— Vi ringrazio — disse la giovane. -Ero davvero affamata.
— Allora, Sarah. – Jon si versò del caffè e ne bevve un sorso. — Potete parlare tranquillamente, ora. Mia madre non c'è.

Sarah finì il boccone, pulendosi poi le labbra delicatamente. Aveva un cipiglio esitante tra le sopracciglia. Per un lungo istante non disse nulla, limitandosi ad osservare Jon, ma all'improvviso lui notò che aveva preso a torturarsi le mani, di nuovo, come aveva fatto la prima volta che si erano rivisti due sere prima.
— Di qualunque cosa si tratti, Sarah, con me non avete nulla da temere — la esortò, sincero. Non capiva cosa potesse esserle accaduto da spingere una giovane donna come lei nelle grinfie di quel vicino che non aveva mai considerato come suo pari, ma era pronto a scommettere che non si trattasse di una sciocchezza.

Sarah gli sorrise tristemente. Il suo sguardo fu attraversato da un velo di malinconia.
— Si tratta di mio zio, il mio tutore legale — iniziò.
— E' deciso a farmi sposare con un certo Thomson, un avvocato, da poco trasferito a Londra. Ma, sapete? Lui non è esattamente il tipo di uomo che ama le donne.

La fronte di Jon si aggrottò. — Quale tipo di uomo non ama le donne?
— Un uomo che ama gli uomini- rispose Sarah serrando le labbra. — Ma non è questo ciò che mi ha turbato di più.

Jon le passò una tazza di caffè. -Prendete questo, vi aiuterà un po'.
Mentre beveva, il labbro inferiore le tremava. Jon la osservava con espressione corrucciata. Poteva scommettere che di uomini che non amavano le donne, come aveva appena detto lei, Londra fosse disseminata; erano nascosti, per timore che qualcuno, fuori dal riparo dato dalle camere da letto, venisse a conoscenza di certi fatti impudici, ma c'erano. Doveva esserci dell'altro, ma lei sembrava fin troppo restia a continuare la storia.

— Sarah? — Pronunciò il suo nome quasi debolmente, come per farle intendere che lì c'era qualcuno che l'avrebbe ascoltata a qualunque costo. E di cui lei poteva fidarsi.
— Mio zio intende farmi sposare Thomson per poter sfruttare il fatto che lui non ami le donne — continuò Sarah esitante. Jon lasciò cadere il coltello sul piatto, provocando un tintinnio quasi assordante dato il silenzio che seguì quell'affermazione.

— Che cosa intendete dire con questo? —
Sarah deglutì. — Vuole approfittarsi di me – esalò alla fine. Si portò una mano al collo e chiuse gli occhi. — Sa che non potrò ribellarmi una volta che sarò sposata, e sa che Thomson non mi vorrà mai realmente e lui... lui sa che potrà infilarsi nel mio letto quando e quanto vorrà.
Jon si staccò di colpo dal tavolo, le mani chiuse a pugno. — Tutto questo è assolutamente intollerabile.

La sua voce in quel momento poteva essere paragonata al ringhio di un animale selvatico. -E perché mai questo Thomson avrebbe accettato di sposarvi, data la sua inclinazione sessuale verso altri uomini? —
Sarah si strinse nelle spalle. — Non ne ho idea, ma ho come l'impressione che mio zio lo stia tenendo sotto ricatto. Li ho sentiti discutere in privato, la sera che sono fuggita per venire da voi. Parlavano di indagini, del matrimonio, del fatto che mio zio sarebbe stato l'unico a godere dei vantaggi che avrebbe portato.

Teso, Jon cercò di esaminare la situazione, ma tutto ciò su cui riusciva a concentrarsi era l'espressione atterrita di Sarah e di come fosse immediatamente diventata più vulnerabile di quanto lui avrebbe mai potuto immaginare.
Quindi, guidato dal senso di protezione che istintivamente era scaturito nel suo cuore, aggirò il tavolo e le sedette a fianco. Sarah lo guardò con gli occhi velati di tristezza. -Avrei voluto non raccontarlo per timore che fosse tutto vero, che una volta che avessi avuto il coraggio di dirlo ad alta voce sarebbe diventato reale.
– Cercò di respirare profondamente per calmarsi.
— Ma ora ho capito che non avrebbe cambiato le cose. Che tutto ciò che ho sentito è vero. Che mio zio vuole servirsi di questo matrimonio per fare di me quello che vorrà.
— No. —
Jon le prese una mano stringendola tra le proprie. Un gesto inusuale perfino per lui, ma talmente impulsivo che ormai non poteva più tirarsi indietro. -Guardatemi, Sarah- le disse. Lo fece più di una volta, fino a quando lei non girò la testa nella sua direzione. -Io non lo permetterò. Non permetterò a nessuno di farvi questo.

La tensione si allentò dal volto di Sarah.
— Non volevo costringervi a sposare qualcuno che avete sempre detestato — mormorò. — Ma eravate la persona più vicina a me, e io non sapevo dove altro andare. Sono fuggita nell'istante stesso in cui ho ascoltato la loro conversazione, non ho nemmeno avuto il tempo di vestirmi. Tutto quello che sapevo era che dovevo andarmene da quella casa prima che fosse troppo tardi...
— Non dovete più giustificarvi — la interruppe Jon, gentile. Le strinse più forte la mano.
— Adesso siete insieme a me. Nessuno oserà farvi del male qui dentro, non finché ci sarò io.—

Tentò di sorriderle incoraggiante. In quel momento sembrava che la vedesse per la prima volta, come se gli anni passati fossero scomparsi per lasciare il posto al presente. Un presente in cui una giovane e bellissima donna era venuta da lui per cercare protezione e riparo, in cui la vecchia Sarah Ashton non esisteva, e con lei nemmeno gli sguardi sprezzanti e gli atteggiamenti ostili. Avrebbe potuto rimanere lì con lei, a tenerle la mano, per tutto il giorno. L'avrebbe protetta, a qualunque costo, anche se avesse dovuto sfidare direttamente Robert Ashton. Sapeva solo che non voleva vederla in quelle condizioni, così triste, così terrorizzata da qualcuno che voleva approfittarsi di lei, che voleva piegarla. E in quel momento comprese; Sarah aveva già sperimentato la sensazione di sentirsi schiacciata, forse molto di più di quanto Jon si fosse mai sentito. Non c'era più alcun bisogno di giocare, né di vendicarsi di lei. Da quel momento in avanti lei sarebbe stata una sua ospite, non sarebbe più stata costretta a nascondersi nelle sue stanze e, soprattutto, Jon l'avrebbe sposata. E non solo perché all'improvviso desiderava proteggerla, quanto perché, impossibile negarlo, ormai desiderava lei.
Forse, rimuginò, esisteva la possibilità di trarre benessere da un matrimonio basato sul puro desiderio fisico, anche se non fosse dovuto sbocciare un sentimento.

— Siete al sicuro, Sarah. Ve lo prometto.
Il sorriso che Sarah gli regalò fu incerto, ma genuino. — Grazie, Jon. Vi ringrazio di avermi capita.
Jon le stava ancora tenendo la mano e le dita la strinsero un'ultima volta prima di lasciarla.
Avrebbe voluto ripetere l'esperienza del bacio, ma decise di trattenersi perché lei era ancora scossa per quanto gli aveva appena rivelato e approfittare di quell'occasione non avrebbe fatto di lui un gentiluomo. Quindi la sollecitò ad alzarsi e indicò i suoi piedi ancora nudi.
— Credo sia giunto il momento di trovarvi un paio di scarpe adeguate.
Sarah gli sorrise, stavolta senza esitazione. — Avete ragione. Anche se devo ammettere che mi piace camminare scalza, mi dà una bella sensazione. —Gli ammiccò scherzosamente ed entrambi scoppiarono a ridere.
Jon le offrì il braccio. — Andiamo, cerchiamo qualcosa nella stanza di mia sorella.

E per la prima volta da quando Claire se n'era andata, Jon non provò dolore al ricordo. Forse perché in quel momento lo stava condividendo con Sarah, forse perché la sua vicinanza faceva sentire anche lui al sicuro. Provare un dolore meno forte, rifletté, era una sensazione meravigliosa.

Peccato di mezzanotte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora