31. Da sola

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—Dobbiamo tornare a casa.

Quella era la frase che Sarah continuava a ripetere ad alta voce dal giorno prima, e aveva trovato in Will un alleato e negli altri solo dissensi.

—Convincerò mio zio a non denunciarlo alle autorità.

—E in che modo vorreste farlo? Infilandovi nel suo letto e permettendogli di fare di voi quello che vuole?

Era stato Jon a parlare a colazione, ma lei non lo ascoltava nemmeno, non dopo quanto le aveva detto il giorno precedente. Tuttavia sapeva che aveva ragione, che Will aveva in ogni caso commesso un omicidio e andava punito, ma come poteva essere giusto condannare un ragazzo per aver difeso la memoria di una ragazza assassinata?

Claire era la sorella di Jon e Will aveva combattuto più di lui. Lei lo trovava un codardo anche se era consapevole che non lo fosse.

Era talmente arrabbiata, talmente delusa dalle sue parole che a tratti le sembrava un estraneo e non era più certa di volerci avere a che fare. E poi c'era l'altra parte di lei che invece desiderava stargli accanto fino a che ne avesse avuto la possibilità. Ricordò che avrebbero dovuto sposarsi. Quel ricordo sembrava ormai lontano anni luce al confronto di ciò che avevano passato e che stavano fronteggiando in quel momento. Avrebbe voluto che tutto tornasse com'era all'inizio, al momento in cui, seppur in circostanze strane, aveva incontrato Jon e avevano progettato le nozze segrete. Avrebbe voluto cancellare ogni morte, ogni sofferenza e ogni dolore che gli si erano rivolti contro negli ultimi tempi, ma sapeva che ormai la prima e unica cosa da fare era trovare la soluzione per uscire da quel grosso casino.

Doveva salvare la vita di Will, in qualunque modo. Anche se non aveva la minima idea di come fare. Aveva pensato di convincere Ashton a non denunciarlo ma non c'era alcuna garanzia che non lo avesse già fatto, e poi quale scusa avrebbe mai potuto usare con suo zio? Ciò che voleva era lei, ma Sarah avrebbe preferito morire piuttosto che concederglisi.

Doveva esserci un altro modo.

—Troverò una soluzione.

—Sicuramente potrà essere corrotto— azzardò Anne con le mani sui fianchi. —Dovrà pur esserci qualcosa che vuole a tutti i costi con cui possiamo comprare il suo silenzio.

Sarah fu attraversata da un brivido. Ma certo che c'era. Era lei. Lei avrebbe potuto barattare se stessa in cambio del silenzio, ma anche in quel caso non esisteva la certezza che Ashton avrebbe tenuto la bocca chiusa.

—Ashton vuole sua nipote— disse Jon guardando un punto fisso davanti a sé. —Ma non può averla e questo lo rende aggressivo, oltre che molto vulnerabile.

—Vulnerabile?

Era stato Dawson a porre la domanda. Anche Sarah si domandò che cosa significasse ma attese che Jon rispondesse all'altro uomo senza guardarlo neanche per sbaglio.

—Sì.— Jon aprì le dita della mano destra appoggiandola sulla superficie del tavolo come se stesse per spiegare una cartina geografica.
— Sarah è il suo punto debole, il suo tallone d'Achille. Può arrabbiarsi con lei perché non intende cedere al suo ricatto, può scagliarsi contro il resto del mondo ma non le farebbe mai del male. Probabilmente in lei rivede una parte di suo fratello, del proprio sangue.

Dawson incrociò le braccia al petto. —Ancora non capisco cosa intendiate.

—C'è una cosa di cui Ashton ha timore— continuò Jon spostando lo sguardo su Sarah che aveva deciso di assecondare la sua occhiata. —Perdere sua nipote. Nel suo inconscio sa che se Sarah morisse non avrebbe mai l'opportunità di renderla sua, perciò intende tenerla in vita.

Peccato di mezzanotte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora