28. Inspiegabile e distruttivo

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Sarah temeva di aver perduto la facoltà di parlare. Quello davanti a lei, che la guardava quasi con adorazione, era davvero Jon. Lui non era morto, non lo era affatto. E lei si sentiva talmente rincuorata, talmente grata al cielo di averlo salvato che credeva sarebbe svenuta da un momento all'altro. Lo fissava attonita, probabilmente aveva addirittura la bocca semi spalancata, ma non si curò di come potesse apparire ai suoi occhi. Com'era possibile che non fosse morto? Aveva abbassato le palpebre, ricordò con una timida amarezza, il suo intero corpo era stato scosso dagli spasmi, aveva cessato di respirare. Si trattava di un miracolo.

— Sarah Ashton, volete venire ad abbracciarmi o devo aspettare di diventare un vecchio balbuziente e decrepito?

Lei non seppe quantificare la felicità che le sbocciò nel cuore a quelle parole. Non tentò nemmeno di dare un nome a quella sensazione di completezza che si appropriò di ogni parte di sé perché non ne aveva la facoltà in quel momento.
Senza nemmeno dargli il tempo di terminare la domanda, Sarah si precipitò verso di lui. Indifferente al dolore, alla stanchezza, indifferente a qualunque altra cosa all'infuori di Jon. L'uomo la prese fra le braccia e la strinse forte, come se temesse che avrebbe potuto perderla di nuovo.
—Ma come potete essere ancora vivo?— Sarah fu sul punto di crollare in lacrime. —Io non...
—Vi spiegherò tutto, ma ora lasciatevi stringere. Mi siete mancata... — sussurrò lui sui suoi capelli mentre le mani di lei gli stringevano la camicia sulla schiena. Sarah pensò che ora che aveva rivisto Jon poteva morire serena. Sentiva che le forze la stavano abbandonando, ma tutto ciò che le importasse era la presenza di lui, il fatto che fosse ancora vivo sebbene un po' malandato.

—Così tanto, Sarah, così profondamente- continuò Jon chiudendo gli occhi. Lei avrebbe voluto ripetere le stesse parole, ma un grosso macigno sembrò chiuderle la gola d'improvviso.
—Ho temuto di avervi perso per sempre.

E quelle parole assomigliavano molto a quelle da lui pronunciate ma non avevano la stessa intensità, perché lei aveva realmente creduto di morire nell'attimo in cui si era resa conto che una pallottola aveva tolto la vita all'uomo cui si sentiva tremendamente legata per un motivo a lei ignoto. Allora realizzò che non c'era davvero nulla che avrebbe potuto fare per scrollarsi di dosso il dolore per la sua perdita e che la sua vita, malgrado tutto, non sarebbe mai potuta essere serena se Jon fosse morto.
Invece Jon era lì davanti che la stringeva dolcemente eppure con una certa bramosia, che le accarezzava la sommità della testa come per farle sentire che ora era al sicuro e che andava tutto bene, che le sussurrava qualcosa per confortarla, parole che lei non riuscì a cogliere appieno. Non sembrava esistere più nessun male al mondo, nessun essere che portava il nome di Robert Ashton, niente di niente eccetto i loro corpi avvinghiati. Sarah poteva percepire il battito del suo cuore contro l'orecchio e quel suono le parve il più dolce che avesse mai udito. Era vivo, era vivo davvero.

— Spero che un giorno possiate perdonarmi per essere stata tanto sciocca da mettere a rischio la vostra vita.
— Io non ho nulla da perdonarvi— la interruppe Jon scostandola piano da sé. Le prese il viso tra le mani, ignorando il fastidio al fianco, e le asciugò una lacrima che, inconsapevole, le era scesa a rigarle una guancia.
— Ho sperato così a lungo di potervi rivedere, Sarah, che tutto il resto è svanito nel nulla. E ora vi ho trovata. Sono così... Io sono felice, realmente felice. Non sapete quanto significhi per me vedere che state bene.

Lei avrebbe voluto dirgli che non stava affatto bene, che non lo era più stata da quando suo zio glielo aveva strappato dalle braccia, che solo adesso che poteva vederlo con i suoi occhi ricominciava finalmente a respirare, ma tacque. Per molti, all'apparenza interminabili istanti, Sarah rimase immobile in silenzio a fissarlo negli occhi. Alla fine fece un gesto che nessuno, nemmeno Jon, si aspettava; gli afferrò il volto con le mani e lo trascinò verso di sé. Lo baciò come non aveva mai avuto una vera occasione di fare, come avrebbe desiderato fare da sempre, lo baciò teneramente e a lungo dimenticando il tempo, le altre persone, la violenza e le ingiustizie a cui erano stati sottoposti, e ricominciò a vivere per davvero.

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