Capitolo 10

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"Come ho fatto a non capire quello che succedeva a tua sorella?" continua a ripetere la stessa domanda da quasi venti minuti, mia madre.

Vorrei aiutarla in questo momento, e dirle che abbiamo sbagliato entrambe, stando così poco attente a quello che succedeva, ma non posso. Lei continua a darsi la colpa di tutto, dicendomi che sono una bambina e che non devo pensare ai problemi degli altri bambini.

L'unica che si comporta come una bambina è lei, rifiutando ogni tipo di aiuto.

Siamo state in ospedale ieri notte perché Sophia si è sentita male nel sonno. I medici che l'hanno visitata ci hanno detto che ha un problema al fegato, a causa di tutto l'alcol che assume e le mille sigarette che ha consumato.

Perché una ragazza della sua età si riduce a questo? Qual'era il motivo per autodistruggersi così?

"Non devi continuare a incolparti. È lei che si è comportata male. Non doveva uscire e bere tutte le sere." Le metto una mano sulla spalla, per calmarla un po', mentre mi siedo sul suo letto.

"Avrei dovuto vietarle di uscire. Non sono stata affatto una buona madre." Mette la testa tra le mani, e i gomiti sulle ginocchia.

Non ho mai visto mia madre così abbattuta.

"Quel che è fatto, è fatto. Pensiamo a farla stare bene adesso. E niente più uscite serali." Fingo un sorriso, per smorzare la situazione.

Ci alziamo entrambe, e lei stringe le braccia attorno al mio corpo, in un abbraccio che non ci scambiavamo da tanto.

"Vado a preparare la cena" mi dice mentre esce dalla stanza.

Mentre sto attraversando il corridoio per andare ad aiutarla, sento la voce di Sophia dalla nostra stanza. Sta parlando al telefono con qualcuno, ma non capisco chi è, anche se ha il vivavoce.

"Potevano scoprirmi, lo capisci?" Sussurra lei, ma non abbastanza piano. "Pensavo che avessi risolto la cosa" risponde laltra persona, è un ragazzo. "Mia sorella ha chiamato l'ambulanza ieri notte perché avevo dolori troppo forti. Ho dovuto chiedere alla dottoressa di mentire. Finirà in prigione se lo scopre qualcuno." Il mio telefono squilla nella tasca dei jeans, e spero solo che mia sorella non abbia capito che sono proprio qui dietro.

Di che stava parlando?

Vedo sullo schermo il nome di Alessia, e rispondo salutandola.

"Vieni subito a casa mia" sia affretta a dire senza neanche salutarmi.

"Che succede?" chiedo entrando nella mia stanza.

Sophia spegne il telefono e lo mette sotto le coperte. Le sorrido, e lei fa lo stesso, seguendo ogni mio movimento con lo sguardo.

"Chiara e' arrabbiata, e mi serve un testimone nel caso volesse uccidermi" mi spiega veloce. E' abbastanza preoccupata, e la capisco: Chiara non e' quasi mai arrabbiata, e la cosa è abbastanza strana.

"Dieci minuti e sono da te. Cerca di non farla arrabbiare ancora di più." Stacco la chiamata e prendo un maglione dal mio armadio, insieme alla borsa.

"Tutto bene?" chiede Sophia vedendo la mia preoccupazione.

"Si" fingo un sorriso. "Io esco. Ti serve qualcosa?" chiedo prendendo il portafogli da una borsa e mettendolo in quella che userò.

"Cioccolata. Tanta cioccolata. E gli antidolorifici che ha prescritto la dottoressa." Annuisco ed esco dalla stanza.

Saluto mia madre, e mi faccio dare il foglio con la prescrizione della dottoressa.

Le tre settimane di punizione sono volate velocemente. Pensavo che sarebbero andate peggio.

Arrivo dopo due minuti a casa di Alessia, dall'altra parte della strada. Quando entro, usando le chiavi di riserva che Alessia ha dato a me e Chaira, sento le urla delle mie amiche provenire dal piano superiore. Salgo velocemente le scale, e apro la porta della camera di Alessia, trovandomi davanti lei e Chiara completamente rosse in viso, che continuano ad urlarsi insulti.

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