Nick Fury era morto. I medici avevano tentato il tutto per tutto con un'operazione d'emergenza, ma le ferite dei proiettili erano troppo profonde per essere ricucite e il suo cuore indebolito dallo sforzo di restare in vita.
Elaine rimase a fissare il corpo senza vita dell'uomo finché i dottori non dichiararono l'ora della morte e gli coprirono il volto con un lenzuolo bianco; gli arti l'erano diventati pesanti come piombo e la mascella le doleva da tanto stringeva i denti: si sentiva svuotata, priva di ogni forza e speranza, al solo immaginarsi senza Fury al proprio fianco e neanche la voglia di vendicarsi sull'assassino riusciva a ridestarla.
«Elaine, andiamo» le sussurrò piano Steve, poggiandole delicatamente una mano sulla spalla.
Si scambiarono uno sguardo fugace che trasudava tristezza e rassegnazione, ma bastò perché la donna si convincesse a seguirlo fuori dalla stanza nell'attesa di poter dare l'ultimo saluto al direttore dello S.H.I.E.L.D., una carezza sul volto dell'uomo che tanto le aveva dato.
Oltre a Maria Hill, braccio destro di Fury da ormai un paio di anni, insieme a loro c'era un'altra donna cui Elaine proprio non riusciva ad associare un nome: l'aveva già vista da qualche parte con quei suoi capelli rossi fiammanti e lo sguardo fiero di chi conosce il proprio potenziale e le poche parole scambiate con Steve le suggerirono l'idea che potesse essere una collega di lavoro... eppure era certa ci fosse qualcosa di più.
La sergente attese in religioso silenzio ma nella sua mente già stanca i pensieri correvano veloci, si inseguivano tra loro nel tentativo di dar forma a riflessioni più approfondite quando in realtà non c'era proprio nulla su cui rimuginare. L'unica cosa che in quel momento aveva senso era la rabbia crescente che le serrava lo stomaco in una morsa così dura da affaticarle il respiro: voleva l'assassino di Fury tra le sue mani, fargli provare lo stesso dolore da lui causato e prendersi la sua tanto agognata rivincita. Dopotutto nella sua ultima missione non aveva combinato granché.
Quando arrivò il cadavere, Elaine fu l'ultima ad avvicinarsi e si limitò a sfiorare la fronte dell'uomo mentre le lacrime già le offuscavano la vista.
«Mi dispiace, Nick» sussurrò ingenuamente, come se potesse davvero sentirla, e dovette stringere le labbra per impedire che tremassero.
Diede un ultimo sguardo a quel volto amico prima di abbandonare la stanza e non fece quasi in tempo a mettere piede nel corridoio tremendamente spoglio che un altro viso familiare le si parò davanti, accompagnato da uno Steve Rogers alquanto irritato. Qualcosa non andava e perfino Natasha Romanoff era scomparsa.
«Agente Rumlow!» esclamò stupita Elaine, piegando di lato la testa nel vedersi davanti il capo dell'unità STRIKE. Non le era mai sembrato un tipo sentimentale quindi la sua visita non si poteva di certo imputare alla morte di Fury e la divisa indosso avvalorava soltanto la sua tesi: c'era qualcosa di profondamente sbagliato nella sua presenza lì. «Come mai da queste parti?»
«Devo accompagnarvi al Triskelion, Pierce vuole parlavi» spiegò in fretta l'uomo, gli occhi castani attenti a non incrociare quelli della donna che ora gli stava davanti a poco meno di un passo. Mentirle era diventata una missione impossibile da ormai molto tempo, troppo impegnato a coltivare un'amicizia che sperava di far evolvere in ben altro, e neanche il suo segreto supporto per l'HYDRA aveva molto valore quando si trovava con lei.
I due supersoldati si scambiarono uno sguardo fugace e bastò un impercettibile movimento del pugno destro di Steve, in cui stringeva saldamente la piccola USB, perché Elaine capisse: doveva distrarre Brock quel tanto da permettergli di nasconderla lì da qualche parte dato che un incontro urgente con Pierce, aggiunto all'avviso allarmante di Fury, non prometteva nulla di buono.
«Rogers ha bisogno di due minuti per schiarirsi i pensieri, che ne dici se aspettiamo fuori?» propose lei, rivolta all'agente della STRIKE, con un sorrisino civettuolo a donarle l'aria di un angioletto. Lui tentò di controbattere, ma Elaine fu svelta a riprendere parola. «Dai, Brock! Non tutti sono insensibili come te» lo punzecchiò e lo prese per mano con il chiaro intento di trascinarlo fuori.
Elaine non si stupì troppo quando realizzò d'essere riuscita nel suo intento, dopotutto aveva capito già da tempo che poteva utilizzare le sue doti da donna per ottenere qualsiasi cosa volesse e con Rumlow il gioco non era stato poi così difficile. Era un uomo forte, lui, nel campo di battaglia, ma dentro le mura di casa si spogliava di ogni maschera, mostrando una realtà del tutto diversa e molto più affettuosa.
«Comunque non sono insensibile, dovresti saperlo» ci tenne a precisare lui in un sussurro, non appena uscirono dal grande ospedale.
«Lo so» mormorò in risposta Elaine, mentre si guardava attorno con fare circospetto, attenta più che mai a individuare anche la minima cosa fuori posto. Se Fury si fidava solo di lei e Steve, significava che chiunque altro era da guardare con sospetto, specialmente chi aveva rapporti con lo S.H.I.E.L.D. Però non poteva certo aspettarsi che lo stesso uomo di cui stringeva ancora la mano sarebbe stato disposto a pugnalarla alle spalle per chissà quale malato bene superiore.
La donna, dopo un sospiro affranto, si voltò verso Brock e gli stampò un veloce bacio sulla guancia: la loro relazione fatta di alti e bassi non si poteva proprio considerare amorosa, nessuno dei due aveva mai osato spingersi più in là - uno perché mancava di coraggio, l'altra poiché ne temeva le conseguenze -, eppure la tensione tra i due, certe volte, era quasi palpabile.
L'uomo sobbalzò appena, colto alla sprovvista da quella dimostrazione d'affetto inaspettata, e qualcosa sembrò rompersi dentro di lui, ma si obbligò con forza ad accantonare quella strana sensazione.
«È arrivato, muoviamoci» borbottò l'agente della STRIKE con il volto arrossato e lo sguardo fisso su Steve che si stava avvicinando a passo svelto.
Non era quello il momento opportuno per sentimentalismi e mai lo sarebbe stato.
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Senza paura »Bucky Barnes [sospesa]
FanfictionElaine aveva imparato ad accantonare la paura quando si trovava tra i suoi colleghi: suo padre era stato bravo a insegnarle, fin dalla più tenera età, che non doveva temere nulla in guerra, neanche la morte. Eppure, davanti alla Fine, tutte le sue c...