2) Dottor Erskine.

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New Jersey, marzo 1943.

L'Unione Sovietica, pressata su più fronti, aveva preteso l'apertura di un nuovo fronte di guerra dopo l'impensata reconquista di Stalingrado e, a seguito di una lunga contrattazione, il piano degli inglesi aveva prevalso, imponendo così una risalita in Europa dalla punta del Bel Stivale.
L'Italia, o ventre molle dell'Asse, era senza ombra di dubbio la nazione più facile da sottomettere dato il governo mussoliniano sempre più instabile e già dal gennaio del 1943 l'operazione Husky aveva l'approvazione dei leader delle maggiori potenze Alleate.
Servivano quindi uomini, soldati, ma rischiare di perdere il fior fiore dell'esercito americano era una mossa fin troppo azzardata secondo gli alti ranghi: la guerra era ben lontana dalla fine, il Giappone continuava a dare filo da torcere tenendo impegnati gli Stati Uniti su più fronti del necessario e gli armamenti della Germania si facevano sempre più distruttivi... era impensabile lasciare altri uomini allo sbaraglio sulle coste italiane.
Delle donne, però, si potevano sacrificare. Magari delle donne con un minimo di addestramento militare alle spalle come le WAC, ma non troppe perché, altrimenti, la stampa e la popolazione avrebbero alzato la voce contro il governo, giudicando con le peggio parole tutte quelle femmine mandate al fronte.
Del distaccamento di New York erano state scelte sei giovani soldatesse, tra cui proprio la coppia di colleghe più affiatata degli ultimi tempi: Elaine ed Elizabeth. Se dapprima avevano appreso la notizia con sgomento e un po' di paura, poi era subentrato un muto orgoglio che le aveva accompagnate per i giorni a seguire, spingendole a guardare dall'alto in basso le altre WAC che non avevano avuto la loro fortuna.
Stranamente, entrambe le famiglie avevano preso la notizia piuttosto male. I genitori di Elizabeth si erano opposti con così tanta veemenza che la giovane era stata sul punto di andare dalla sergente Clay per avvisarla del suo ritiro, ma un sospirato «Se è quello che davvero vuoi, fallo» l'aveva fatta desistere.
Storia simile era successa a casa Collins, dove, però, il malcontento della madre di Elaine si era scontrato con il profondo orgoglio del padre. La litigata che ne seguì fu una delle peggiori a cui la giovane avesse mai assistito: ci volle l'intervento del fratello Theo - in licenza per un paio di giorni - con una buona dose di buon senso per quietare l'animo indemoniato della signora Louise, così da permetterle di analizzare la situazione con un po' più di coscienza e, difatti, dopo una mezza giornata di silenzio tombale, ci fu il tanto agognato consenso dell'intera famiglia. Paradossalmente, la sorella minore Maria era stata la prima a supportarla.
La sorte, per quella volta, si rivelò essere alquanto generosa, permettendo alle due amiche di essere smistate al Campo Lehigh: per quanto scontenta della novità, la madre di Elaine non poté evitare un sospiro di sollievo nel sapere la figlia a meno di 130 chilometri da casa dato che, con la loro nuovissima Ford, sarebbero riusciti a raggiungerla in meno di due ore e mezza.
"Se mi vedesse Benjamin" rifletté Elaine con un sospiro, affacciandosi a una delle poche finestre del piccolo stabile che era stato riservato alle nuove arrivate del campo.
Trovare il coraggio di comunicargli la sua partenza era stato facile, forse fin troppo, ma la reazione del compagno l'aveva destabilizzata a tal punto che si era ritrovata a dover alzare la voce per metterlo a tacere, cosa che aveva infiammato ulteriormente l'animo del giovane soldato.
«Sei una sciocca! Vi stanno mandando al macello, altro che tentativi di integrazione! Devi ascoltarmi e rimanere qui» fu una delle tante sbottate a cui Elaine seppe rispondere con un contegno invidiabile, tant'è che fu lei a chiudere la discussione con una girata di tacchi e un cenno di saluto.
In un certo senso, lo capiva: era sicuramente difficile immaginare il proprio innamorato così lontano da sé e circondato da persone che potrebbero allontanarlo ulteriormente, questa volta sul piano psicologico, ma ciò non giustificava una scenata di gelosia in mezzo alla strada.
«Un no è un no» borbottò Elaine, arricciando il naso in un moto di disgusto quando lo sguardo le cadde su un soldato che stava seguendo a mezzo passo di distanza una sua commilitone.
Erano al campo da solo sei giorni eppure le molestie non avevano tardato ad arrivare... proprio come l'era stato preventivato.
Un lieve bussare alla porta la obbligò ad allontanarsi dalla finestra e con un cenno della mano fece capire alla giovane texana - una donna alta quasi due metri e dal viso angelico - che riposava sul letto che si sarebbe occupata lei del visitatore: l'altra si limitò ad alzare il pollice in segno d'assenso e tornò a chiudere gli occhi, godendosi la meritata tranquillità dopo una giornata fin troppo stressante per i suoi poveri muscoli abituati a poco o nulla.
Elaine aprì la porta con cautela, quasi pronta a doversi difendere da un aggressore, e alzò un sopracciglio perplessa quando vide un uomo poco più giovane di lei dai cortissimi capelli corvini con il pugno ancora alzato. Sembrò un attimo sorpreso nel ritrovarsi davanti una donna, ma gli ci volle mezzo secondo per riacquistare un contegno degno di un soldato del suo calibro.
«Scusatemi, cerco la caporale Collins» parlò lui, andando dritto al punto e portando le mani dietro la schiena.
"Assurdo, serviva arrivare fin qua per ricevere un po' di riconoscimento!" pensò divertita Elaine, assaporando con un certo orgoglio il grado che l'era stato affibbiato. "Molto meglio caporale che Leader Junior".
Oltre ad avere due unità distinte per uomini e donne, il Dipartimento della difesa aveva scelto di utilizzare gradi diversi così da evitare che i soldati si sentissero minacciati da una possibile rivale femminile: in parole povere, bisognava preservare l'orgoglio mascolino che da anni li spronava a entrare nell'esercito per portare lustro al nome di famiglia.
Un po' come aveva fatto lei, certo, però essere una femmina rendeva il tutto cento volte più difficile.
«Sono io, mi dica pure» rispose Elaine, dandogli rispettosamente del lei dato che, da come intuiva dal simbolo a tre punte gialle sul braccio, era un sergente e come tale meritava tutto il suo rispetto. Non che ci fossero tutti questi gradi a dividerli - era solo uno scalino più in alto -, ma risultava comunque un suo superiore.
«Il dottor Erskine vorrebbe un colloquio con lei, se mi segue la porto da lui» spiegò con calma lui, facendo cenno con la testa verso un edificio non ben identificato.
Aveva promesso a Elizabeth che avrebbe aspettato il suo ritorno per scrivere insieme le lettere per le rispettive famiglie, ma non poteva sicuramente ignorare l'interessamento di quel dottore a lei del tutto sconosciuto.
"Magari è solo una visita di controllo, però che figura farei a non presentarmi?"
«Se mi dà un minuto poi possiamo andare» chiese Elaine, ma più che sembrare una domanda, la sua passò per un'affermazione quasi risentita. Il sergente le fece cenno di sì con la testa e lei, a passo svelto, raggiunse una delle tre scrivanie dello stanzone e scrisse velocemente una nota per l'amica che lasciò poi sul suo letto. «Eccomi, possiamo andare.»
I due soldati raggiunsero in fretta l'edificio adibito a ospedale, quasi per certo a causa del malcelato imbarazzo dell'uomo nel farsi vedere in giro con una donna, senza alcun argomento con cui fare un po' di conversazione.
Elaine, dal canto suo, apprezzò il rispetto dello sconosciuto e ne fece tesoro, sperando in seguito di poter ricambiare quella sua gentilezza.
«Eccoci arrivati, dovrebbe trovare il dottore nel suo ufficio» spiegò il sergente, bloccandosi davanti alla porta del pseudo-ospedale a piè pari. Si voltò verso la commilitone con un accenno di sorriso sul volto pallido e solo dopo un attimo di riflessione si rese conto d'aver dato delle informazioni incomplete. «Prima porta a destra.»
«La ringrazio, spero di rivederla presto, sergente...»
«Joseph Dixon» terminò lui, allungando una mano per presentarsi. Non si stupì neanche per un istante della capacità della donna di riconoscere il suo grado.
Elaine rispose con un sorriso di circostanza e una stretta di mano, per un attimo incapace di formulare una frase opportuna, e senza aggiungere alcuna parola varcò la soglia dell'edificio, pronta ad affrontare l'ignoto.
Dopo anni sotto l'esercito aveva imparato che la paura non serviva a nulla, eppure non poté fare a meno di tremare al solo pensiero d'avere qualche valore sballato: il Dipartimento della difesa l'aveva scelta tra più di centomila WAC per partecipare a uno speciale addestramento di integrazione e non aveva alcuna intenzione di rinunciare a questo suo piccolo sogno a causa di una visita dall'esito negativo.
Procedette a passo lento, prendendosi un po' di tempo per analizzare con cura il lungo corridoio che stava percorrendo: per quanto fosse più una sorta di infermeria che ospedale, la sensazione che trasmettevano le mura dipinte di un bianco sporco, il lieve ma ben presente odore di disinfettante e i lontani lamenti degli allettati era proprio quella di una casa di cura. Chiunque, tra quelle mura, avrebbe avvertito il peso di centinaia di vite rimaste in bilico tra la vita e la morte, nonostante il campo Lehigh non fosse mai stato un grosso centro di raccolta dei soldati feriti.
Elaine trasse un respiro profondo e si sistemò il colletto della divisa prima di bussare alla porta che l'era stata indicata, questa si aprì da sola con un lievissimo cigolio e solo dopo si sentì l'invito a entrare del dottore.
«Entri pure, caporale, la stavo aspettando» parlò l'uomo brizzolato, alzandosi dalla sedia per accoglierla da buon padrone di casa. Perché sì, da quando aveva intravisto la luce in fondo a quel tunnel infinito di esperimenti su topolini, lasciava raramente il suo ufficio, quasi timoroso di perdere il filo del suo ragionamento se si fosse allontanato troppo dalla stanza in cui aveva avuto la prima illuminazione.
Elaine avanzò con lo sguardo fisso sul volto dell'uomo e non poté fare a meno di trovare un non so che di gentile nella sua espressione serena, nonostante le evidenti occhiaie vagamente nascoste dagli spessi occhiali.
«Non vorrei essere sgarbata, ma qual è il problema?» tagliò corto la giovane, ormai incapace di trattenere la curiosità e la preoccupazione.
"Non è passata neanche una settimana e sono già nei guai? Come può la sfortuna starmi sempre così appresso?"
«Stia tranquilla, l'ho convocata per discutere di una proposta che vorrei farle e non per altro» tentò di calmarla lui, intuendo l'ansia malcelata dietro la domanda diretta della soldatessa. Affiancandola, la guidò verso la scrivania stracolma di carte per invitarla ad accomodarsi e così lei fece, sbirciando nel frattempo proprio tutti quei documenti lasciati in disordine: su un foglio lesse un elenco di nomi stampati a macchina con uno di essi - Steve Rogers - sottolineato più volte, da una pagina che sbucava da un imponente fascicolo intitolato Progetto Rebirth scoprì una serie di procedimenti strani e composti chimici a lei del tutto ignoti e individuò pure un paio di ricette compilate a mano.
Erskine si tornò ad accomodare al suo posto, senza però distogliere l'attenzione dalla sua momentanea e unica ospite nel tentativo di carpire quante più informazioni possibili dal suo atteggiamento: era sempre stato un bravo osservatore, quel genere di persona capace di passare anche giorni concentrata su un soggetto per studiarlo in ogni sua sfaccettatura e capire il modo migliore con cui approcciarlo. Tutto ciò, per un medico, era doppiamente necessario.
Elaine tamburellò le dita sulla superficie fredda del tavolo, incapace di concentrare l'attenzione su qualcosa di diverso dalle poche parole dette dallo sconosciuto che ancora non si era direttamente presentato.
Aveva un proposta per lei. Solo per lei.
«Mi dica pure» insistette la donna, azzardando un cipiglio nervoso.
«L'ho vista in azione durante questa settimana e mi sono informato riguardo il suo passato, so che ha trascorso un paio di anni nel Corpo d'Infermeria» cominciò a parlare l'uomo con fare disinteressato mentre sfogliava distrattamente un raccoglitore diviso in quattro sezioni da dei divisori recanti quattro nomi nel margine destro. Elaine, con l'occhio di un falco, riuscì a decifrare proprio il suo nome in quella grafia spigolosa e disordinata. «Eppure mi sembra abbia un fisico un po' troppo minuto per potersi permettere di combattere in prima linea senza alcun pensiero. Certo, l'altezza le gioca a favore, ma sembra comunque molto fragile nonostante tutti gli addestramenti affrontati.»
Elaine trattenne il fiato quasi teatralmente nel sentirsi criticata in tal modo: di certo non si sarebbe mai aspettata che il suo fisico, dopo anni che serviva il suo paese, fosse giudicato in tal modo da un medico qualsiasi e non poté evitare di sentirsi un po' offesa nel metabolizzare quel discorso.
Le ci volle un attimo di riflessione per comprendere a pieno le parole di Erskine e arrivò alla conclusione che lei si piaceva proprio così com'era. Alla fin fine, non aveva mai badato molto al suo corpo, preferendo sentirsi bene con se stessa - e soprattutto in salute - anziché preoccuparsi di rispettare una qualsiasi dieta per mantenere la linea. Aveva il ventre morbido, il petto scarno e molta più forza sulle braccia che sulle gambe, ma era ben consapevole della lunga strada che doveva ancora percorrere.
«Vorrei quindi proporle un lavoro sicuro e lontano dai rischi del fronte» proseguì il dottore, constatando con un sorriso il silenzio della sua candidata. «Il supporto medico qui è molto scarso e avrei proprio bisogno di un'assistente.»
I due rimasero a fissarsi per svariati secondi nel silenzio più totale: uno studiando la reazione della caporale, l'altra cercando di capire quanto ci fosse di vero in quell'offerta. E quanto le convenisse accettare.
«Perché proprio io?»
«Pretende davvero che le sveli ogni mio segreto?» fu la risposta divertita dell'uomo, usata per mascherare giorni di ricerche che l'avrebbero fatto passare per pazzo.
Solo Dio sapeva la disperazione che lo prendeva a ogni ora del giorno quando pensava a chi sarebbe diventato il primo super soldato della storia americana; perché sì, aveva trovato un candidato perfetto, ma ai piani alti proprio non piaceva quel ragazzo mingherlino dal cuore grande che aveva fatto di tutto pur di arruolarsi.
Ora non gli restava che scavare altrove, laddove nessuno del Dipartimento avrebbe mai osato dirgli di no. Questa volta avrebbe dovuto essere più subdolo, accogliere la Collins come sua assistente per poi condizionarne il pensiero e spingerla a partecipare al Progetto Rebirth. Dopotutto ne avrebbe ricavato solo benefici.
«Mi dispiace, dottor Erskine, ma sono entrata nell'esercito per difendere il mio paese e non ho intenzione di tirarmi indietro proprio adesso che ne ho la possibilità. Le sono davvero molto riconoscente per il pensiero e la premura, però il mio posto è al fronte, dove posso affrontare concretamente i nostri nemici» parlò Elaine tutto d'un fiato, avvertendo il volto scaldarsi dall'imbarazzo e dalla passione. Mai prima di allora aveva espresso a voce il vivo desiderio di combattere al fianco dei suoi commilitoni. «Anche a costo di morirne.»
 
 
 
 
 


  
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Ehilà, bella gente!
Come penso si possa capire, gli aggiornamenti saranno ogni 10/15 giorni, lasso di tempo che potrebbero aumentare quando il carico di studio diventerà più corposo.
Sono fin troppo stanca per commentare questo capitolo, quindi lascio la parola a voi: come vi è sembrato?

Senza paura »Bucky Barnes [sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora