New Jersey, giugno 1943.
Steve era partito per il suo tour promozionale e la SSR gli aveva cucito addosso il nome Captain America, simbolo di un patriottismo così radicato da spronare anche l'animo più pacato a imbracciare un fucile per uccidere chiunque la pensasse diversamente da lui.
Elaine, invece, aveva cominciato a subire i primi prelievi di sangue - per il momento senza alcun risultato concreto - ed era riuscita ad accantonare l'orgoglio per chiedere scusa a Elizabeth che, dopo una lunga riflessione, la strinse in un abbraccio soffocante.
«È anche colpa mia, non avrei dovuto reagire così, scusami anche tu» le aveva sussurrato, dopo uno schioccante bacio sulla fronte.
E così come la loro amicizia sembrava essere finita, tornò a rifiorire ancora più forte di prima, ora entrambe consapevoli che non c'era spazio per segreti nella loro relazione.
Non fu quindi una sorpresa quando Elaine, dopo aver soppesato un'infinità di volte le parole da utilizzare, confessò a Elizabeth tutte le sue preoccupazioni riguardo il sempre più imminente arrivo di Benjamin - annunciato indirettamente a tutto il campo Lehigh dal colonnello Phillips stesso.
Tranquillizzare la giovane Collins si rivelò essere alquanto difficile a causa dei molteplici complessi mentali che le erano sorti negli ultimi giorni: l'era servita una notte insonne per comprendere che, quando pensava a Benjamin, non sentiva più la voglia di stringerlo a sé per riempirlo di baci, bensì un'insita preoccupazione manifestatasi anche nelle ultime prestazioni scadenti con le armi da fuoco. Per quanto cercasse di pensarci il meno possibile, una volta stesa a letto nel buio della stanza, abbandonata alla solitudine che solo la notte riesce a portare, la sua mente sembrava non avere più alcun freno, spingendola sempre verso Benjamin.
«Elaine, da quanto tempo!» la richiamò proprio il suddetto, il tono di voce così dolce che lei non riuscì a riconoscerlo subito. Difatti si voltò di scatto e dopo aver incrociato gli occhi azzurri del fidanzato quasi inciampò nei suoi stessi piedi, rischiando di finire con la faccia nel terreno umidiccio. L'appetito che fino a pochi istanti prima le aveva stretto lo stomaco in una morsa fastidiosa scomparve all'istante, sostituito da una lieve nausea.
«Oh, ciao!» salutò Elaine, presa così alla sprovvista da non riuscire a formulare una frase migliore, ma ciò non le impedì di proseguire la sua camminata post allenamento mattutino. Il cuore le martellava nel petto per la preoccupazione e la nostalgia perché, per quanto in quel momento lo temesse, comunque aveva condiviso con lui moltissime ricordi.
«Dove stai andando, Elly?» le chiese, affrettando il passo per affiancarla. Le afferrò il polso sinistro con un gesto inaspettatamente delicato, che somigliava molto alle carezze che era solito darle quando ancora abitavano nella stessa strada newyorkese.
Elaine stentava a credere che quel periodo d'amore quasi idilliaco risalisse a neanche quattro mesi prima, aveva affrontato così tanti ostacoli senza poter riprendere fiato da perdere la cognizione del tempo. Quel tocco così dolce sembrò rilassarla per un istante, ma il lieve strattone che seguì le fece cambiare subito idea.
«A mangiare.»
«Voglio parlarti prima.»
«Va bene, dimmi» disse Elaine, piantando saldamente i piedi a terra e incrociando le braccia al petto con fare difensivo. Lo guardò fisso in viso, ostentando una sicurezza di cui non era affatto padrona in quel momento, e le tremarono le ginocchia quando vide l'espressione infastidita incurvargli le sopracciglia e la bocca in una smorfia per nulla promettente.
La giovane azzardò un'occhiata all'ambiente circostante, giusto per assicurarsi di non essere del tutto da sola, e fu con un piccolo sospiro di sollievo che vide un discreto via vai di meccanici che si occupavano di alcune camionette. Fosse successo qualcosa, le sarebbe bastato urlare.
«Sei molto più in forma» notò Benjamin e poggiò le mani sulle spalle della compagna per poi farle scorrere lungo le sue braccia - nettamente più scolpite dell'ultima volta in cui l'aveva vista - nel tentativo di riportargliele lungo i fianchi.
«È tutto merito di un es-», cominciò ingenuamente a spiegare Elaine, per poi realizzare il passo falso e correggersi, «di una serie di esercizi mirati!»
«Forse dovrei farmi trasferire qui anch'io, allora» rispose lui, accennando una risata priva di gioia. Non sembrò notare l'errore della sergente o, perlomeno, non ci diede troppo peso. «O forse ti sarei d'impiccio, che dici?»
«Come scusa?» domandò lei, più che perplessa.
«Da quando sei qui, mi hai totalmente cancellato dalla tua testa, e non fare quella faccia! Ti ho scritto fin troppe volte e non ti sei degnata di mandarmi neanche mezza riga!» esclamò lui, il volto arrossato da un fastidio mai provato prima e le mani tremanti pronte ad afferrare la sua donna. «Lo sapevo io che non dovevo fidarmi a lasciarti venire qui, in mezzo a tutta 'sta gentaglia senza scrupoli. Ti interessa qualcun altro, eh?»
«Ma stiamo scherzando?» sbottò Elaine. Era servito ben poco perché l'indignazione le scaldasse il viso e ancora meno bastò a Benjamin per alzare le mani, stringendole agli avambracci della compagna: nella sua mente di uomo geloso, quello era l'unico modo con cui sarebbe riuscito a farle cambiare idea sulla sua visione del mondo totalmente fuori luogo - già sopportava a malapena l'idea che lei volesse rimanere nell'esercito, figurarsi saperla così convinta nel voler stare in un campo d'addestramento di soli uomini.
«Dimmi chi è» le ringhiò in risposta, prima di spingerla prepotentemente contro il primo edificio a portata di mano, e avvicinò il viso al suo nel tentativo di dimostrare chi avesse il vero controllo della situazione.
Elaine quasi non fece caso al lieve dolore che le causò l'impatto con la parete di mattoni grezzi, fin troppo presa dal non cedere alla paura che, proprio in quel momento, le stava facendo tremare le ginocchia: negli ultimi giorni aveva pensato a una conclusione simile e a tutti i modi possibili con cui avrebbe messo a tacere il suo fidanzato, ma ora nulla sembrava essere davvero utile.
Ci fu un attimo di silenzio tra i due, un silenzio che urlava disprezzo e disperazione: due sentimenti diametralmente opposti, ma riuniti in quella coppia ormai a pezzi.
«Devi smetterla di crederti il centro del mio mondo!» sibilò Elaine, aprendo e chiudendo i pugni per sfogare il nervosismo che cominciava a riempirle il petto. Si prese un attimo di tempo per controllare i meccanici ancora impegnati nella manutenzione delle autovetture, ma con sdegno si rese conto che la stavano bellamente ignorando. «Sono libera di fare ciò che voglio tanto quanto te, non azzardarti a farmi i conti in tasca quando non sai affatto come sono andate le cose.»
Benjamin fece per risponderle, ma bastò un'occhiata di fuoco della sergente per fargli chiudere la bocca.
«Non ho trovato nessuno qui, se questo può farti piacere» proseguì Elaine, ormai sicura di come avrebbe dovuto porre fine a quella situazione. «Però non sono più sicura che tu possa continuare a far parte della mia vita.»
Le bastò uno strattone per liberarsi definitivamente dalla presa di Benjamin e con una spinta lo allontanò da sé, trattenne a stento una risata di scherno quando lo vide quasi cadere a terra. A quanto pareva, l'essere diventata un supersoldato si stava rivelando utile sotto un punto di vista del tutto inaspettato.
«Non avvicinarti più a me o giuro che troverò il modo di farti sbattere fuori dall'esercito» lo minacciò, puntandogli l'indice contro dopo aver messo svariati passi di distanza tra loro. «E non credere che non abbia le conoscenze giuste.»
Elaine dovette far violenza su se stessa per voltargli le spalle perché sapeva che con quel gesto avrebbe per sempre chiuso - o così immaginava lei - la sua relazione con Benjamin. Non sarebbe stato facile dimenticarsi di lui, non dopo tutti i momenti felici trascorsi insieme, ma doveva mettere un freno a quella situazione, a qualsiasi costo. Prima di essere una donna era una persona, come tale meritava libertà e rispetto al pari di un uomo e ora non aveva più alcuna intenzione di nascondere i suoi ideali. A costo di rimetterci la faccia.
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Senza paura »Bucky Barnes [sospesa]
FanficElaine aveva imparato ad accantonare la paura quando si trovava tra i suoi colleghi: suo padre era stato bravo a insegnarle, fin dalla più tenera età, che non doveva temere nulla in guerra, neanche la morte. Eppure, davanti alla Fine, tutte le sue c...