Capitolo 23

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'Cosa avete deciso di fare questa sera? Mi manchi.' 17:00
'Scusami, sono già troppo pesante. Divertiti e poi fammi sapere.' 18:00
'Mi sto iniziando a preoccupare, potresti solo dirmi che stai bene?' 22:00
'Non ci credo che ieri a quest'ora dormivamo abbracciati e ora a distanza di sole 24h è tutto così diverso.' 23:00
'Appena ti svegli scrivimi, ti prego.' 00:00

Questa è la prima cosa che vedo comparire sul mio cellulare la mattina dopo. "Cazzo, cazzo, cazzo" mi tiro su di scatto e inizio a scrivere una risposta.

"Che succede?" Chiede Alissa con la voce assonata.
"Ieri non ho più scritto nulla a Dimitri! Non sono via da nemmeno un giorno e sento di averlo già deluso! Penserà che sono sparita!"
"Sta calma e rispondigli o chiamalo"

'Buongiorno Dimitri! Scusa scusa scusa! Ieri sera abbiamo deciso di uscire e mi è morto il telefono, ho insegnato scala 40 ad Alissa. Almeno ci ho provato! Mi manchi un sacco anche tu. Scusami se sono sparita così, non volvevo farti preoccupare. Io ci sono ancora.'

La risposta arriva immediatamente

'Buongiorno Anastasia! Non fa niente, cerca solo di avvisarmi la prossima volta. Come avrei voluto vederti presa a spiegare scala 40! Che fate oggi? So che ci sei.'

'Oh oggi faremo un po' le intellettuali. Iniziamo con un giro nel museo di Van Gogh e poi una visita alla casa di Anne Frank. A proposito di scala 40, ieri si è unito a noi un gruppo di ragazzi per giocare a carte. Uno di loro a fine serata mi ha chiesto il numero ma io gli ho detto che sono impegnata. Ho fatto bene? Tu cos'hai detto di noi alla tua famiglia? Che farai oggi?'

'E me lo chiedi anche? Certo che hai fatto bene, la prossima volta non appena ti si avvicina qualcuno presentati e di che sei impegnata subito così recepiscono il messaggio. Beh i miei fratelli già sanno di te e lascia solo che ti dica che mia mamma è molto contenta a riguardo. Per quando riguarda oggi io e Thomas iniziamo a portare i primi scatoloni in casa nuova. A stasera bellissima. Divertiti.'

Quando leggo il 'bellissima' stringo il telefono al petto. Poi rileggo il messaggio. Non ci posso credere è davvero gelosia quella che si legge tra le righe o me la sto immaginando? Vuole che dica subito che sono impegnata e ha raccontato a sua mamma di noi. Mi sento strana, voluta. Ho sempre desiderato la gelosia, sentire di appartenere a qualcuno che mi vuole e non si vergogna di farmelo capire e farlo capire agli altri.

Digito velocemente un 'A questa sera bellissimo.'

"Tutto apposto?" Mi chiede Alissa mentre si arrampica giù dal letto e si siede vicino a me.
"Si" le dico sorridendo.

...

"Menomale che abbiamo preso i biglietti salta fila" annuncio guardando la fila fuori dal museo di Van Gogh.

Entriamo e prendiamo la guida acustica. Appena ci troviamo nella prima sala, la facciamo partire contemporaneamente. È una cosa che abbiamo iniziato a fare a Parigi, in modo da ascoltare sempre la stessa cosa e poter commentare insieme.

Una volta ne abbiamo presa una che era totalmente inutile, non ricordo in che museo fossimo so solo che la guida è stata una truffa incredibile. Diceva cose del tipo "Stanza 24, audio 24. In questa stanza ci sono i pittori che hanno costellato il 700" e finiva lì. Così io e Alissa abbiamo iniziato ad imitare la voce e dire cose del tipo "Stanza 24, audio 44. In questa stanza ci sono delle mura bianche e un tetto". Le guardie, presenti praticamente in ogni stanza ci guardavano malissimo. Ma noi ci stavamo divertendo perciò poco importava.

La guida di oggi è molto interessante invece, io e Alissa siamo totalmente assorte nell'ascolto e osserviamo i quadri da vicino per riuscire a cogliere ogni minima sfumatura.

Mi torna in mente il pomeriggio passato con Dimitri agli Uffizi. Questa voce robotica non ha nulla a che fare con la sua, calda e appassionata. Prendo il telefono dalla borsa e velocemente scrivo.
'In un museo pieno d'arte, io, penso alla mia di arte, tu.' Senza pensarci troppo invio e ricaccio il telefono in borsa per non vedere la risposta.

Ma che mi prende? Non sono mai e dico mai stata così sfrontata. Di essere romantica l'ho sempre saputo vista la mia fissa per i romanzi rosa, ma tutto questo coraggio? Ripesco il telefono e mi assicuro che sia in silenzioso così non starò con l'orecchio tirato tutto il tempo aspettando la sua risposta.

Stanza dopo stanza visitiamo tutto il museo. Una volta fuori decidiamo di andare a pranzo.
"Mamma vuole chiamarmi, ti dispiace? Comunque non vede l'ora di conoscerti di persona non fa altro che chiedermi ma Brooke mangia la carne, le piace questo, le piace quello. Credo sia più emozionata di vedere te che di rivedere me dopo 3 mesi." Scoppio a ridere e le dico di chiamarla.

Cavolo, è una nuova settimana e questo vuol dire che presto anche mia mamma mi chiamerà, ancora non sa che voglio andare in America. Non penso la prenderà bene, allontano il pensiero e mi concentro su Alissa.

"Si mamma, anche Brooklyn ti saluta." Dice alzando gli occhi al cielo. Mi chiama Brooklyn solo quando è infastidita, rido di nuovo e lei mi tira la salvietta che ha davanti a se. "Si mamma... Si lo so ci vediamo la prossima settimana... Non ho nessuno tono seccato... Si sono felice di tornare a casa... Ci sentiamo eh mamma? Si, baci. Saluta papà."

Quando mette giù dico "Non so se sono mentalmente pronta per la casa di Anne Frank, so già che piangerò come una fontana." "Io non so se sono il tipo che riesce ad emozionarsi per cose del genere, sicuramente mi farà soffrire risentire tutta la storia, però addirittura a piangere? Non credo." "Smettila con questa storia, solo perché non piangi non vuol dire che sei insensibile."

Alissa non è un tipo che piange, ma non per questo è insensibile. Lei crede di esserlo perché per tutta la vita difronte alle disgrazie non ha mai versato una lacrima quindi tutti l'hanno additata come la fredda. Ma io lo so che non è così, lei soffre ad un livello più profondo. Alla fine anche non piangere è un modo di reagire ad un evento negativo. È come cadere sotto shock e non riuscire a liberare le emozioni. Penso che sia più doloroso rompersi dentro, in silenzio invece di sprigionare il dolore attraverso le lacrime. Infondo ci vuole un secondo ad andare in pezzi, il problema è raccoglierli poi. Per questo ho sempre pensato fosse molto forte e mi sono aperta subito.

Come avrei voluto essere capace di non dare alcun segno di sofferenza quando è morta Rose, invece sono esplosa.

Ho pianto per giorni interi finché un giorno ho smesso e sono arrivata a credere di aver finito le lacrime. Ricordo perfettamente di aver pensato di essermi rotta e che nulla avrebbe mai più potuto mettermi apposto. Il giorno dopo quando sono entrata in camera sua per prendere la sua copia di 'Piccole donne' ho sentito il suo profumo tra le pagine e una gocciolina è comparsa sulla copertina ed eccole di nuovo, le lacrime. Non erano finite.

"Sisi, lo so." dice distrattamente, non le piace parlare dell'argomento ma in una calda notte di luglio, mentre passeggiavamo lungo la Senna mi ha raccontato tutto. "Allora tua mamma quando si decide ad adottarmi?" Chiedo per cambiare argomento e lei mi sorride riconoscente. "Sinceramente credo che non ti farà mai più lasciare casa nostra una volta che ti avrà conosciuta. Quindi preparati a restare in America per sempre."

Un brivido mi corre lungo la schiena a queste parole. Non ho mai saputo cosa si prova a restare sempre nello stesso posto, ad avere una casa fissa in cui tornare. Che l'America sia la risposta?

A reason to stayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora