Scambio silenzioso di parole

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Le notti all'interno di quell'hotel erano le più emozionanti. Ogni camera raccontava una storia diversa. In ogni camera ognuno creava la propria arte. Non lo sapevamo ancora, ma tra quelle mura sarebbero nati alcuni dei nostri brani più belli.

Camminando lungo quel corridoio potevo sentire le risate di Nico e Stefano, la voce di Nyv accompagnata dalla pianola, quella di Gaia accompagnata dalla chitarra di Martina. Più mi avvicinavo alla mia camera più quelle voci erano sempre più chiare e sembravano provenire da un unico luogo: la mia stanza.

Quando aprii la porta calò subito il silenzio, un silenzio d'imbarazzo, come se tutti avessero preferito non essere presenti in quel momento. Gaia si alzò subito dal letto e si avvicinò alla porta. Poi posò la mano sulla maniglia e provò ad abbassarla. D'istinto appoggiai la mia mano sulla sua per fermarla. Non volevo che andasse via, non a causa mia.

"Aspetta" sussurrai "Possiamo almeno parlare?"

"Non abbiamo nulla da dirci" disse fermamente senza nemmeno guardarmi e provando ancora una volta ad abbassare la maniglia.

"Per favore" le chiesi ancora.

Sospirò, ma poco dopo annuì. In silenzio ci dirigemmo in giardino, sulla stessa panchina gelida che aveva ascoltato i nostri discorsi quella notte di luna piena.

"Allora? Cosa volevi dirmi?" chiese quasi seccata

"Gaia mi dispiace, mi dispiace tanto. Sono stato un coglione, lo so" ammisi poggiandole una mano sulle ginocchia.

"Per fortuna te ne rendi conto" disse. Potevo percepire l'ironia nel suo tono e nelle sue parole.

"Gaia non voglio perderti e soprattutto non voglio vederti andare via nel momento stesso in cui siamo nella stessa stanza. Se tutto va bene dovremo passare ancora qualche mese insieme"

"È proprio quello il problema"

"Che vuoi dire?"

"Passeremo ancora tanto tempo insieme e, tanto per cambiare, siamo anche nella stessa squadra" 

"Dove vuoi arrivare?" non riuscivo a capire cosa volesse dirmi.

"Tu non te ne rendi proprio conto, ecco il problema. Come ti comporti quando sei con me, come mi guardi, ciò che mi dici. Mi dai solo false speranze. Ma ti contraddici soltanto. Soprattutto nel momento in cui magicamente ti ricordi di avere una ragazza" disse tutto d'un fiato irritata.

"Sono consapevole di essere fidanzato"

"E allora inizia a comportarti come tale. Perché comportandoti così non manchi di rispetto solo a me, ma anche a lei" fece per alzarsi e andarsene nuovamente. Era la terza volta che accadeva nella stessa giornata.

"Smettila di andartene sempre!" dissi alzando il tono della voce. Lentamente si voltò e tornò a guardarmi negli occhi.

"Hai ragione, hai ragione su tutto. Ma non mi sarei mai aspettato di provare certe emozioni solo standoti accanto. Ed è così complicato con Greta ultimamente. Ho bisogno di un po' di tempo per capire cosa significa tutto questo. Ma comunque vada non voglio perderti perché ci tengo troppo a te. E soprattutto voglio poter stare nella stessa stanza con te senza vederti andare via" in quelle parole lasciai tutto ciò che avevo provato negli ultimi giorni. Rabbia, confusione, paura.

"Anche io ci tengo a te" disse dolcemente e mostrandomi un debole sorriso.

"E allora possiamo tornare come prima? Possiamo dimenticare tutto e ricominciare?" in quel momento mi sembrava la cosa più ragionevole e sensata da dire per riuscire a mantenere un rapporto pacifico con lei senza prendere nessuna decisione affrettata. 

"Non sarà mai completamente come prima, lo sai?"

"Lo so" dissi quasi sottovoce. Entrambi sapevamo a cosa stavamo andando incontro. Ormai avevamo intravisto un nuovo lato del nostro rapporto e non lo avremmo dimenticato facilmente.

Subito dopo la accolsi in un abbraccio. Si accoccolò tra le mie bracia, la sentivo stretta al mio corpo. Dentro quello scambio silenzioso di parole c'era tutto ciò che non avevamo avuto il coraggio di dirci, c'erano i mi sei mancata, i voglio starti accanto, un misto di sentimenti che ti arrivano dritto nel cuore. Avevamo ancora bisogno l'uno dell'altra, nonostante tutto, nonostante ciò che ci eravamo appena detti. Forse soprattutto per quello. Rimanemmo fermi in quell'abbraccio per un po', mentre il mondo andava avanti, mentre i nostri compagni continuavano a fare arte.

Poi decidemmo di raggiungerli. Tornammo nella mia stanza e i loro occhi incuriositi ci accolsero. Tutti avrebbero voluto sapere come fosse finita, ma ciò che ci eravamo inconsapevolmente ammessi ancora una volta rimase su quella panchina. 

"Siete arrivati giusto in tempo" disse Nico "Stavamo per ordinare il sushi. Voi volete qualcosa?"

Il menù di quel ristorante era infinito e tutto sembrava così invitante. Ordinammo un po' di tutto, senza renderci conto di quante porzioni avessimo preso. Come succede la maggior parte delle volte finimmo per essere pieni e con ancora delle porzioni di sushi avanzate.

"Raga ma qui c'è ancora questo" disse Nico prendendo in mano un'altra confezione di uramaki.

"Ma quanti ne avete presi? Non li avevamo già mangiati?" disse Martina stendendosi sul letto poggiando una mano sulla pancia.

"No vi prego non ne posso più!" esclamò Stefano esausto.

"Io direi di offrirgli agli altri" propose Gaia.

Nonostante l'orario, ci recammo in corridoio e iniziammo a bussare alle porte dei nostri compagni, nella speranza che qualcuno fosse ancora sveglio. Talisa e Giorgia furono le prime ad aprire la porta, subito seguite da Francesco e Michelangelo. Senza rendercene nemmeno conto quasi tutti i nostri compagni erano usciti dalle loro stanze.

"Avete ordinato il sushi e non mi avete detto nulla?" disse Giorgia fingendo di essersi arrabbiata mentre lei e Talisa finivano gli ultimi uramaki.

"Ma come? Avete già finito tutto?" disse Angelo vedendo la confezione ormai vuota.

"Sei arrivato troppo tardi" gli rispose Talisa ridendo ancora con la bocca piena.

Poco dopo sentimmo i passi di qualcuno provenire dalle scale. Avevamo superato il coprifuoco già da un po' e collegammo subito le due cose.

"Tutti nelle stanze, veloci!  È passata la mezzanotte, non potete starvene in corridoio!" ci rimproverò un uomo sulla quarantina. Doveva far parte del personale dell'hotel.

Scoppiammo a ridere e iniziammo a correre verso le nostre camere. Prima di chiudere la mia porta guardai per un'ultima volta verso la stanza di Gaia. Era ancora lì.  Con la mano mimò un "ciao" e sottovoce mi disse "Buonanotte". Un sorriso spuntò sul suo volto che era stato spento per troppo tempo e lentamente chiuse la porta davanti a sé.

"Buonanotte" ricambiai sorridendo.


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