Nodi indissolubili

759 35 6
                                    

9. NODI INDISSOLUBILI

# Hildr si tormentava una ciocca di capelli mentre Ivar si toglieva la casacca. Erano trascorsi due giorni dall’assedio di York, la cittadina pullulava di vichinghi piuttosto ubriachi e in vena di risate. Quella mattina Ivar l’aveva tirata giù dal letto perché aveva avuto un’idea: voleva marchiarsi la pelle con un tatuaggio per celebrare la vittoria. Sebbene lei fosse stata riluttante al pensiero di uno scalpello che le scavava la pelle, alla fine lo aveva assecondato come sempre. Ora, seduta di fronte a lui, faceva tremare la gamba per il nervosismo.
“Hai pensato al tatuaggio che vuoi?” le chiese Ivar.
La resistenza al dolore che aveva sviluppato sin da bambino stava dando i suoi frutti, il ragazzo non dava segnali di sofferenza mentre l’uomo barbuto gli imprimeva i segni sulla schiena.
“No. – disse Hildr – Hai qualche suggerimento?”
Ivar sorrise di sbieco, lui aveva sempre un suggerimento. Per tutta la notte aveva meditato in cerca di un simbolo che potesse accomunarli.
“Potremmo tatuarci due nodi. Lo sai che i nodi dei marinai sono difficili da sciogliere, se non impossibili. Il nostro legame è come un nodo: indistruttibile.”
Se prima Hildr era incerta, adesso era sicura di volere quel tatuaggio a vita sul proprio corpo.
“Ci sto. Lo voglio fare sul polso, sulla pelle che ricopre il sangue che scorre. Tu?”
“Qui sul petto. Lo voglio giusto sopra il cuore.”
La risposta di Ivar fece sorridere Hildr perché quelle manifestazioni di affetto erano insolite per loro. Abituata a insulti e schernimenti, fu scossa da un brivido di felicità per quelle parole.
Due ore dopo Hildr soffiava sulla pelle arrossata e increspata dall’inchiostro.
“Fa un pochino male.” disse, studiando il nodo nero.
Ivar le prese il polso e poggiò le labbra sul tatuaggio con delicatezza, al che Hildr sussultò.
“Un bacino guarisce tutte le ferite. Va meglio?”
Lei ridacchiò e scosse la testa, sin da bambini continuavano a fare quel giochino stupido.
“Sì, va meglio.”
“Allora andiamo a conquistare il mondo, mia Valchiria!”
Mano nella mano, ridendo come matti, passeggiavano fra le strade di York sotto gli sguardi straniti della gente.#

Tre giorni dopo
Ivar si svegliò per l’ennesima volta in un letto vuoto. Ormai Hildr alloggiava in biblioteca e non aveva intenzione di tornare a condividere la stanza con lui. Dopo quel bacio nel cuore della notte non si erano più parlati. Lei lo evitava di proposito, a cena ignorava i suoi sguardi, e lo salutava soltanto con un minimo cenno del capo. Ivar non sapeva cosa fare, era caduto in un baratro di solitudine e disperazione per aver perso la sua àncora. Eppure ogni volta che vedeva Katya in lui nasceva un sentimento di gioia che oscurava la disperazione, era come tornare a vivere. Era possibile essere felici e tristi al tempo stesso? Era possibile provare sentimenti per due donne? Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dall’arrivo di Igor.
“Buongiorno. Stai ancora dormendo? Muoviti, Oleg ti vuole incontrare!”
“Hai visto Hildr?”
Igor inarcò il sopracciglio, aveva capito che tra l’amico e la ragazza qualcosa non andava bene come prima.
“Sì. L’ho vista uscire dalla biblioteca con Vadim. Quei due passano davvero un sacco di tempo insieme.”
Ivar emise un sospiro pesante mentre si infilava i sostegni alle gambe. Nella sua mente balenò l’immagine di Hildr e Vadim che si baciavano, dovette trattene un conato di vomito.
“Vadim è sposato e presto diventerà padre. Di certo non pensa a Hildr.”
“Fidati, Vadim pensa moltissimo a Hildr!” replicò Igor.
Ivar ripensò a quel bacio di pochi giorni prima, la sensazione del seno di Hildr sotto la mano, la sua bocca carnosa che lo baciava e ansimava.
“Ivar! Sbrigati! Oleg odia i ritardatari!”
“Arrivo, arrivo!”
Faceva fatica a camminare, le gambe erano pesanti e doloranti, temeva che un altro osso si fosse spezzato. Giunse nella sala del trono con la fronte imperlata di sudore, dunque si accasciò sulla prima sedia che trovò e si massaggiò le ginocchia.
“Siamo pronti.” Annunciò Oleg.
Hildr e Vadim smisero di parlottare e si avvicinarono al tavolo. Accanto a lei stava Hvitserk, fresco e riposato rispetto a come lo avevano trovato.
“Ivar ha un piano per entrare a Kattegat. Ritengo sia una buona strategia.” Disse Vadim.
“Bene. – disse Oleg – Esponici il piano, vichingo.”
Ivar si sforzò di mettersi in piedi, la gamba sinistra tremolava, e allungò le mani sul modellino plastico che rappresentava Kattegat.
“Dobbiamo suddividere la flotta: una parte arriva dal mare, un’altra risale dal fiume, una parte scende a terra e giunge a Kattegat di nascosto. Per irrompere in città senza essere visti, e quindi sorprendere i nemici, possiamo scalare una parete rocciosa che si staglia nel bosco a nord di Kattegat. Bjorn non se lo aspetta un attacco su tre fronti.”
“Certo, è una strategia allettante. La città come è protetta?” domandò Oleg.
Fu Hvitserk questa volta a farsi avanti dato che era l’unico ad avere lasciato la città indenne.
“Kattegat è protetta da una palizzata, mentre la spiaggia è protetta da una serie di spuntoni di legno per prevenire l’attacco via mare e da una piattaforma di legno. Ivar ha ragione a dire che non si aspettano il nostro ingresso dalla parete.”
Oleg sembrò riflettere su quelle informazioni, si toccava la barba sul mento e respirava piano.
“Hildr, tu che ne pensi?” volle sapere Vadim.
La ragazza si ritrovò tutti gli occhi puntati addosso, compresi quelli di Ivar che sembravano sul punto di trivellarle l’anima.
“Sono d’accordo con Ivar. Bjorn sta riutilizzando alcune delle difese che io ho ideato per Kattegat l’anno scorso. Dividere l’esercito è la strategia migliore. L’attacco su più fronti è la soluzione ottimale per avere la possibilità di entrare in città. Bjorn punta tutto sulla difesa delle coste senza pensare che potremmo attaccare da qualsiasi altro punto dello stretto.”
Vadim annuì e le riservò uno sguardo fiero.
“Allora anche io sono d’accordo con Ivar. Oleg, che te ne pare?”
“Sì, anche a me pare un’ottima strategia. Non riusciranno mai a difendere tutti i fronti su cui abbiamo intenzione di attaccarli. Vadim, procedi alla ripartizione dei compiti e arruola nuovi soldati. Tra un mese, non appena la primavera farà germogliare i primi fiori, partiremo. Siete congedati.”
L’assemblea fu sciolta e i presenti si riversarono in corridoio, lasciando il principe da solo.
“Hildr, vieni.” Disse Ivar.
Hildr si congedò da Vadim e si avvicinò ad Ivar, che le mise la mano sulla spalla per reggersi. Era pallido e sudato, appariva sofferente.
“Stai bene? Non hai una bella faccia.”
“Sto bene. Ti devo parlare dei nostri piani per il futuro.”
Lei capì al volo che ‘piani per il futuro’ intendesse Isobel e Aila, dunque annuì e lo aiutò a camminare verso la stanza in cui un tempo dormivano assieme. Hildr chiuse la porta con il chiavistello, mentre Ivar si sedeva sul letto e si liberava le gambe dai supporti.
“Che succede?”
Hvitserk era stato invitato da Vadim per una bevuta, così loro avevano il tempo necessario per affrontare il discorso. Hildr si sentiva a disagio, l’ultima volta che aveva dormito in quel letto le cose erano diverse tra le e Ivar, erano uniti e innamorati. Si sedette sulla mensola sotto la finestra, lontana da lui.
“Hvitserk mi continua a chiedere di Isobel e Aila, è la sua ossessione.”
“E allora? Mi auguro che tu abbia inventato una scusa per proteggerle.”
Ivar corrugò la fronte e abbassò lo sguardo, tipico atteggiamento che assumeva quando deludeva le aspettative altrui.
“Non ho inventato nessuna scusa. Sono stato sincero. Gli ho detto che ha una figlia di nome Aila, che lei e Isobel sono tornate in Wessex e che andremo a riprenderle.”
Per Hildr fu come ricevere una pugnalata allo stomaco, al cuore, al cervello. Le vennero gli occhi lucidi, voleva piangere dalla rabbia e dalla delusione, ma non lo fece.
“Hai venduto nostra nipote! Hai venduto Aila a quel traditore di tuo fratello! Sei un idiota, Ivar! Brutto bastardo!” urlò lei in preda ad una furia crudele.
“Calmati! Hvitserk è suo padre e merita di sapere dove si trovi sua figlia! Non abbiamo alcun diritto su quella bambina!”
Hildr affondò le unghie nelle cosce per non affondarle nella carne di Ivar.
“Abbiamo promesso di proteggere lei e Isobel. E tu che fai? Spifferi tutto a Hvitserk solo per avere il suo appoggio! Mi fai schifo!”
“Aila è sua figlia! Non tua! Non è tua figlia e non lo sarà mai perché una madre ce l’ha! Tu puoi farti ingravidare da Vadim, so che a letto è bravo!” sbraitò Ivar.
Lei rimase scioccata, occhi sbarrati e bocca spalancata.
“Ora capisco. Tu non hai parlato di Aila a Hvitserk per riunire padre e figlia, tu glielo hai detto per ferire me. Tu sei geloso di Vadim e per questo hai voluto punirmi usando Aila.”
“Hildr … mi dispiace …”
“Taci. – ordinò Hildr – Nessun’altra parola deve uscire dalla tua bocca velenosa. Sai che c’è, Ivar? Io non ti riconosco più. Pensi che io sia andata a letto con Vadim, dubitando della mia fedeltà dopo tutti questi anni insieme. Lo sai che per me il sesso non è importante. Lo sai che a me piace il modo tutto nostro in cui facciamo l’amore perché, appunto, lo abbiamo creato noi stessi. E poi, fai tanto la morale a me quando tu hai baciato Katya e continui a pensare a Freydis. Io sono … delusa, profondamente. Vuoi che gli altri ti accettino perché tu in primis non ti accetti. Sei un uomo strabiliante, Ivar, ma non te rendi conto. La tua cecità ti fa risultare stupido. Ho capito che non mi ami più, anzi forse non mi hai mai amato, e va bene, però detesto che tu non ami te stesso. A questo punto credo che non siamo fatti per stare insieme. Non riesco neanche a guardarti in faccia dopo quello che hai fatto.”
Ivar serrò la mano attorno alla stampella fino a sbiancare le nocche.
“Mi stai lasciando, Hildr?”
“No. Sei tu che hai lasciato me quando hai baciato Katya.”
Hildr era serena, sebbene pochi minuti prima avesse urlato come una forsennata, e quella calma irritava il ragazzo.
“Ho perso mia moglie e la mia migliore amica in un colpo solo.”
“Sì. – confermò lei – Però svolgerò il mio ruolo da comandante e braccio destro in battaglia come sempre. Quando e se torneremo a Kattegat, discuteremo di questo mio ruolo. Ho promesso a Odino e a Ragnar di starti accanto in qualsiasi situazione, ed è ciò che sto facendo. Manterrò il giuramento fatto. Per quando riguarda noi due, non c’è nessun legame d’amore o di amicizia. Hai fatto le tue scelte, Ivar, e ora devi conviverci.”
Ivar avrebbe preferito morire piuttosto che subire quella condanna: perdere Hildr equivaleva a perdere una parte di sé. Ma non si oppose, si limitò a fissare il vuoto con gli occhi che pizzicavano a causa delle lacrime.
“Come vuoi tu.”
“Perfetto. C’è altro da discutere?”
“No. Puoi andare, se vuoi.”
“Certo, re Ivar.”
Dopo che Hildr uscì dalla stanza, Ivar si asciugò una lacrima e represse i singhiozzi. Assurdo, pensò. Hildr lo aveva appena nominato ‘re Ivar’ per la prima volta da quando erano amici, e faceva male. Quel titolo bruciava come sale cosparso su una ferita aperta.

La Valchiria del Re (2) || Ivar The Boneless Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora