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Si risveglia con la sensazione orribile di soffocare. Pensa immediatamente al coronavirus, alla dispnea che provoca e il cuore prende a martellargli nel petto con foga terribile.
Si porta le mani alla bocca e si libera della mascherina, lanciandola lontano. Una patina di condensa si è formata nell'area di pelle coperta fino a un attimo prima, e Nicolas se l'asciuga con il dorso della mano, in allarme.
Prova a respirare.
È tutto ok.
Sospira.
Ha soltanto avuto un incubo, oppure la mascherina deve avergli dato l'impressione che gli mancasse l'aria.
Ma perché si è addormentato con la mascherina?
E perché la TV è accesa?
Non è nel suo letto...
Sente un movimento leggero contro la schiena e si volta di scatto.
Janis sta rannicchiata nel minuscolo spazio tra il muro e la sua schiena, il bracciolo schiacciato contro le costole.
La mascherina le è risalita sulla fronte e si è girata. L'elastico le ha lasciato un sottile segno rosso sulla pelle candida della fronte. Lo percorre con le dita, prima di sfilarle la mascherina. Prende i capelli che le ricadono sul viso e glieli porta all'indietro, indugiando un po' troppo a lungo in quei gesti.
Janis non si è mossa di un millimetro, ma adesso i suoi occhi sono spalancati.
Il suo modo di guardarlo le ricorda gli occhi sapienti dei cuccioli della Rossa, quando se ne stanno seduti ad aspettare che avvenga qualcosa, e poi sollevano i loro musetti seri sul nuovo arrivato, osservandolo con pacata curiosità dall'abisso delle loro iridi neroblu, indefinite e profonde, che ogni volta lo mettono in crisi.
«Sono tanto piccoli, eppure già così devoti» commenta Janis.
Solo in quel momento si rende conto di non aver solo pensato tutte quelle cose sui cuccioli e sui loro occhi sapienti, ma di averle dette ad alta voce. Di averle dette a lei.
Gli succede, se si sveglia di soprassalto nel cuore della notte, di non avere filtri tra i pensieri e la bocca. Sara lo definisce il suo «sonnambulismo provvidenziale», altrimenti, ammette, non avrebbe mai scoperto molto su di lui.
Nicolas si accorge che le sta ancora accarezzando i capelli e lei ha richiuso gli occhi.
«Non pensi che sia strano che tutto il mondo si senta in diritto di metterti sempre alla prova? I mammiferi di solito viaggiano in branco, e una volta guadagnatosi il loro posto al suo interno, ogni membro se ne sta tranquillo per il resto della vita o quasi. Ma tu non ce l'hai un branco... come fai sempre a difenderti da tutto e da tutti?»
Janis si gira sulla schiena e lui le fa un po' di spazio.
Si stropiccia gli occhi. Forse sta asciugandosi le lacrime?
O ha solo sonno?
Nicolas le sfiora le guance. Sono bagnate.
Ritrae la mano come se si fosse scottato.
Janis lo guarda a lungo, in silenzio.
«È il mio modo di essere libera. Forse io non sono un mammifero come gli altri. Forse sono un lupo solitario. Ho le mie malinconie, ma preferisco quelle alla gabbia di una società che mi vuole imprigionare in uno schema a tutti i costi.»
«Ora più che mai la società ci sta imprigionando in una gabbia. Casa nostra. Ma se tu non avessi incontrato me, che cosa avresti fatto per metterti in salvo?»
«È quello che mi chiedo ogni giorno anche io, Nico. E non lo so. Probabilmente mi sarei ammalata, nessuno mi avrebbe curata. Mi sarei nascosta e magari sarei morta da sola. Oppure sarei andata al Pronto Soccorso. Oppure non lo so. Da qualche parte un posto dove stare lo avrei trovato. Molto brutto e molto sporco, probabilmente. Sarei stata sola... insomma, un vero schifo. Ma invece sono qui. Io non penso mai molto né al futuro, né a come sarebbe potuta andare se... però ti sono davvero grata per la tua bontà d'animo. Sei ruvido ma hai un cuore d'oro» gli sorride, un sorriso stropicciato dal sonno.
«Resta qui» sussurra lui.
Lei lo guarda con aria interrogativa.
«Resta a vivere qui in casa con me. Non tornare nella dependance... staremo attenti a tutto. Ti lascio usare il bagno qui sotto, sarà solo tuo. E avrai anche la stanza degli ospiti. Ti comprerò on-line dei vestiti... dei libri...»
«E poi?»
«Poi penseremo alle galline e alle capre del vecchio Tobia. Penseremo ai piccoli, sapienti Rossini. Mi prenderò cura della tua mano ferita. Mi prenderò cura di te...»
Janis si asciuga di nuovo gli occhi.
«Fino a che non finisce la quarantena?»
Nicolas annuisce, guardandola speranzoso.
«E poi?» lo incalza lei.
«Poi il mondo non sarà più lo stesso, Janis.»


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