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Quando Nicolas era bambino, suo padre aveva un grosso cane nero, dal pelo folto e morbidissimo. Si chiamava Sam, e custodiva la casa con la sua presenza delicata e buona, che sapeva diventare micidiale verso le minacce.
Gli sembra di rivederlo, sdraiato sulle quattro zampe, al suo posto contro il muro della casa, mentre scruta il cortile con pacata solennità.
E mentre pensa a lui, Boss si materializza ai suoi piedi, piccola palletta di pelo soffice e caldo. Ha appena mangiato la sua pappina di latte di capra e carne tritata e ora si è accoccolato sulla sua scarpa, addentandogli le stringhe con i suoi minuscoli dentini da squaletto. Lo prende in braccio e sente affievolirsi l'ansia per il verdetto medico, che potrebbe arrivare in qualunque momento.
Lo squillo del telefono riempie la casa come un'ondata di speranza e terrore insieme.
Nicolas rientra affannato dal cortile e risponde.
Il tramonto gli scalda il colore degli occhi, rendendolo carico di sfumature dorate.
«Molto bene. Grazie» dice.
E riattacca.
Janis lo guarda dal bancone della cucina, le mani sporche di farina.
Nicolas cerca i suoi occhi. Poi sposta l'attenzione sulle sue labbra.
Janis arrossisce.
Leone si avvicina a lei, in un silenzio che sembra preannunciare il Fiat Lux della Creazione.
Il suo passo è deciso ma guardingo, da predatore, la faccia determinata.
Ma all'ultimo gli scappa un sorriso e lascia andare il fiato, trattenuto fino a quel momento, in un sospiro di sollievo.
«Negativo?» strilla Janis, lasciando cadere il mestolo.
Lui la prende tra le braccia e la solleva.
Lei gli stringe le gambe intorno ai fianchi. Ride, gettando indietro la testa.
Lui inizia a baciarle il collo. Lei gli posa le mani sulle spalle e gliele intreccia dietro la nuca.
Si guardano per un po', felici.
«Promettimi che non te ne andrai, nomade gitana che mi ha stregato il cuore. Promettimelo.»
Lei arrossisce ancora.
«Uao, ma quanto ardore» commenta, ma la voce le muore in gola.
Nicolas si sta avviando su per le scale, diretto in camera da letto.
«Promettimelo» soffia sul suo collo, adagiandola sul materasso.
Janis è spiazzata.
Lo desidera da morire, dalla prima volta che l'ha visto senza mascherina. Ma un conto è avere un'avventura, un conto è rimanere.
«Ti prego Janis... non lasciarmi anche tu...» inspiegabilmente l'agente Leone, uomo tutto d'un pezzo, sta piangendo sulla sua gola come un bambino.
Singhiozza disperatamente, inzuppandole lo scollo del vestito azzurro, che le ha mezzo aperto nella foga di poco prima.
Janis gli accarezza la testa. I capelli gli sono un po' ricresciuti e così lei può affondarci le dita dentro.
«E dove mai potrei andare?» dice a voce bassissima, come stesse riflettendo tra sé e sé. «Se avevo un sogno, era quello di viaggiare, di scoprire il mondo e, segretamente, speravo di trovarci mia madre, nel mondo. O mio padre. Spostandomi avrei avuto più possibilità di incontrarli, anche per caso. Sai mai, le coincidenze della vita... Ci ho sempre sperato...»
Nicolas l'ascolta rapito, la testa appoggiata sul suo seno, gli occhi lucidi.
«Ma in queste settimane ci ho pensato... non potrò più inseguirlo questo sogno. Non subito, almeno. Tra tutte le cose cui dovremmo rinunciare da ora in poi, mi sembra che viaggiare per cazzeggiare sia al primo posto. E non importa se uno viaggerebbe per trovare le proprie radici, se non puoi autocertificarla, una motivazione, allora è come se non ce l'avessi. E anche nei ristoranti, se mai riapriranno, chi mi assumerebbe più? Io non sono nessuno per la società di prima del Covid-19.»
Sospira, guardando fuori dalla finestra.
Il sole è tramontato e l'oscurità comincia a penetrare nella stanza, come il lembo di una nuvola.
«Ma sono qualcuno per te.»
Nicolas la guarda. È bella come una mattina di settembre.
«E lo sono diventata grazie all'epidemia e al Lockdown. A te ha fatto soffrire molto, perdere chi amavi... io non ci sono abituata, Nico... non ho mai amato nessuno, o meglio, nessuno ha mai amato me. Non so come si faccia, di preciso... ma prometto che ci proverò... per te.»
«Tu non devi provarci. Ti riesce già benissimo. Sei perfetta per me. Così come sei.»
Nicolas si tira su, poggiandosi sugli avambracci.
La guarda per secondi interi, che sembrano ere. E poi, finalmente, la bacia.

FINE

Bruce Springsteen, Human Touch, testo tradotto

Tu ed io eravamo i pretendenti
Abbiamo fatto in modo che tutto svanisse
E alla fine ciò che non vuoi perdere
Bhe, è il mondo che te lo porta via
Ragazza, non c'è dolcezza sul volto degli estranei
Non troveremo alcun miracolo qui
Bhe, puoi aspettare un dono benedetto mia cara
Ma io ho un affare da proporti in questo istante
Non sto cercando preghiere o pietà
Non sono venuto alla ricerca di un sostegno
Voglio soltanto qualcuno con cui parlare
E un po' di quel tocco umano
Solo un po' di quell'umanità

Non c'è pietà sulle strade di questa città
Niente manna a piovere dal cielo
Nessuno che trasformi questo sangue in vino
Siamo solamente tu ed io questa notte
Dimmi in un mondo senza pietà
Pensi che sia troppo quello che chiedo?
Voglio solamente qualcosa a cui attaccarmi
E un po' di quel tocco umano
Solo un po' di quell'umanità

Oh ragazza quel senso di sicurezza che tu desideri
Bhe, arriva a caro prezzo
Non puoi eliminare il rischio e il dolore
Senza perdere l'amore che rimane
Siamo tutti passeggeri su questo treno

Così sei stata distrutta e ferita
Mostrami qualcuno che non lo è stato
Si lo so, non sono un affare per nessuno
Ma perdio, un piccolo ritocco
E un po' di vernice...
Potresti aver bisogno di qualcuno a cui aggrapparti
Quando tutte le risposte non ti dicono molto
Qualcuno con cui semplicemente parlare
E un po' di quel tocco umano
Baby, in un mondo senza pietà
Pensi che sia troppo quello che chiedo?
Voglio solamente sentirti tra le mie braccia
Condividere un po' di quel tocco umano.

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