Capitolo 5

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Calum's POV

Mi sento un emerito cretino. So benissimo che cosa ha passato, so benissimo perchè è così chiusa, debole, indifesa. La sua situazione non è per nulla facile, eppure ho commesso un errore pesantissimo. Sembra che mi abbia perdonato, ma anche se sembra così non lo è affatto. Non mi perdonerà mai. Il preside mi aveva chiesto di proteggerla, in modo che si aprisse di più e superasse il trauma che ha subito, ma è come se stessi facendo tutto il contrario. 

Lei mi guarda, con il mio livido sotto l'occhio destro che pronuncia ancora di più la sua espressione confusa. I suoi occhi smeraldo al tramonto sono ancora più belli. 

" Per cosa?" per un attimo perdo il filo del discorso.

"ah... emmm, per quello che è successo ieri..."

"oh, non importa"

é così timida, così bugiarda. Le sue stesse labbra mentono. Le fisso che tremano, sono carnose e morbide, e mi viene un'irrefrenabile voglia di toccarle, o di baciarle. Ma mi trattengo. Non voglio sbagliare. Non ancora. 

" Ehi, torniamo a casa?" annuisce flebilmente sulla mia spalla e mi giro, pronto a tornare a casa. Ho preso una decisone. Non la toccherò mai più.

Lauren's POV

Mi sto addormentando addosso a Calum. A pensarci bene è una cosa imbarazzante, ma non riesco a tenere gli occhi aperti. E mentre ascolto il suo cuore attraverso la schiena crollo. La prima lacrima scende lungo la guancia, sfiorando il segno violaceo del pugno del mio amico. No, non è mio amico. Io non ho amici. Scende anche la seconda lacrima. Sono talmente debole da non riuscire neanche a camminare. Devo sempre contare sugli altri. Sono inutile. Sono solo un peso. La terza lacrima brucia terribilmente. Ora capisco tutto. Capisco perchè mia madre si sfogava su di me, capisco il pulsare delle botte sulla pancia, sui fianchi. Capisco la cicatrice sul collo. Io capisco tutto, ma gli altri non capiscono niente. Non capiscono tutti i segni sulle mie braccia. Non li vedono nemmeno. Sono anche invisibile. Ormai sto bagnando la maglietta del ragazzo che mi sta riportando a casa. Io lo so perchè lo fa. So che lo fanno solo per pena.

" Non sei obbligato a starmi vicino. Se vuoi puoi andare. Tanto, prima o poi, lo avresti fatto lo stesso". Non ricevo nessuna risposta. Solo il suo fiatone. Mancano solo cinquecento metri e ci siamo. Sono a cinquecento metri dal mio inferno. Calum mi lascia scendere dalla sua schiena davanti alla porta di quella che posso definire casa mia. Sento un "ciao" mugugnato con stanchezza, quasi gli dispiacesse dover parlare. Gli rivolgo un semplice cenno prima di prendere un respiro profondo e abbassare la maniglia del portone.

Le luci sono stranamente accese. Dalla cucina si sente il rumore dell'olio che frigge, e per un attimo temo che lei sia tornata. Poi mi ricordo che è impossibile. Si è uccisa. Per colpa mia. è sempre colpa mia. Ho rovinato la vita a tutti. Entro nella stanza illuminata, e vedo mio padre intento a non scottarsi. Quasi mi scappa una risatina. Quasi. è così buffo avvolto dal grembiule a fantasia floreale della nonna. 

"Uuuuh, il signor Kurt si sta impegnando..." mi rivolge un'occhiataccia come per dire - ho una figlia simpaticissima- e improvviso una risata, tanto è diventatoil mio sport. Fingere. 

" Vado a cambiarmi e vengo ad aiutarti" la mia voce è stranamente stabile.

Arrivata davanti alla porta della mia camera una voce mi fa spaventare. 

" Non sapevo fossi ancora capace di ridere" Un Ashton stressato mi si presenta accanto, i capelli ricci scompigliati, pantaloni neri della tuta e una maglia larga dello stesso colore. I piedi sono nudi sul pavimento di legno. 

" Cosa vuoi?"

" Senti, mi dispiace"

" ah bhe, logico. Mi ignori tutto il giorno, aspettandoti che magicamente tutto si risolva mentre tu sei con i tuoi amici a farti i cazzi che vuoi, e poi pretendi pure che io corra da te piangendo e perdonandoti? No. Ora parlo io. Non ho mai avuto le palle di dire le cose in faccia alla gente. Tutti mi hanno sempre messo i piedi in testa, e io ci stavo solo male per questo. Voi infliggete, io subisco. E sono certa che sarà così ancora per molto, troppo tempo. Ma anche se le carte in tavola non cambiano, non aspettarti che io ti perdoni. Non un'altra volta" mi sono sfogata. Finalmente ho detto quello che pensavo. A dire il vero l'ho quasi urlato, tanto che mio padre è corso ad ascoltare la nostra "conversazione amichevole".

Entro in camera sbattendo violentemente la porta e rotolo su letto troppo grande per me. Ora piango a dirotto. Oltre che a fingere, so fare pure questo. Ma questa volta è diverso. Sono lacrime amare, portano fuori tutto il marcio di me. Piango a dirotto. Piango fuori il mio cuore. 

Non so quanto sia passato da quando sono entrata in questa stanza per spogliarmi di tutti i pesi sulle spalle, fatto sta che non ci sono riuscita. L'unico modo per non sentire quello che ho dentro è fare in modo di non badarci, sentendolo fuori. Non sono una ragazza troppo bella. Guardandomi allo specchio vedo solo un'esile ragazza alta 1,65, che pesa solo 46 kili, piena di brutti segni. Quelli più evidenti sono sul busto, ma quelli più profondi sulle braccia. Ho cominciato circa sei mesi fa. Non ho più smesso. Ma non ci sono altri modi.

Sono una stupida? No. Sono solo realista.

Ashton's POV

Ho sbagliato. Era troppo debole per sopportare tutto, ma io sono così coglione da pensare col cazzo invece che con il cervello. Non posso essere attratto da mia sorella. Per la prima volta in vita mia mi sento in colpa. Sto cambiando. Lei si vede un brutta, ma vorrei solo dirle che è bellissima così comè, e che se la gente non lo vede è solo perchè guarda solo con gli occhi ma non con il cuore. I suoi difetti sono tutti sui suoi polsi. Li ho visti, quando l'ho spogliata. In quel momento volevo abbracciarla, confortarla, ma ero troppo orgoglioso per farlo. E lo sono pure ora per chiederle scusa. Non è arrabbiata. è solo ferita. La conosco bene.

Ormai è da quasi tre ore che se ne sta chiusa lì, e io sono fuori dalla sua porta da tutto questo tempo aspettando che esca. Busso ma nessuno risponde. Busso di nuovo. Ancora silenzio. Apro la porta e la vedo, lì, distesa sul letto. Il cuscino bianco sporco di nero, lei inerme sul materasso. Mi avvicino. Il respiro è regolare, ma so che lo ha fatto di nuovo. Sul comodino c'è la lametta sporca di sangue. Le alzo la manica e comincio a baciarle i polsi. Non si sveglia, ha il sonno pesante. La copro con la coperta e penso che non ha mangiato. Non sarebbe la prima volta. Le stampo un ultimo bacio sulla guancia coperta di lentiggini.

" Ti voglio bene sorellina"

Appena prima di chiudere la porta sento la sua voce assonnata e mi viene spontaneamente da sorridere.

" Anche io Ash..." 

Bad Dreams~Calum Hood~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora