Capitolo 12

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La testa era sul punto di scoppiare e il corpo non ne voleva sapere di muovere un singolo muscolo.

«Si può sapere che le è successo?» la voce di Ander arrivò ovattata alle mie orecchie.

«Da quanto dicono le analisi del sangue, sembra che abbia assunto sostanze stupefacenti.»

«Figlio di puttana.» sussurrò colpendo il letto su cui ero poggiata facendomi sussultare e aprire finalmente gli occhi. «Come stai?» si addolcì per un attimo.

«Non bene, credo.» sussurrai con voce rauca.

«Vi lascio da soli.» sorrise il medico rivolgendo uno sguardo comprensivo ad Ander, il quale annuì col capo tenendo salda la mia mano.

«A quanto pare ti hanno drogata.» disse freddamente.

«Si, ho sentito.» sospirai. «Non c'è bisogno che tu me lo ripeta.» guardai altrove.

«Avresti dovuto ascoltarmi.» mi afferrò il mento spingendomi a guardarlo negli occhi.

«Mi conosci, non l'avrei mai fatto.» risposi spostando la sua mano.

«Tu ti rendi conto del rischio che hai corso?»

«Ander, hai finito?» lo guardai nuovamente incontrando i suoi occhi.

«Ho finito? Olivia, ma stai scherzando?» gridò.

«Non sto scherzando! Mi sono appena svegliata a causa di non so quale tipo di droga e tu stai qui a rimproverarmi?» mi alzai col busto. «Capisci che la testa sta per scoppiarmi?»

«Perché dobbiamo litigare anche qui?» afferrò la testa tra le mani frustrato.

«Noi non dovremmo essere neanche qui.» affermai pensierosa ricevendo uno sguardo omicida da parte sua. «Avrei dovuto darti ascolto, hai ragione.» abbassai lo sguardo.

«Che cosa hai bevuto, piccola?» si avvicinò accarezzandomi la guancia.

«Non lo so.» sospirai prima che una lacrima rigasse il mio viso. «Voglio solo tornare a casa.»

«Tornerai a casa.» sorrise. «Il medico ha detto che le tue condizioni non sono gravi e dopo una visita ti lasceranno uscire.» mi strinse forte.

«Ander, i miei non devono saperlo.» sussurrai poggiando il mento sopra la sua spalla.

«Va bene, ma che sia l'ultima volta.» prese il mio viso tra le mani consolandomi.

«Se fossi andata via, saresti andato a letto con qualcuna di quelle?» chiesi innocente facendolo sorridere.

«Non l'avrei mai fatto.» mi spostò una ciocca di capelli dalla fronte. «Lo vuoi capire che non ti tradirei mai?»

«Ragazzi, siete liberi di uscire.» sorrise il medico. «Le analisi sono a posto quindi andate pure.»

Sorrisi abbracciando il mio fidanzato, felice di tornare a casa.

«Ce la fai a camminare?» chiese guardando quanto stessi muovendo lentamente le gambe, ma non mi diede nemmeno il tempo di rispondere che mi prese tra le sue braccia come una principessa.

«Non ce n'era bisogno.» sorrisi avvolgendo le braccia attorno al suo collo prima di baciargli la guancia.

«Hai bisogno di riposare.»

«Grazie.» sussurrai al suo orecchio prima che entrassimo in auto.

«Non devi ringraziarmi.» mise la chiave nel nottolino per poi girarla e guidare verso casa mia. «I tuoi ti uccideranno.»

«È così tardi?» chiesi cercando il cellulare nella mia borsa. «Cosa? Sono le tre del mattino?» quasi gridai spalancando gli occhi.

«Ci sarà un modo per entrare senza essere scoperti, no?»

«La porta sul retro.» risposi pensierosa. «La lasciamo sempre aperta dato che per entrarci bisogna prima aprire un portoncino.»

«Hai le chiavi?»

Annuii tirandole fuori.

«In effetti me la meriterei una doppia punizione.» risi.

«Non posso darti torto.» mi fece l'occhiolino prima di parcheggiare l'auto e scendere.

«Vieni con me e non fare rumore.» sussurrai inserendo le chiavi nella serratura e dopodiché dirigendomi verso la porta sul retro, togliendomi i tacchi. «Sali in camera.» lo incitai a raggiungermi per poi chiudere la porta a chiave.

«È stata una nottataccia.»

«Potrebbe migliorare se solo restassi con me.» mi aggrappai al suo braccio tirandolo sotto le coperte con me.

«I tuoi genitori l'altra volta non mi hanno scoperto, ma ciò non significa che domani funzionerà di nuovo.» sussurrò accarezzandomi.

«Che ci scoprano.» dissi con la voce impastata dal sonno. «Non andare via.» furono le ultime parole prima di chiudere gli occhi e addormentarmi.

La luce del sole entrò il mattino dopo dalla mia finestra illuminando la stanza.

«Olivia! Su, alzati.» bussò insistentemente mia madre.

«Sono sveglia, arrivo!» sbuffai prima di aprire la porta.

«Buongiorno!» esclamò sorridendomi. «Dormito bene?»

«Si, perchè me lo chiedi?» sospirai grattandomi la nuca.

«Nulla, stanotte ho sentito dei rumori.» fece spallucce.

«Oh si, avevo sete e non so come ho perso l'equilibrio cadendo dalle scale.» afferra i vestiti dall'armadio.

«Oh, certo.» sogghignò. «Io vado, ci vediamo a pranzo.»

«A più tardi.»

«Ah, Olivia.» si fermò prendendo un respiro. «Evita ti farlo uscire dalla finestra, potrebbe farsi male.» mi fece l'occhiolino facendomi imbarazzare.

«Mia madre sapeva che tu dormissi con me.» risi sistemandomi lo zaino in spalla.

«Una preoccupazione in meno.» sorrise grattandosi la nuca imbarazzato. «Sai, stamattina non avevo per niente voglia di alzarmi dal letto.»

«Dopo aver fatto quell'ora per colpa mia, ci credo.»

«Olivia, sei la mia ragazza.» sbuffò.

«Appunto, dovrei essere la tua ragazza e non un peso.»

«Non sei affatto un peso, maledizione!» si fermò lungo il tragitto. «Tu mi piaci tantissimo e non potrei minimamente definirti un peso.»

«Dici sul serio?» sorrisi aggrappandomi al suo collo.

«Dico sul serio.» unì le nostre labbra in un tenero bacio, proprio come quello dei film.

«Piccioncini, è l'ora di entrare in classe.» disse Samuel dando una pacca sulla spalla ad Ander prima di entrare.

«È solo geloso.» sfregò i nostri nasi.

«E di cosa?» risi scuotendo il capo.

«Di me, di te. È geloso del fatto che tu sia solo mia.» sussurrò al mio lobo.

«Non provocarmi, Muñoz.»

«Va bene, va bene.» alzò le braccia al cielo prima di avvolgermi le spalle ed entrare a scuola abbracciati.

Dangerous boy || Arón PiperDove le storie prendono vita. Scoprilo ora