ITALIAN TIRAMISU'

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Si era fatta l'una di notte quando arrivammo in hotel dopo il concerto. Eravamo tutti sfiniti, da io che avevo cantato per due ore all'ultimo dei tecnici della luce, ma c'era una certa soddisfazione nell'aria. Io e le persone con cui avevo fatto amicizia quel giorno non riuscivamo neanche a camminare da quanto eravamo stanchi, eppure continuavamo tutti a commentare il concerto mentre cercavamo le stanze che ci erano state assegnate. Mano a mano che le trovavamo ci salutavamo e ci auguravamo la buonanotte, come se fossimo tutti amici di vecchia data.

Sospirai dalla contentezza quando trovai la mia stanza. Mi ci chiusi dentro e mi buttai direttamente sul letto, ma dopo qualche secondo constatai che ero troppo sudato per dormire così. Strisciai giù dal letto e andai a farmi una doccia che voleva essere veloce ma che non lo fu affatto. Quando mi infilai davvero a letto, armato di pigiama e sveglia per la mattina successiva, erano le due.

Ci provai a dormire. Giuro, ci provai davvero. Ero stanco morto, ma mi bastò abbassare le palpebre per sapere che non mi sarei addormentato. La mia testa era piena di musiche, colori, visi nuovi, conversazioni divertenti... Potevo dire con certezza di avere appena vissuto la giornata più bella della mia vita e la cosa mi spaventava un po'.

Quando si fecero le tre ero più sveglio che mai. Fuori dalla mia stanza era sceso il silenzio ed io avevo spento le luci, ma ormai era chiaro che non avrei preso sonno. Probabilmente avrei cercato di distrarmi cercando un film alla televisione se non fosse sorto un enorme problema: avevo fame. Tanta fame. Il genere di fame che non ti permette di pensare ad altro.

Scesi dal letto e aprii il frigorifero della stanza. Non c'erano altro che bibite e alcolici, per cui lo richiusi subito dopo e mi misi le mani sui fianchi per valutare il da farsi. Non avevo molta scelta per cui, senza nemmeno infilare un paio di ciabatte, mi misi una felpa sopra il pigiama e uscii dalla mia stanza con giusto le chiavi in tasca e qualche moneta.

Iniziai ad aggirarmi per l'hotel. La moquette era ruvida sotto ai miei piedi e mi sentivo un ladro a muovermi con aria così losca, ma non c'era niente di male dato che le luci dei corridoi erano perennemente accese, giusto? Se la gente poteva entrare e uscire a qualsiasi ora della notte non ci sarebbero stati problemi se io girovagavo e basta. Il principio era lo stesso.

Ma per quanto esplorassi non stavo trovando alcun distributore di snack. Mi facevo tintinnare le monetine in tasca mentre mi guardavo attorno, ma me lo sarei dovuto immaginare che un hotel di lusso non si sarebbe abbassato a tanto. Andai ad accovacciarmi su uno dei tanti divanetti, triste e affamato come si può essere soltanto lontani da casa.

Stavo contando i secondi da un po' quando vidi un movimento in fondo all'atrio in cui mi trovavo. Il mio primo istinto fu quello di nascondermi dato che ero in pigiama e si supponeva che non mi dovessi trovare lì, ma una seconda occhiata mi permise di osservare il nuovo arrivato. Più veniva verso la luce più mi rendevo conto di chi era. Mi illuminai.

"Jeremiah?"

Jeremiah perse tre anni di vita a giudicare dal salto che fece. Si tenne una mano sul petto come se il cuore stesse per schizzargli via e quando i suoi occhi mi trovarono abbacchiò la schiena. Mi guardò con l'aria di chi mi avrebbe strozzato volentieri, ma io fui più che felice di uscire dal mio nascondiglio. Ero così contento di aver trovato qualcuno con cui spezzare quella notte infinita.

"Che ci fai in giro?" gli chiesi "Anche tu non riesci a dormire?"

"Più o meno. Ero uscito a bere qualcosa."

"Oh."

Effettivamente avevo zero spirito di osservazione. Jeremiah era vestito di tutto punto, indossava anche quella giacca di pelle che gli avevo già visto addosso. Se l'avessi toccata sarebbe stata fredda, probabilmente, come la punta del suo naso arrossato.

THE LOVING ONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora