UN METRO DI PIZZA

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(Spaccafamiglie)

Jeremiah si era procurato un'altra sigaretta dopo essersi vestito. L'aveva fumata mentre sistemava l'appartamento dal maremoto di prima, poi ne tirò fuori un'altra mentre Simon e Tyler si svegliavano e una terza quando salimmo in macchina. Fumò con un braccio fuori dal finestrino e finì soltanto quando arrivammo sotto ad un edificio piuttosto bruttino. Parcheggiammo e ne attraversammo l'entrata senza tanti complimenti.

Mi aspettavo di dover salire, così com'era stato con il loro appartamento, invece ci ritrovammo a scendere. E fu soltanto quando aprirono l'ennesima porta che smisi di pensare che mi stavano portando in uno scantinato.

Mi trovavo in un seminterrato. C'era tutto, bagno, cucinotto, era come un minuscolo appartamento al limite dell'illegalità, ma con l'unica differenza che non c'erano camere da letto e le pareti erano insonorizzate. Il mobilio consisteva in strumenti musicali e cavi elettrici, più qualche divanetto sparso qua e là. Era uno studio.

I ragazzi presero posto secondo una routine che non conoscevo. Si tolsero giacche e borse per ammonticchiarle tutte da una parte, aprirono un paio di finestrelle e fecero cambiare l'aria. Dopodiché Simon andò alla batteria e si cavò la felpa, mettendosi in maniche corte anche se non faceva caldo. Tyler armeggiò con i cavi che si intrecciavano per tutto il pavimento e montò l'asta di un microfono, Jeremiah andò a scegliere una chitarra. Ne aveva quattro appese ad una parete e dovette tastarle un po' tutte per capire quale avrebbe suonato quel giorno.

In tutto questo io non sapevo dove andare. Li guardavo dalla porta con le mani nelle tasche posteriori dei jeans, in attesa di istruzioni.

"Vieni qui." mi disse Tyler, leggendomi nel pensiero. Modulò il microfono all'altezza della mia bocca, poi andò ad imbracciare il suo basso.

"Cosa suoniamo?" chiesi nel microfono. Era già acceso.

"Che canzoni conosci? Delle nostre, intendo."

"Non so... Le più famose di sicuro, per le altre avrei bisogno dei testi sotto."

Jeremiah sbuffò e diede una pizzicata alle corde.

"I testi sotto... Che facciamo, scarichiamo un video karaoke da YouTube?"

Mi stava prendendo in giro, ma non sapevo che farci. Nessuno mi era mai apparso in sogno per dirmi che un giorno avrei avuto la possibilità di far parte di una delle più grandi band del momento, per cui non era colpa mia se non ero all'altezza delle sue richieste.

"Cantane una che sai bene, Charlie." mi suggerì Simon. "Le parole che non sai le armonizzi e basta, continui come se niente fosse."

"Okay. Allora cominciamo."

Iniziai con la prima canzone che mi venne in mente. Loro si aggiunsero un po' alla volta, si incastravano perfettamente anche se partivano in momenti diversi, ma io lo sentivo che stavano prestando attenzione soltanto a me e alla mia voce. Suonavano per accompagnarmi, esitanti come chi non sa dove mettere i piedi in una strada infangata.

Dopo un po' tolsi il microfono dall'asta e mi voltai verso di loro. Avevo bisogno di sintonia, di complicità, di farmi dirigere nel canto in un qualche modo. Trovai Tyler che già annuiva, sillabava la canzone come se potesse imboccarmene le parole, ma c'era della distanza mentale fra me e loro. Un conto era suonare una canzone che non è tua con gli amici delle superiori, un altro era dimostrare di non volerla storpiare quando sei davanti ai legittimi proprietari. Devo ammetterlo, ero in difficoltà.

Quando arrivò il ritornello Jeremiah mi si fece vicino. Non disse niente, si limitò a continuare a suonare mentre mi guardava.

Il suo sguardo era insistente. Mi opprimeva. Bastava per farmi capire che non stavo facendo del mio meglio e Jeremiah lo confermò quando cominciò a darmi delle vere e proprie istruzioni a voce. Più acuto, più lento, usa il falsetto, tieni la nota, più forte che non ti sento. Cominciava a darmi sui nervi ed era proprio questo quello che lui voleva.

THE LOVING ONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora