CHARLIE MANIA

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Quella sera fui spedito direttamente in hotel. Samantha salì con me in auto e si assicurò di farmi arrivare sano e salvo in camera mia, poi mi tolse le scarpe e mi mise a letto, ma le sue cure materne erano farcite di rimproveri.

Nemmeno lei sapeva cosa pensare dello spettacolo che avevo improvvisato sul palco. Da una parte mi aveva visto cresciuto e il pubblico aveva partecipato con entusiasmo, ma dall'altra avevo fatto tutto senza il suo consenso. Mi fece un po' pena in quell'occasione. Fin da quando mi era stata assegnata come manager mi ero ripromesso di darle retta, di seguire i suoi consigli e di mettere la sua opinione davanti alla mia, invece in quel momento non riuscivo nemmeno ad ascoltarla. Annuivo a tutto quello che diceva mentre tenevo la testa riversa sul cuscino, ma non facevo altro che pensare a Jeremiah.

Avevo cantato una canzone che avevo scritto pensando a lui. L'avevo cantata davanti a tutti i nostri fan e più me ne rendevo conto più sentivo qualcosa scaturirsi dentro di me.

Ovviamente sapevo che mi era sempre piaciuto. Non avevo fatto altro che sbavargli dietro da quando lo avevo conosciuto, avevo sempre desiderato passare una notte con lui (ma anche un'ora, mezzora, una sveltina di dieci minuti) e non pensavo che quell'attrazione morbosa sarebbe potuta diventare qualcosa di più. Come succede tutte le volte che si ammette qualcosa ad alta voce, i miei desideri si erano delineati e improvvisamente volevo che Jeremiah provasse qualcosa per me. L'affetto si era insinuato nell'attrazione che provavo per lui e aveva guastato tutto, trasformandolo in qualcosa che non ero sicuro di volere, ma che mi scaldava il petto.

A una certa mi addormentai. Non so per quanto tempo Samantha rimase al mio capezzale, ma quando riaprii gli occhi era mattina. La luce filtrava dalle finestre della mia stanza d'albergo senza essere fastidiosa e il cinguettio di qualche uccello rendeva tutto molto idilliaco.

"Oh, guarda! Si sta svegliando, si sta svegliando!"

Qualcuno mi prese la mano, un'ombra mi si avvicinò e coprì il sole. Ci misi un po' a mettere a fuoco i miei visitatori, ma quando lo feci tentai subito di alzarmi a sedere. La voce mi uscì come un rantolo.

"Maggie! Mamma!"

Le due scoppiarono in mille ovazioni. Non importava che fossi un microbo vivente, mi si gettarono addosso e mi abbracciarono, felici. Non ci vedevamo da mesi. Con Maggie era quasi un anno intero.

"Ma cosa ci fate qui?" chiesi, guardando da una all'altra perché non sapevo chi mi era mancata di più. "Papa dov'è?"

"Abbiamo visto i video su Internet." disse mamma. "La tua manager ci ha detto che avevi la febbre e si è offerta di prenotarci il primo volo per raggiungerti. È stata molto felice di scaricarti alle nostre cure. Ci tocca fare le crocerossine."

"E non devi preoccuparti." aggiunse Maggie. "Hanno già annullato il concerto di questa sera. Ordini del medico."

Guardai da mia sorella a mia madre con un mezzo sorriso. Avevano menzionato dei video su Internet, ma non avevo idea di che cosa intendessero. Cercai di capirne qualcosa di più ascoltando il loro chiacchiericcio allegro, ma dopo pochi minuti qualcuno bussò alla porta ed entrambe si zittirono. Si voltarono a guardarla come se questa potesse aprirsi da sola, ma quando passò qualche secondo Maggie mi lasciò le mani e andò ad aprire. Da dove mi trovavo non riuscivo a vedere chi era, ma Maggie sgranò gli occhi e questo fu sufficiente per farmi preoccupare. Cercai di sollevarmi a sedere.

"Chi è, Maggie?" chiesi.

"È Samantha?" le chiese mamma.

Maggie si voltò verso di noi. La sua espressione stupita si aprì in un sorriso incredulo.

* * *

Nella hall dell'albergo si respirava una certa aria di vacanza. La troupe era stata informata che quella sera non si sarebbe tenuto nessun concerto e, nonostante fossero tutti dispiaciuti, non si poteva dire che non si stessero godendo il giorno di riposo. Le ragazze si erano procurate dei drink e si erano tuffate nella piscina dell'albergo, la maggior parte degli uomini si erano spaparanzati davanti al grande televisore del salotto comune per seguire una partita... L'unica a non avere pace era Samantha. Era seduta al bancone del bar a prendere un caffè, ma il suo telefono squillava di continuo e lo schermo del suo tablet si illuminava all'arrivo di ogni notifica. Lei stava cercando di ignorare entrambi, ma dopo un po' si scocciò: prese il cellulare e fece per metterlo in silenzioso, ma l'occhio le cadde su una delle tante notifiche.

THE LOVING ONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora