Jeremiah odiava essere guardato mentre mangiava. Un tempo non ci faceva nemmeno caso, era così magro che tutti lo avrebbero imboccato pur di vedere qualche chilo in più sulle sue gambe da airone, ma era diventato il suo incubo da quando si era fidanzato con una modella.
A lei non importava quanto mangiava, ma cosa mangiava. Alla fine di ogni pasto gli diceva esattamente quanti zuccheri aveva trangugiato, lo sgridava se lo beccava a fare uno spuntino a mezzanotte e gli ricordava sempre più spesso che sarebbe morto di diabete entro i trent'anni. Erano arrivati al punto di litigare perché lei buttava i suoi snack senza dirgli niente, per cui Jeremiah aveva preso dei provvedimenti: al posto di sprecare energie in discussioni inutili, andava a mangiare fuori casa il più possibile.
Per questo, una fredda mattina di primavera, Jeremiah andò a fare colazione in un caffè. Si piazzò davanti alla vetrina dei dolci e ne indicò almeno cinque alla barista, dopodiché andò a sedersi. Il locale era piuttosto vuoto a quell'ora. Gli abitanti di Filadelfia erano a lavoro da un pezzo e la maggior parte dei tavoli erano liberi, per cui lui poté evitare di isolarsi in un angolo: si piazzò ad un tavolo bello grande, in piena luce, attaccato ad una vetrata. Non appena gli portarono il cappuccino lo affogò di zuccherò, poi arrivarono i suoi dolci.
Jeremiah non pensava a nulla mentre mordeva, masticava e mandava giù. Il suo sguardo era fisso nel vuoto, il corpo non si muoveva. L'unica cosa che lo teneva vagamente connesso al mondo era l'udito. Oltre al rumore croccante del pane tostato che si spezzava sotto ai suoi denti, sentiva in lontananza il vago chiacchiericcio degli altri clienti, il tintinnio delle stoviglie in cucina, la musica che usciva dalle televisioni sparse per il locale, la mia voce...
La mia voce?
Improvvisamente catturato dalla realtà, Jeremiah tornò a mettere a fuoco il mondo attorno a sé. Si guardò attorno e non smise di agitarsi finché non mi trovò.
La mia faccia era in televisione. In tutte le televisioni del locale, per l'esattezza. Jeremiah venne investito da un'ondata di sollievo nel realizzare che non ero fisicamente lì, ma si dimenticò di certi dettagli quando capì cosa stava guardando.
Con il passare degli anni e delle stagioni, Jeremiah sapeva esattamente cosa fare quando annunciavo un mio nuovo singolo. Appena usciva su Spotify lo ascoltava abbastanza volte da avere un giudizio professionale, poi lo bandiva dai suoi motori di ricerca. Non voleva che gli fossero consigliati altri contenuti simili, non voleva le mie canzoni nelle sue playlist e non voleva vedere il video ufficiale, ma ultimamente era stato impegnato. Aveva letto da qualche parte che stavo per rilasciare della nuova musica, ma non si era segnato la data ed era così che era finito inchiodato a quel tavolo con il naso per aria e gli occhi pieni di me.
"Finally (New Lover)
It took so long (New Lover)
I've been waiting (New Lover)
For a new lover (New Lover!)"
Era tutto rosa. Fu questa la prima cosa che Jeremiah afferrò a colpo d'occhio. I miei capelli erano rosa, le lenzuola sotto di me erano rosa, tutta la pelle che avevo in vista era rosa. Gli unici elementi che spezzavano la monocromia erano i miei pantaloncini da danza neri e l'accappatoio bianco, ma quest'ultimo non contava molto dato che mi scivolava continuamente giù dalle spalle.
Mi trovavo su un enorme letto matrimoniale e stavo ballando. La maggior parte della coreografia sembrava improvvisata, ma ogni mio movimento era ben studiato e sfociava nella danza. Mi arrotolavo fra le lenzuola, mi lasciavo sprofondare nei cuscini, mi tiravo indietro i capelli e finivo per accarezzarmi il collo, il petto, lo stomaco, il tutto mentre mantenevo il contatto visivo con la telecamera e sorridevo come chi è in pace con se stesso.
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THE LOVING ONE
RomanceCharlie ha ventidue anni e sogna di fare il cantante. Quando gli viene proposto di partire in tour coi J-EY, una delle rock band più popolari del momento, coglie l'occasione al volo, ma la sua scalata verso il successo non sarà tutte rose e fiori. ...