"Mancano poche ore alla fine del tour estivo dei J-EY!" esclamò una giornalista. "Il sole splende, i fan sono in fila e i biglietti sono sold out da settimane, ma se non siete tra i fortunati che vedranno il concerto dal vivo, potete seguirlo sul canale 67 o in streaming dal nostro sito! Ma andiamo ad intervistare i protagonisti di questa giornata. Allora, Charlie, sei nervoso?"
La giornalista mi mise il microfono davanti alla bocca.
"Un po'. Per la televisione."
"Tranquillo, facciamo tutti il tifo per te! Restate collegate con noi, dopo una breve pubblicità faremo quattro chiacchiere con i J-EY!"
"Eeeeee stop!" esclamò l'uomo dietro alla telecamera. La giornalista lasciò cadere il suo sorriso sovreccitato e si sbottonò la camicetta. C'era un caldo afoso e lei cominciò a incolpare la ragazza che le aveva fatto il trucco per il mascara che le stava colando sulle guance.
Erano le sei del pomeriggio. Io, Simon e Tyler ci trovavamo fuori dall'arena, in una zona riservata agli addetti ai lavori, ed eravamo circondati da una piccola troupe. Dietro di noi c'era un enorme cartellone con le nostre facce e nell'aria risuonava il vociare continuo della folla che aspettava l'apertura dei cancelli, ma per noi era impossibile goderci l'emozione dell'ultima data. Non facevamo altro che controllare l'orario e ci lanciavamo delle occhiate nervose.
"Dove cazzo è Jeremiah?" chiese Tyler a denti stretti.
"Mi aveva detto che tornava questa mattina." dissi io.
"Potrebbe aver perso l'aereo." ipotizzò Simon.
"Perché allora non chiama?" sbottò Tyler, per niente rassicurato. "Si può sapere perché è tornato a Filadelfia? Non poteva aspettare tre giorni?"
Simon fece un gesto vago, ma io mi misi una mano fra i capelli.
"Forse..." dissi. "Forse è colpa mia. La sera prima che partisse, io ho- Insomma, noi abbiamo-"
"Non ci devi nessuna spiegazione, Charlie. Non sei tu il problema." mi interruppe Tyler. "Deve capire che non ci si comporta così. Quando arriva non dobbiamo dargli corda, soprattutto tu. Niente smancerie. Sii un pezzo di ghiaccio."
Annuii vigorosamente per convincermi che era la cosa giusta da fare. L'argomento sembrava chiuso, ma poi la giornalista che era con noi aguzzò la vista e si parò gli occhi dalla luce del sole.
"Quello non è Russo?"
Ci voltammo tutti quanti. I giornalisti, le macchina da presa, Simon, Tyler, io.
Appena sceso da un taxi che ripartì subito dopo averlo scaricato, Jeremiah in persona stava camminando verso di noi. Non aveva alcuna fretta, si trascinava in avanti con le sue gambe lunghissime e si lasciava ammirare da lontano, già intento a fumare. Era più smagliante di quanto non fosse stato negli ultimi tempi. Indossava una maglietta scollata, dei pantaloni lunghi e degli occhiali da sole nerissimi che nascondevano i suoi occhi, ma non la piega sorridente della sua bocca.
"Jer!" lo chiamai. Il mio urlò assordò tutti i presenti, ma questi non fecero in tempo a guardarmi storto che io mi feci largo fra le loro attrezzature e corsi incontro al mio ragazzo. Simon e Tyler non poterono fare altro che sospirare.
"Ecco, appunto. Un pezzo di ghiaccio."
Corsi più che potei. Non rallentai nemmeno quando arrivai a un metro da Jeremiah, spiccai un salto e gli buttai le braccia al collo. Lui ebbe la prontezza di acchiapparmi al volo, ma si ritrovò a vacillare da una parte all'altra della strada. Per salvare entrambi da una caduta rovinosa, mi diedi giusto il tempo di premere il viso nei suoi capelli, poi rimisi i piedi a terra.
STAI LEGGENDO
THE LOVING ONE
RomanceCharlie ha ventidue anni e sogna di fare il cantante. Quando gli viene proposto di partire in tour coi J-EY, una delle rock band più popolari del momento, coglie l'occasione al volo, ma la sua scalata verso il successo non sarà tutte rose e fiori. ...