MEZZANOTTE

307 20 28
                                    


Per celebrare l'arrivo dell'anno nuovo, i J-EY erano volati in Nevada, a Las Vegas. Partecipavano alla diretta televisiva di un grosso concerto con un infinito numero di cantanti e sarebbero stati sicuramente fra gli ultimi della scaletta, data la loro fama mondiale. Non sapevo se la cosa giocasse a mio favore o meno, ma era inutile farmene un cruccio.

Dopo aver cercato su Internet le informazioni che mi servivano, mi precipitai all'aeroporto di New York. Passai quattro ore e mezza di volo a pregare di andare più in fretta, poi chiamai un taxi ed imprecai per ogni minuto in cui restai bloccato nel traffico di Las Vegas. Quando arrivammo davanti allo stadio in cui si teneva il concerto, non diedi nemmeno il tempo al tassista di fermarsi: spalancai la portiera e gli lanciai una banconota da cinquanta dollari, poi iniziai a correre. Mi precipitai a rotta di collo verso i cancelli e tirai un sospiro di sollievo nel vedere che c'era ancora un buttafuori dietro al bancone dove si controllavano borse e zaini. Gli corsi incontro e mi aggrappai a quel bancone come se fosse la mia ancora di salvezza.

"Come si raggiunge il backstage?" chiesi, senza fiato.

"Prego?"

"Il backstage. Come ci arrivo?"

Silenzio stampa. Per qualche secondo non udii altro che il pulsare del mio sangue nelle orecchie e la musica ritmata che proveniva dall'interno dello stadio. Il buttafuori mi stava guardando come se fossi un moscerino fastidioso.

"Mi scusi." dissi, riconoscendo che non mi ero presentato nel migliore dei modi. Raddrizzai la schiena e mi tolsi il berretto che nascondeva i miei capelli rosa, poi feci un bel sorriso e porsi la mano destra in avanti. "Salve, sono Charlie Smith. So che il mio arrivo non era previsto, ma posso accedere al backstage? È importante."

"Charlie chi?"

"Charlie Smith."

"Non ho nessuno Smith in lista."

"Sono un cantante anche io. Conosco la metà degli artisti che si stanno esibendo, può chiedere a chiunque."

"Niente Smith. O hai un biglietto o sei pregato di andartene."

"Ma io-"

Stufo delle mie chiacchiere, il buttafuori mi fece vedere la radiolina che portava alla cintura. Io alzai entrambe le mani in alto e feci un bel passo indietro, sorpreso.

"Okay, okay..." dissi. "Me ne vado."

Con un grugnito soddisfatto, il buttafuori tornò a rilassarsi. Io mi rimisi il cappello in testa, poi gli diedi la schiena e mi allontanai. Cercai un'entrata secondaria, forzai la maniglia di una porta chiusa a chiave e rischiai di farmi beccare da un paio di uomini della sicurezza. Alla fine, esasperato dalla mancanza di soluzioni e con la stanchezza della corsa contro il tempo che iniziava a farsi sentire, mi sedetti sul muretto di un'aiuola e accesi una sigaretta per scaldarmi.

La situazione non era delle migliori. Avevo raggiunto lo stadio, okay, ma adesso?

Feci uno squillo a Tyler e Simon: non rispondevano. Valutai l'idea di aspettare la fine del concerto per intrufolarmi nell'edificio mentre tutti uscivano. Pensai di chiamare i Grand Hotel della zona per scoprire dove pernottavano i J-EY e incontrarli direttamente là. Pensai anche di mandare un messaggio a Simon e basta, dicendogli di contattarmi il mattino successivo, ma ognuno di questi piani aveva la stessa, terribile falla.

Non potevo aspettare oltre per parlare con Jeremiah. Sì, avevo sopportato un intero viaggio da New York a Las Vegas, ma il coraggio stava iniziando a venirmi meno ed io non volevo perdere quella spinta che mi aveva infuso il discorso di Mark. Qualcosa nella mia vita doveva cambiare e doveva farlo entro mezzanotte, a qualsiasi costo.

THE LOVING ONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora