Odi et amo

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Conosco i wgf sin da quando avevo 8 anni. Ero la migliore amica di Alex e giocavamo spessissimo ai videogiochi, fin quando non mi presentò gli altri del gruppo. Da allora diventammo più di semplici amici, infatti per me i wgf sono come una seconda famiglia. Anzi come la mia unica famiglia. Purtroppo il mio nucleo familiare si è spazzato anni fa, quando mio fratello Andrea è partito per l'università e non facendosi più sentire e quando l'altro mio fratello, Paolo, è stato bocciato agli esami del 5 anno ed è scappato con la sua ragazza. Da allora le cose sono sempre andate peggio. La banca dove avevamo depositato tutti i nostri risparmi è fallita. Mia madre ha perso il lavoro, e dopo qualche mese ha sorpreso mio padre tradirla con un'altra. Lui si giustifica dicendo che aveva bisogno di un'antistress per il troppo lavoro. Mia madre ha pianto tanto, e mio padre continuava a gettare la colpa su di lei, ma non hanno volturo divorziare, nella speranza che Paolo e Andrea tornassero hanno deciso di voler fargli trovare tutto come lo avevano lasciato. Ma questo non gli ha impedito di continuare il litigio. Di giorno il silenzio è sormontato dalle urla dei miei, dal rumore di oggetti infranti, e dal suono di mobili scagliati per aria. Di notte invece si sentono solo i borbottii e gli schiamazzi di mio padre ubriaco. Mente mia madre si chiude in camera, ma non prima di aver preso uno o due sonniferi. Poi, appena si sveglia, tutto ricomincia.
Ho chiesto più volte ai miei genitori quando avrebbero smesso di comportarsi così, è la risposta era sempre la stessa -quando i tuoi fratelli torneranno- questo compromesso mi andrebbe pure bene se solo non vivessi con loro. Purtroppo sono costretta a rimanere in quella casa, sono ancora troppo piccola per andare all'università e lasciarmi quest'inferno alle spalle. Ma non così tanto, ormai mi mancano solo 1 anno e 32 giorni di sofferenza.
Dopodiché sarò libera!!!
Reputo i wgf come una vera famiglia anche per il rapporto che ho costruito con loro. Ad esempio il e Lyon sembriamo pare e figlia. Mentre reputo Anna come una madre. Mario e Stefano sono come due zii, pronti ad aiutarmi in qualsiasi momento, sopratutto se devi fare qualcosa che Lyon o Anna non devono sapere. Poi c'è Strecatto, che mi vede come una sorella maggiore, è sempre contento di vedermi e ogni volta che è in difficoltà viene da me a chiedermi aiuto. Sono felice di essere il suo l'unto di riferimento. Giorgio e Alex si comportano come fratelli nei miei confronti (come i fratelli che tutti vorrebbero avere) facciamo tutto insieme, siamo complici, e siamo unitissimi, parliamo di tutto e di più, e spesso mi chiedono consigli anche sulle loro vite amorose. Poi c'è Cico... quello si comporta come un fratello maggiore: ogni volta che ci rivolgiamo la parola c'è sempre una scusa per iniziare ad offenderci e a sbraitare come cani. Non possiamo rimanere in una stanza da soli che dopo cinque minuti ci scanniamo come bestie. O almeno, è quello che provo a fare io, ovviamente lui è molto più forte e più alto di me, quindi non ha problemi a parare tutti i miei colpi, e mi prende sempre in giro ogni volta che mi immobilizza mentre che io mi dimeno invano. Ma nonostante ciò ci vogliamo molto bene, se qualcuno ha un problema e l'altro riesce a capirlo facciamo di tutto per aiutarci, indirettamente certo, ma ci aiutiamo.
La scuola rifinita da un paio di giorni, le vacanze estive sono iniziate per tutti e il famigerato messaggio è arrivato: quest'inverno ho detto a Giorgio che non avevo mai passato una vacanza lontano da casa mia, lui l'ha detto a tutti e Stre si è proposto di ospitarci per ben tre settimane a casa sua a Lipari. I suoi non ci sono mai e, dato che siamo tutti maggiorenni e, quasi tutti responsabili, i suoi hanno acconsentito ad ospitarci per così tanto tempo a casa, senza la loro presenza. Eravamo tutti felici per questa vacanza, ma io in particolar modo, finalmente potevo prendermi una pausa dall'inferno di casa mia.

Il giorno della partenza arrivò, mi svegliai di buon umore e purtroppo mio padre se ne accorse
-che hai? Perché sei così contenta?- chiese quasi ringhiando, era seduto a tavola, con il giornale che gli copriva il volto, non aveva alzato neanche lo sguardo per avvertire la sensazione che lui stesso non provava da anni. Gli occhiali gli scivolarono leggermente dal naso e lui, con un colpo netto della mano, li risistemò.
-oh ma lasciala in pace per una buona volta- disse mia madre dai fornelli, stava cucinando qualcosa con la padella, e dall'odore mi sembravano pancake.
Presi posto a tavola e lei mi portò un piatto ricolmo delle fragranti frittelle. La ringraziai silenziosamente con un sorriso, che lei ricambiò, mentre mio padre sbuffava rumorosamente. Nonostante tutto sembrasse tranquillo la tensione si tagliava col coltello, così decisi di finire in fretta la colazione e di salire nella mia stanza per finire di prepararmi.
Qualche minuto dopo scesi di nuovo giù, con un trolley è uno zaino rosa cipria, ero pronta a partire. Salutai frettolosamente i miei assecondando tutte le raccomandazioni che mia madre mi urlava dietro, dovevo uscire prima che la bomba esplodesse. Mi chiusi alle spalle il cancelletto del cortile e udii il tonfo di una padella e le urla isteriche di mio padre che urlavano contro le bastonate di mia madre.
-appena in tempo- dissi in un soffio. Mi misi le AirPods e mi incamminai verso la stazione.
La musica mi era stata molto utile in tutti questi anni di sofferenza, grazie ad essa riuscivo a non perdere la calma, e a sovrastare le urla dei miei nel tentativo di riuscire a studiare un po', sfortunatamente il volume non era mai troppo alto per coprire anche i rumori dei mobili pesanti che venivano buttati a terra.
In un batter d'occhio arrivai alla stazione, tirai fuori dallo zaino il biglietto che avevo preso online e posai cellulare e cuffie tre. Salii a bordo e, dopo che il controllore strappò il mio biglietto mi rilassai. Finalmente stavo per incontrare i miei amici. Ero molto felice e altrettanto stanca, notai che sul vagone non c'era nessuno, all'arrivo mancavano ancora tre ore, così decisi di impostare la sveglia e di approfittarne per schiacciare un pisolino.

Un'ora più tardi mi svegliai di soprassalto. Il mio corpo tremava, la mia bocca era spalancata, intenta a far uscire urli strozzati, gli occhi mi lacrimavano. Presi due o più respiri profondi nel tentativo di calmarmi. Ma solo quando realizzai di essere sul treno mi tranquillizzai per davvero. Mi guardai in giro col timore che qualcuno mi avesse visto, ma fortunatamente la cabina era ancora vuota. Sollevata mi poggiai allo schienale e chiusi gli occhi. Un'altro incubo... questi non mi lasciano tranquilla neanche quando dormo... pensai. D'istinto mi grattai il braccio sinistro, fin quando non sentii una fitta provenire proprio da quel punto. Il prurito nervoso era sempre stato uno dei miei problemi più vecchi, come gli incubi, ricordo che iniziai a farli all'età di 13 anni, e da allora non riuscivo a smettere. Aprii la tasca interna del mio zaino e ne estrassi un dei fazzoletti, una bottiglietta d'acqua e un pacco  di cerotti. Disinfettai il taglio del braccio con l'acqua e dopo lo tappai con un cerotto. Posai gli oggetti nuovamente nello zaino e mi sorpresi di quanto fossi organizzata. Avevo portato tutto l'occorrente per tenere a bada i miei piccoli problemi causati dai litigi dei miei. Il problema era evitare di far capire tutto ai wgf. Ero spaventata, non delle ferite che mi procuravo quasi sempre da sola, anzi di quelle ero fiera, sarebbero state la prova della mia battaglia. In fondo non puoi vincere la guerra senza farti prima qualche graffio no?
Ero spaventata all'idea di dire tutto ai miei amici. Non volevo che si preoccupassero, e sopratutto non volevo che vedessero in me una povera fanciulla da salvare. Per questo dovevo tenergli tutto nascosto,  a costo di dir loro qualche bugia, anche se il pensiero mi disgustava. Odiavo mentire ai miei amici, alla mia famiglia. Ma era l'unico modo per proteggerli da tutto questo. Iniziai a pensare ad alcune scuse che potevo usare nel caso in cui avessero scoperto il taglio che mi ero appena procurata. Di solito ero brava a nascondere le cose, ai miei genitori, ma tanto loro non se ne sarebbero mai accorti, erano troppo impegnati a litigare, con i miei amici era un po' più difficile, ma bastava non far notare il graffio, e se mi avessero chiesto qualcosa in merito avrei detto che mi ero tagliata con una ramo sporgente nel mio giardino. Contenta della bugia appena inventata appoggiai la fronte al vetro e mi addormentai di nuovo.
La sveglia suonò, la spensi è una vocina disse che mancavano due minuti alla prossima fermata. Sfruttai quel tempo per prepararmi. Appena le porte si aprirono scesi in fretta e furia e andai in aeroporto. Mi imbarcai al mio gate e mi sedetti in 12esima fila posto c proprio accanto al finestrino. Posai le mie cose e allacciai la cintura. Mi affacciai e sorrisi, mancava poco e mi sarei lasciata tutto il tormento alle spalle.

SPAZIO AUTRICE: ECCO LA NUOVA FANFICTION SU CICO, PUÒ SEMBRARE UN PÓ TRISTE, MA NON PREOCCUPATEVI, CI SARANNO MILIONI DI COLPI DI SCENA NEI PROSSIMI CAPITOLI, IN PIÙ SCUSATE PER I VARI ERRORI ORTOGRAFICI, MA HO DOVUTO RISCRIVERE IL CAPITOLO PERCHÉ MI SI ERA CANCELLATO E NON HO AVUTO IL TEMPO DI RILEGGERLO. DOMANI PUBBLICHERÒ IL CONTINUO!!!

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