Capitolo XIV

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Ed ecco il giorno delle visite. Dania e Cloe erano in sala d'attesa. Dania, vedendo gli altri pazienti immaginava e si chiedeva quali problemi avessero.

"sto sempre a pensare cose stupide!" pensò tra sé e sé mentre accarezzava i capelli di Cloe. Era imbarazzata dagli sguardi fissi degli altri su di loro, alcuni spiritati, fattore ancora più inquietante.

-la signora Galles?- disse una voce rauca e bassa da dentro la stanza. Finalmente dopo due ore di attesa era il loro turno.

-buonasera signora! Mi sono già presentato al telefono quando mi avete chiamato ma lo faccio di nuovo: dottor Michael G. Greek-

-Dania Galles, e lei è mia figlia Cloe- il dottore cominciò a scrutare la bimba, la quale di solito si imbarazzava sotto gli guardi fissi e si nascondeva dietro la madre. Invece in quel momento rimase impassibile davanti al suo sguardo, quasi con noncuranza nei confronti del dottore.

-sembra in una fase precoce di preadolescenza. Ma voglio studiarla meglio! Mi interesso anche di pediatria, ma sempre nel campo psichiatrico- disse scrutando tutte e due e parlando con la sua voce bassa e lenta.

-lasciate che vi spieghi tutto- disse Dania agitata. Cominciò a parlare a raffica di tutto quello che le stava succedendo. Tutto lo stress e la paura si sfogarono sottoforma di parole. Lui invece ascoltava prendendo appunti, facendo fatica a stare sotto la sua dettatura veloce.

-lei ha paura? Ha sempre paura che questo fenomeno si presenti puntualmente?- la interruppe l'uomo, con il suo sguardo ipnotico, il quale spuntava sotto le folte e spettinate sopracciglia.

-ehm..a volte non faccio nemmeno in tempo a pensarci che mi succede. È cominciato così, io non ci pensavo ma mi è successo- disse la donna cominciando a tremare.

L'uomo esitò per qualche secondo, facendo calare un imbarazzante silenzio, interrotto solo dal continuo ticchettio prodotto dalla sua penna a scatti, che egli teneva in mano. Dopo si sbloccò:

-lascia che le spieghi: le allucinazioni sono diverse da semplici illusioni nella categoria dell'ottica, poiché a differenza delle seconde le allucinazioni non avvengono per via di stimoli esterni- si bloccò per accertarsi che la donna lo stesse seguendo, accertandosi di ciò attraverso il contatto visivo. Continuò dopo un cenno fatto dalla donna.

-io a seconda di quello che mi avete detto, cara signora Galles, le diagnosticherei una...- si bloccò mostrandosi dispiaciuto e preoccupato, mentre si grattava il mento ricoperto da un folto ma colto pizzetto.

-...una?- chiese Dania, già troppo ansiosa di risposte.

-...una psicosi paranoide- disse il dottore tutto d'un fiato, portandosi le mani unite chiuse sotto il naso e poggiando i gomiti sui bracci della sedia girevole.

-cosa sarebbe? La mia diagnosi?- forse era una domanda scontata, ma Dania era una donna insicura, e voleva sempre conferma di ogni problema che le veniva riferito.

-lei non prende medicine, nè droghe suppongo, sennò non sarebbe qui, ma da qualche altra parte, giusto?-

-sì, diciamo che è così- disse Dania, infastidita per lo stereotipo, il quale lei odiava molto.

-nel suo caso lei soffre di psicosi di terzo grado, in cui lei vede vere e proprie rappresentazioni sceniche e prolungate. Il foglietto che mi ha portato rappresenta il fulcro della sua paranoia. È partito tutto dal suo subconscio. Lei l'ha trasmesso anche alla sua bimba, litigando spesso con suo marito davanti a lei per il suo problema. Adesso è fredda, e se non la smette in tempo di fare tutto questo rischierà di perdere l'intimità con lei e non la riconoscerà come sua madre!-

Dania ingoiò una pillola più che amara. Non si aspettava che queste piccole cose avrebbero determinato altre grandi cose.

L'incontro con l'uomo smilzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora