「magliette extra-large e dolci che sanno di Francia」

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𝘐𝘕𝘊𝘈𝘕𝘛𝘌𝘝𝘖𝘓𝘌 𝘕𝘐𝘕𝘍𝘈
𝘊𝘏𝘌 𝘕𝘈𝘛𝘜𝘙𝘈𝘊𝘖𝘔𝘈𝘕𝘋𝘐
𝘗𝘜𝘖' 𝘜𝘕 𝘛𝘜𝘖 𝘗𝘐𝘈𝘊𝘌𝘝𝘖𝘓𝘌 𝘌 𝘍𝘌𝘙𝘝𝘐𝘋𝘖 𝘚𝘎𝘜𝘈𝘙𝘋𝘖
𝘙𝘌𝘕𝘋𝘌𝘙𝘌 𝘈𝘔𝘔𝘐𝘙𝘈𝘉𝘐𝘓𝘌 𝘘𝘜𝘌𝘚𝘛𝘖 𝘔𝘈𝘓𝘝𝘈𝘎𝘐𝘖 𝘔𝘖𝘕𝘋𝘖?

𝘐𝘕𝘊𝘈𝘕𝘛𝘌𝘝𝘖𝘓𝘌 𝘕𝘐𝘕𝘍𝘈 𝘊𝘏𝘌 𝘕𝘈𝘛𝘜𝘙𝘈𝘊𝘖𝘔𝘈𝘕𝘋𝘐 𝘗𝘜𝘖' 𝘜𝘕 𝘛𝘜𝘖 𝘗𝘐𝘈𝘊𝘌𝘝𝘖𝘓𝘌 𝘌 𝘍𝘌𝘙𝘝𝘐𝘋𝘖 𝘚𝘎𝘜𝘈𝘙𝘋𝘖 𝘙𝘌𝘕𝘋𝘌𝘙𝘌 𝘈𝘔𝘔𝘐𝘙𝘈𝘉𝘐𝘓𝘌 𝘘𝘜𝘌𝘚𝘛𝘖 𝘔𝘈𝘓𝘝𝘈𝘎𝘐𝘖 𝘔𝘖𝘕𝘋𝘖?

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Non gli era mai passato per la mente il pensiero di voler, di sua spontanea volontà, provare a scoprire cosa il suo cuore da esteta celasse. Non lo aveva mai ritenuto strettamente necessario.
Ma ora.
Ora desiderava con ardore, necessitava la conoscenza del suo occhio artistico; desiderava comprenedere cosa spingesse Monet a dipingere. Conosceva tutta la sua storia, sapeva che era nato nel 1840 a Parigi, che era considerato uno dei fondatori dell'impressionismo francese ed era a conoscenza del fatto che, nei suoi lavori, era evidente l'intenzione di voler distinguere fin da subito, in una percezione immediata, i soggetti dei suoi quadri, in particolar modo se si trattava di paesaggistica.
Conosceva tutto, la sua storia, le sue opere, la datazione di ogni suo componimento, ma non sapeva, non sapeva niente, niente su come si sentisse davvero un quadro.
Di come si sentisse un quadro, dentro al petto. Di come si potesse avere la piena percezione di un'opera.
Per questo, quando era tornato a casa dopo essersi assicurato che Taehyung fosse rientrato nella propria abitazione, era subito corso nella sua camera, l'impellente desiderio della conoscenza, della completa visione dell'arte.
Si era soffermato nuovamente su quella stella, quella che lo aveva catturato quel pomeriggio, la stelle di Venere.
Tondeggiante, semicompleta, dai teneri colori del sole, bellissima.
Perfetta.
Ma c'era qualcosa, qualcosa che non la rendeva come l'aveva vista a pranzo, qualcosa che non a posto, non giusta. Qualcosa che non rendeva più ascoltabile la melodia da essa creata.
Si chiese se quella sensazione fosse dovuta alla presenza del compagno di classe, o se fossero state semplicemente le sue parole, parole che lo perforarono fin dentro alle ossa. E sperò con tutto se stesso di riuscire a capirlo da solo, imperterrito si ostinò, dannato impose quell'obbiettivo, ma non riusciva, non riusciva a raggiungerlo.

Disperato, si lanciò nella più cupa disperazione, prese la rabbia possesso di lui.
Non poteva farci nulla, dopotutto, era impossibile.
E ciò, lo fece rattristare ancor di più.

Preso da una desolante tristezza, Jungkook portò lo sguardo fuori dalla finestra; per strada la vita si muoveva serenamente, il cielo a stagliar le proprie fronde verso le ciocche solari.
Le strade erano agitate, le persone a riempire le strette mura dei vicoli.
C'era aria di festa.

«Ehi, Kookie»
Jin si catapultò in camera, il sorriso a trentadue denti sul volto, l'aria felice e festosa che aveva sempre con se a illuminare la stanza.
Alle volte anche Jungkook voleva essere così spensierato come il fratello, che quasi credeva non avesse problemi di alcun tipo.
Lo invidiava alle volte.
«Stamattina un collega mi ha parlato di una pasticceria a pochi passi dalla tua scuola che prepara molti dolci tipici francesi, l'idea di andarci per vedere se sono buoni come quelli che praparo io ti piace? Ti va?»

❝CUORE DI CARTA❞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora