Celine
Vidi André scendere le scale in fretta e, senza aspettare che il medico finisse di parlare con i miei padroni, presi la gonna tra le mani per aiutarmi nei movimenti e mi accinsi a rincorrerlo. L'avevo chiamato più volte ma lui sembrava non volermi ascoltare. Sentivo dentro di me pensante la consapevolezza che non avevo fatto abbastanza, che le mie cure e che la mia devozione non erano state sufficienti a far stare meglio Oscar.
Mi sentivo in colpa.
Se solo avessi potuto essere più ferma e rigida nei miei confronti, forse ora non starebbe lì, sola, a soffrire per l'imminente morte.
Era colpa mia.
Solo colpa mia.
«André! André ti scongiuro fermati! »
Urlavo con tutta la voce che avevo in corpo seguendolo fino al salone dove lui aveva trovato rifugio. Mi fermai anch'io alla porta e lo guardai silenziosa mentre cercavo di riprendere fiato. Stava guardando il suo quadro, in silenzio, e stringeva i pugni, tremava. Mi avvicinai piano, lui forse non mi aveva neanche sentita arrivare. Lo abbracciai da dietro e poggiai la guancia destra sulla sua schiena, stringendolo forte a me. Lui sussultò, non si era accorto di me. Anche se non riuscivo a vedere il suo viso, lo sapevo che stava piangendo in silenzio e così fu, quando si girò a guardarmi per un istante vidi le lacrime bagnargli il viso.
«Ha la tisi... »
Disse solo a bassa voce e io sentì le lacrime pizzicare nuovamente i miei occhi. Lo strinsi di più a me, avevo paura che cedesse se solo mi fossi allontanata anche di poco. Tremava delirante, aveva sempre avuto paura di perderla e ora la sua paura più grande si stava per manifestare a lui senza che potesse fare nulla per evitarlo.
«E io... non ne sapevo nulla... »
La sua voce era diventata più flebile. Scosse appena il capo e abbassò le spalle sconfitto, cadendo poi inginocchio e io con lui. Rafforzai la stretta intorno al petto e sentì le due dita intrecciarsi con le mie. Singhiozzava.
«André... »
Lo chiamai ma non sapevo neppure cosa dirgli per tranquillizzarlo perché neppure io ero tranquilla. Mi mossi appena e mi ritrovai in pochi secondi davanti a lui e notai che stava guardando ancora il quadro, forse lo riusciva a vedere.
«Questo quadro... è orrendo »
Disse dopo attimi di silenzio e crollò, non riuscendo a trattenere più il dolore che gli dilaniava il petto e che l'aveva colpito proprio all'apice della sua felicità. Lo strinsi di nuovo a me e questa volta lui ricambiò il mio abbraccio, aggrappandosi quasi a me. Lo accolsi e aspettai pazientemente che si calmasse, che riuscisse a trovare la forza di rialzarsi per restarle accanto, ora che aveva più bisogno di lui.
Mi sentii di nuovo in colpa.
Per avergli nascosto la verità sulla salute di Oscar e mi sentii male nel vederlo soffrire così tanto. Non avrei mai pensato di vederlo così fragile e distrutto.
Era colpa mia.
«Forse lo sapeva già da tempo e non mi ha detto nulla »
Disse drizzandosi con la schiena e passando una mano sul viso per asciugare le lacrime. Allontanò infastidito i capelli dal viso e abbassò lo sguardo. Vidi il suo viso scoperto e provai una fitta al cuore nel vedere la sua cicatrice. Mi faceva sempre quell'effetto quando la notavo, sotto la ciocca di capelli che la nascondeva.
«Forse mi ha mentito... ma perché? Perché l'ha fatto? »
«Per proteggerti, forse? Non lo so... »
Tentai di difenderla. In realtà non avevo mai condiviso la sua scelta e l'avevo odiata per avermi imposto di rimanere in silenzio. Avrei dovuto ribellarmi e urlare al mondo cosa la faceva soffrire. Sono stata una stupida ad assecondarla.
«Proteggermi? Se avesse voluto proteggermi non mi avrebbe rivelato i suoi sentimenti »
Touché.
Abbassai il capo sconfitta. Era stata lei ad arbitrare il tutto e aveva perso il controllo del gioco, trovandosi immersa nelle sue stesse contraddizioni. Voleva nascondergli la malattia, allontanarsi da lui e allo stesso tempo voleva perdersi in lui. Ricordava ancora la notte in cui lei le confessò di amarlo.
«Lei però ti ama veramente... non dubitarne mai »
«Avrei voluto avere il tempo di sposarla... non è presunzione la mia. Il mondo, la Francia... sta cambiando. Noi stiamo cambiando. Tra qualche tempo non esisteranno più queste divisioni sociali e sì... avrei voluto davvero poter dire alla luce del sole che l'amo più di me stesso »
André poggiò i gomiti sulle cosce e nascose il viso alla mia vista. Lo sentivo dentro di me il dolore che stava provando in quel momento, come se stesse marchiando il mio cuore per non dimenticarlo mai. È questo quindi l'amore?
Mi sentii in colpa.
Ancora una volta.
André
Qualche giorno prima mi aveva chiesto di restarle accanto, di non lasciarla sola. All'inizio non avevo capito il motivo delle sue parole, e soprattutto il perché della sua agitazione.
Lo sapeva già da allora. Forse lo aveva sempre saputo.
Mi sentii in colpa.
Ero talmente immerso del godermi il nostro amore che non avevo più fatto caso ai dettagli, ai segni che in quel preciso istante mi sembravano così ovvi e banali. L'avevo notato il suo dimagrimento, ma avevo dato per scontato che fosse per colpa del suo nuovo ruolo. Non avrei dovuto farlo. L'avevo scoperta spesso con la febbre, ma non ci diedi peso. Non avrei dovuto.
Lei però lo sapeva già da tempo.
Per quanto conoscessi poco il campo medico capii che una diagnosi così non si poteva dare in una sola visita e basandosi semplicemente su pochi sintomi. Non mi aveva convinto.
Probabilmente, anche Celine sapeva qualcosa o forse proprio lei l'aveva consigliato di vedere un medico ( lo stesso che l'aveva appena visitata? Possibile) ma non me la sentii di biasimarla. Aveva solo eseguito la volontà di Oscar, come d'altronde avevo fatto io per anni, anche se non la approvava appieno.
No, non riuscivo ad essere arrabbiato con nessuna delle due per avermi nascosto la verità. Anche io, in fondo, avevo nascosto ad Oscar il mio problema alla vista.
Solo che questa volta non si trattava di qualche punizione, non era questo il prezzo da pagare. Senza la vista continuerei a vivere, e lei? Lei potrebbe morire anche ora che sono qui, nella biblioteca, con Celine di fronte a me che, in religioso silenzio, mi fa compagnia.
Mi concentrai su di lei, forse per distrarmi dal dolore che provavo al petto.
Era bella Celine, con i suoi capelli castani e gli occhi scuri. Mia nonna la adorava e, ogni volta che mi aveva fatto visita in caserma, aveva sempre parlato di lei. Forse, se avessi rinunciato ad Oscar, probabilmente mi sarei fatto avanti e l'avrei fatta felice. Avrei avuto accanto una donna che mi piaceva, sia interiormente che esteriormente e forse avrei fatto felice mia nonna che da tempo vuole che mi sposi e che le dia dei pronipoti.
Scacciai quei pensieri dalla mia testa quando Celine notò che la stavo guardando e arrossì appena. Sorrisi un po', era davvero adorabile.
La mia mente tornò, ancora una volta, a quel pomeriggio di pochi giorni fa. L'avevo stretta a me, l'avevo baciata e solo Dio sa quanto avrei voluto sentire di appartenerle completamente, sentire che LEI era completamente mia. Mia e di nessun'altro.
Ma avevo desistito.
Abbiamo tutto il tempo del mondo, mi dissi.
Non era vero, non avevamo più tempo, lei non aveva più tempo.
In quel momento sentì la necessità di starle accanto crescere in me e, per qualche assurda casualità, sentì nel corridoio la voce di mia nonna chiedere alle cameriere dove fossi.
«Non l'avete visto? Oscar ha chiesto di lui »
Oscar
La voce di mia madre mi arrivava lontana, ma le carezze che mi dava sul viso... com'erano morbide le sue mani! Sorrisi appena, intontita un po' dalla febbre.
Mi ero abituata alla presenza rassicurante di Celine durante le mie crisi e sentii un vuoto quando non la vidi al mio fianco.
Egoista.
Lo ero, eccome!
Avevo pensato solo a me e al mio dolore, mettendo in secondo piano i sentimenti sia di Celine sia di André. Cosa avevo voluto dimostrare? Nulla. Il segreto della mia malattia non mi aveva rafforzato e convinto a combatterla ma sembrava che avesse fatto crescere in me la voglia di annegarvi, di lasciarmi andare tra le sue braccia invitanti.
Egoista.
Mi sentii in colpa.
Avevo costretto quella povera ragazza a tacere un segreto troppo grande per entrambe e l'avevo costretta a restarmi accanto. Forse mi odiava, come darle torto?
Pensai ad André, mi sentii peggio.
Non avevo avuto il coraggio di confessargli nulla, avevo preferito arrendermi invece di combattere per stare con lui e di vivere serena insieme all'uomo che amavo.
Egoista.
«Oscar »
Non riconoscevo la voce di mio padre. Era calma e così anche il suo sguardo, il generale Jarjayes che mi aveva cresciuto non era mai stato così dolce con me. Anzi, era stato tutto il contrario. Girai appena il capo verso di lui e tentai di alzarmi dal letto almeno un po'. Ero cosciente e stare stesa mi faceva sentire ancora più impotente di quanto già non fossi.
«Il dottore ci ha detto tutto... »
Mi stavo spaventando. Come poteva essere così calmo mentre parlava? Davvero... non gli importava nulla di me? Della mia salute? Sentì le lacrime pungermi gli occhi ma tentai di trattenerle.
«La prossima crisi potrebbe essere fatale »
Il suo tono era cambiato, la sua voce si era spezzata quando aveva detto la parola "fatale". Ed era vero. La morte, ormai, non mi sembrava così lontana. Sarebbe potuto accadere da un momento all'altro.
«François1 smettila, ti prego »
Lo ammonì prontamente mia madre.
«Lasciamola stare, poverina. Non credi di averla fatta soffrire abbastanza con le due parole? Non ti è sufficiente? »
«Georgette2...»
Non dissi nulla, non avevo la forza di parlare con loro né volevo provarci. In quel momento avrei voluto al mio fianco solo mia madre.
«Madre »
La chiamai piano, ignorando completamente mio padre e dimenticando subito le parole che mi aveva appena detto.
«Dov'è André? »
L'avevo chiesto senza pudore, senza paura che scoprissero i sentimenti che mi legavano a lui. Lo amavo, lo amavo tanto e peccai di egoismo di nuovo perché lo volevo al mio fianco, perché volevo che restasse con me fino alla fine dei miei giorni.
Mi sentii in colpa, dannatamente in colpa, e mi pentii di avergli rivelato i miei sentimenti.
Non perché i miei sentimenti fossero mutati, ma perché avrebbe sofferto, eccome se avrebbe sofferto.
Sentì una lacrima bagnarmi il viso e mia madre la asciugò rapida e con un sorriso dolcissimo mi parlò.
«Non ti preoccupare, lo faccio chiamare. Arriverà presto »
La sua voce era sempre stata così melodiosa e calda e mi sentì amata come non mai da lei. Lei che mi era sempre sembrata così irraggiungibile, così bella e gentile... mio padre non mi aveva negato le sue dolcezze ma non voleva che le stessi accanto, non voleva distrazioni. Dovevo essere un uomo.
«Va bene »
Sussurrai chiudendo gli occhi per alcuni istanti. Ero stanca e fuori la luna aveva iniziato ad illuminare il cielo ormai scuro. Mia madre si alzò lentamente, posando le labbra sulla mia fronte per un delicato bacio e se ne uscì fiera anche se, nei suoi occhi, avevo notato il dolore che le dilaniava il petto.
Egoista, pensai di nuovo.
Anche mio padre, dopo attimi di silenzio, si alzò dalla sedia posta vicino al mio letto e mi lasciò sola, senza dire una parola. Non mi aspettavo nulla da lui, né amore né soprattutto compassione. Ma mi sentii comunque ferita dal suo comportamento così freddo nei miei confronti.
Mi accovacciai sotto le coperte e aspettai il suo arrivo. Sentivo le guance in fiamme e le mie lacrime sembravano bruciare sulla pelle. Avrei tanto voluto non stare male, avevo sempre odiato stare male, soffrire e far preoccupare gli altri. Asciugai le lacrime con il dorso della mano e abbracciai un cuscino, stringendolo al petto e vi poggiai la guancia, aspettando.
Il mio cuore batteva all'impazzata e ogni secondo che passava sembrava aumentare la sua velocità ad un tratto pensai che lui non sarebbe venuto da me.
Tossii, non uscì sangue.
Solo dopo qualche minuto la porta si aprì di nuovo, non alzai il capo che avevo nascosto sotto le coperte e aspettai che il nuovo ospite si avvicinasse.
«Oscar... »
La sua voce mi riempì, le lacrime questa volta uscirono senza che io potessi neppure accorgermene. Coprii la bocca per trattenere i singhiozzi e nascosi ancora il viso quando sentì la sedia vicino al letto muoversi. Lui era a pochi centimetri da me e avrei tanto voluto stringermi a lui e sentirmi ripetere che sarebbe andato tutto bene. Gli avrei creduto, eccome! Quando ero con lui anche l'impossibile mi sembrava possibile! È così difficile descrivere ciò che provo ogni volta che lo sento vicino.
«Oscar... »
Ripeté il mio nome ancora una volta, sentivo i suoi passi. Mi alzai a sedere e poggiai la schiena su alcuni cuscini e lui si sedette al posto di mia madre e prese la mia mano tra le sue, baciandone il dorso, e la portò al viso. Sentii a contatto con la mia mano la pelle della sua guancia e lui chiuse gli occhi.
«Mi dispiace... »
Fu l'unica cosa che riuscii a dirgli prima di scoppiare a piangere e lui, con amore, si sedette al mio fiano, mi prese tra le sue braccia e mi strinse a sé, baciandomi il viso e accarezzandomi la pelle e io mi abbandonai nel suo calore3. Era così bello sentire il suo corpo forte contro il mio, debole, che mi proteggeva da tutto. Avrei voluto tanto dagli di più, pensai respirando il suo profumo. Avrei voluto essere sua, legarmi a lui ancora di più. Avrei voluto essere sua moglie davanti a Dio e agli uomini.
«Va tutto bene. Ti amo »
Mi disse lui a voce bassa prima di baciarmi la fronte. Gli credetti e lasciai perdere il dolore improvviso che provavo in petto e il fuoco che mi bruciava la gola. Tossì di nuovo e nascosi il viso sul suo petto, forse macchiai appena la sua camicia di sangue, non ne ero sicura.
«Ti amo anche io »
Mi sforzai a parlare con lui, non avevo più voce. La mia mente era offuscata e la vista pure. Chiusi gli occhi.
«Oscar? Oscar?! »
1= riprendo il vero nome del vero generale Jarjayes: François Augustin Reynier de Jarjayes
2= riprendo il nome che Riyoko Ikeda ha assegnato a Madame Jarjayes: Georgette de la Tour
3= probabilmente qualcuno di voi penserà "ma sono troppo vicini! Può contagiarlo!" e, siamo sinceri, avrebbe ragione. Ma ho motivo di pensare che all'epoca (siamo comunque nel XVIII secolo) la nozione di "contagio" non fosse come quella che abbiamo noi oggi, o che addirittura non esistesse proprio ( anche se preferisco la prima ipotesi ). Nel caso in cui mi sbagliassi (cosa molto probabile), prendetela come una piccola licenza d'autore :D

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Celine
Romansa"Sono stata al fianco del signor Oscar lungo tutta la durata della sua malattia, sono stata l'unica persona di cui si è fidata e l'unica alla quale ha confidato i suoi segreti e le sue paure. Posso dire di essere una delle poche persone che la cono...