DELIA DOVE SEI?

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Il splendente sole illuminava la valle fiorita, fresca e profumata.

La madre di Delia si precipitò fuori dalla dimora in preda all'angoscia e all'agitazione.

Era in disordine: i ciuffi di capelli le uscivano dallo chignon. Il suo abito era stropicciato con le maniche arrotolate fin sopra il gomito e il grembiule era unto di macchie scure.

Aveva passato la notte vigile, tormentata da terribili paranoie.

Correndo, giunse al centro della piazza. Si inginocchiò davanti alla fontana e cominciò a piangere a dirotto, disperata.

Molti venditori le rivolsero sguardi perplessi, ma nessuno l'aiutò.

Invece Diana, in compagnia del suo futuro marito e la vedova zia Marilla, accorsero subito.

Quest'ultima, con le guance arrossate dal troppo lavoro, si sedette a fianco alla madre di Delia.

Con tutta calma si rivolse all'amica. «Tesoro, che succede? Perché piangi così forte?»

La donna rispose a fatica, singhiozzando. «Ieri sera non è rientrata al tramonto.» Prese in mano il grembiule per asciugarsi la fronte sudata. «Era uscita a raccogliere dei frutti selvatici. Penso che le sia successo qualcosa di brutto.» Le si spezzò la voce. Altre lacrime bagnarono il suo viso. «Ho tanta paura», sussultò. «Ho già perso mio marito, non posso perdere anche lei», confessò colma di dolore. «Per favore, dovete aiutatemi. Vi prego!»

Diana si immobilizzò: sbiancò e le si fermò il cuore.

Non riusciva a crederci.

Le sue labbra fremettero e il suo volto si incupì.

Un senso di colpa l'assalì. Non avrebbe mai dovuto comunicarle l'imminente matrimonio. Doveva immaginarselo che poteva turbarla, infatti aveva percepito in lei un velo di tristezza e smarrimento personale. Diana era l'unica amica che aveva, con lei era davvero felice perché poteva confidarle ogni segreto e calmare qualsiasi preoccupazione. Non era stata in grado di comprendere la sua paura di perdere ancora una volta l'amore.

Era affranta, ma non poteva più rimediare al suo errore.

La voce di Marilla la fece rinvenire dal suo stordimento. «Ma certo che ti aiutiamo. La ritroveremo insieme.» Le accarezzò la schiena. «Adesso tranquillizzati.» Le afferrò la mano. «Vieni con me.» La strattonò. «Andiamo a sorseggiare uno squisito tè, a casa mia.»

Alzò a fatica la donna. «Diana, dirigiti dai pastori o dai cacciatori. Prova a chiedere se per caso l'hanno vista. E se ti danno una risposta negativa ordina che la vadano a cercare nel bosco. Da qualche parte deve pur essersi cacciata, lontana non deve essere andata, ne sono sicura.»

Diana represse il suo magone e cacciò via le lacrime. «Sì, certo.»

«Fatti accompagnare da Erberto. Va' e porta belle notizie, ti aspetto a casa.» Marilla imboccò una via del villaggio con la madre di Delia sottobraccio, tutta tremante.

La fanciulla si rivolse al suo futuro sposo. «Aspettami qui, provo a chiedere se qualcuno l'ha vista.» Gli rivolse un lieve sorriso e lo lasciò indietro.

Avanzò verso il gruppo di cacciatori.

Erano dieci individui in compagnia di tre cani. Avevano ciascuno un fucile a doppia canna che tenevano riposto dentro a una custodia in cuoio allacciata alla spalla destra.

Erano tutti uomini alti e ben robusti, indossavano stivali marroni che arrivavano fino a metà polpaccio, delle brache marroni strette in vita da un cinturone con infilati i bossoli d'oro. Le brache erano accompagnate da una camicia bianca in lino e un gilet marrone di pelle chiuso da tre bottoni. In testa portavano tutti un cappello di paglia.

Incerta e timida si avvicinò a loro. «Buongiorno,» tossì, richiamando l'attenzione. «Scusate, potrei parlarvi un momento?»

Un cacciatore si fece avanti, portandosi la pipa fumante alla mano. «Sì, sei...»

La ragazza si schiarì la voce. «Mi chiamo Diana. Sono una stretta amica di Delia, non so se la conoscete...», bofonchiò e abbassò lo sguardo, molto in imbarazzo. «Ieri pomeriggio è andata nel bosco per raccogliere dei frutti selvatici. Sua madre è molto preoccupata e anch'io, se per caso la vedete o la trovate, per favore riportatela a casa, viva o morta. Per favore riportatela da me, ne sarei davvero grata. Sono davvero preoccupatissima, credo di non poter sopportare a lungo la sua assenza.» Li supplicò con tono implorante.

«Sì certo, la conosciamo bene.» Si arruffò la folta barba. «Vedremo di ritrovarla il più presto possibile, stai pure tranquilla figliola, ci pensiamo noi.» Le rivolse un sorriso compassionevole.

«Grazie infinite. Davvero.» In lei si riaccese un po' la speranza.

Si allontanò e andò a rifugiarsi tra le braccia di Erberto. «Oh tesoro mio, sono così preoccupata e in ansia, ho tanta paura che la trovino senza vita», scoppiò a piangere. «È tutta colpa mia», confessò singhiozzando. «Dovevo aspettare di dirle del nostro matrimonio. L'ho scossa parecchio. Poverina, chissà dove sarà...»

Erberto prese il volto aggraziato di Diana fra le sue calde mani. «Amore mio, non temere, la ritroveranno o tornerà lei a casa da sola sana e salva.» La rassicurò con il calmo tono della sua voce. «Non temere, vedrai si risolverà tutto per il meglio.» Le diede un bacio sulla fronte.

La prese per mano e insieme abbandonarono la piazza verso la casa di zia Marilla.

INTO THE WOODS ~ La Fanciulla e L'AngeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora