cinque

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Una settimana era trascorsa.
L'avevo passata a evitare i messaggi e le chiamate degli altri.
Avevo parlato solo con Matteo, il quale mi giurava che non ne sapeva niente nessuno.
Lui per primo, appena avevano varcato la soglia del ristorante, aveva cercato di portarli fuori, ma Andrea era troppo deciso e a detta sua "non voleva lasciargli fare una figura di merda da solo".
Gli chiesi come mai avesse cercato di bloccare i ragazzi e venne fuori che Mavi gli aveva detto che preferivo non essere venuta a trovare a lavoro.
Ero molto grata del fatto che non fosse entrata nei particolari, era forse la cosa che amavo più della bionda
Sapeva spiegarsi bene senza entrare nei particolari, era una persona precisa e concisa quando raccontava le cose.

Andrea mi aveva chiamato ogni giorno.
Gli avevo risposto una volta sola, chiedendogli di lasciarmi stare e darmi i miei spazi.
Non ero proprio incazzata con lui, alla fine non poteva saperlo.
Il fatto è che mi impauriva l'idea di affrontare il discorso , perciò avevo provato a rimandare l'occasione, sapendo che non avrei potuto continuare a lungo.
Non era giusto nei suoi confronti e, anche se mi duoleva ammetterlo, mi mancava.
Odiavo abituarmi così in fretta alle cose, infatti aspettavo ogni giorno un suo messaggio, ricordandomi poi che non gli avrei comunque risposto.

Ne avevo parlato con la bionda, il quale mi aveva detto che quel venerdì sera saremmo andate a casa di Leo, senza discussioni.
Il mio tentativo di opposizione era fallito miseramente.
Quando si impuntava in qualcosa non c'era verso di farle cambiare idea.
Il solo pensiero mi innervosiva parecchio e speravo con tutta me stessa che quel giorno tardasse ad arrivare.

Putroppo non fu così, perché il venerdì mattina arrivò in un lampo.
Passai le ore all'università con la testa altrove, persa nei miei pensieri, come al solito.
Quando arrivai a casa, mi stesi sul letto e dopo aver impostato la sveglia, mi addormentai.
Arrivavo sempre al venerdì con una stanchezza incredibile addosso e il solo pensiero di mettermi a studiare mi nauseava.
Non mi cercava quasi nessuno, ma nei miei unici momenti di pace venivo sempre interrotta.
Il telefono iniziò a squillare e, con goffaggine, lo presi in mano, rispondendo senza neanche guardare chi fosse a rompere i coglioni.
"Finalmente mi hai risposto"appena riconobbi la voce dall'altra parte della linea, mi maledissi per non aver controllato chi fosse a chiamare.
"Non ho voglia di parlare adesso"feci per chiudere la chiamata ma mi pregò di non farlo.
E per quanto volessi buttargli giù in faccia, c'era una parte di me che voleva sentire che cosa avesse da dirmi.
"Dimmi"pensai che il mio tono infastidito gli facesse cambiare idea, ma non fu così.
Se c'era una cosa che avevo imparato da mercoledì sera era che Occhi Verdi era testardo, anche troppo.
"Sono sotto casa tua, scendi?"un improvviso senso di ansia iniziò ad invadermi, tant'è che mi scivolò il telefono dalla mano.
"Per favore"aggiunse.
Sospirai a fondo e cercai di mantenere la calma.
"Non sono a casa"la mia voce tremolante mi tradì e mi maledì mentalmente per non essere in grado di mentire.
"Cazzata, le luci sono accese e Matte mi ha detto che Mavi è al lavoro".
Era troppo furbo e io troppo cogliona.
Non avevo scelta.
"Dammi due minuti e ti faccio salire"sospirai sconfitta.
La frase che disse prima che chiudessi la chiamata fece piegare involontariamente le mie
labbra in un sorriso.
"Aspetto anche due ore".

Corsi in bagno per spazzolarmi i capelli e mi spruzzai un po' di profumo.
Non c'era niente da fare, le mie condizioni erano indecenti e non ci sarebbe stato verso di rendermi presentabile, così mi arresi e mi diressi verso il citofono.
Dopo pochi minuti lo vidi uscire dall'ascensore, più bello che mai.
Indossava dei jeans e una felpa grigia oversize.
I suoi bellissimi occhi si nascondevano dietro occhiali con le lenti blu.
Il suo sguardo si posò su di me e le farfalle iniziarono immediatamente a danzare nel mio stomaco.
Fanculo il mio essere così fragile davanti a lui.
"Ciao"sussurrò incastrando i suoi occhi nei miei.
"Ciao"mi accostai alla porta per farlo passare e, mentre varcava la soglia, la sua mano sfiorò la mia, provocandomi dei brividi lungo la spina dorsale.
"Ti ho chiamata tutta la settimana"si buttò sul divano, vederlo così a suo agio mi tranquillizzava un minimo.
Il suo tono era calmo e pacato, quasi dispiaciuto.
"Lo so"sussurrai abbassando lo sguardo.
"Adesso hai intenzione di ascoltarmi?"alzando la testa notai che i suoi occhi vagavano lungo tutto il mio corpo, ma appena si accorse di essere stato beccato, arrossii lievemente.
Feci di sì con la testa e battè la mano di fianco a lui, invitandomi a sedermi.
Lo accontentai e appena mi sedetti, si avvicinò di più a me.
"Mi dispiace. Io ti giuro che non sapevo ti desse fastidio. Non avrei mai potuto fare qualcosa che ti facesse stare male, di mia spontanea volontà"la sua mano si posò sulla mia.
"Ho realizzato dopo che non potevi saperlo. Ho esagerato io. È solo che è l'unico posto in cui posso starmene relativamente da sola, neanche Mavi ci è mai venuta"aveva iniziato ad accarezzarmi la mano con il pollice.
"Scusami davvero"alzando la testa, incontrai il suo sguardo già fisso nel mio.
"È tutto okay"sorrisi.
"Adesso posso dartelo un bacio?"avvampai non appena le parole uscirono dalla sua bocca.
Annuii e avvicinò la testa alla mia, poggiando le sue labbra sulla mia guancia e soffermadocisi per qualche secondo.
Il mio cuore, il quale batteva sempre più forte, mi fece realizzare che mi era mancato più di quanto pensassi.
Mentre si allontanava un sorriso si era formato  sulle sue labbra, mettendo in mostra l'apparecchio.

"Stasera ci siete da Leo?"chiese mentre si accomodava sul sedile del guidatore.
Si era offerto di accompagnarmi al ristorante e di venirmi a prendere.
Annuii guardandolo mentre metteva in moto.
Si voltò nella mia direzione e mi sorrise, per poi guardare la strada.
Era di una bellezza fuori dal normale.
"Comunque secondo me stai meglio senza occhiali"non so con quale coraggio pronunciai quelle parole.
Chi ero io per dare la mia opinione?
"Davvero? Beh ne terrò conto"mi fece un occhiolino ed io mi sentii avvampare.
"Ti sta bene l'uniforme"
Mi stava prendendo in giro.
Gli tirai una pacca sul petto e lui emise un lamento strozzato.
"Guarda che dico sul serio io" il suo faccino imbronciato mi sciolse il cuore.
"A me non piace"sbuffai guadagnandomi un occhiataccia da Occhi Verdi.
"Stai bene con tutto".

Mentre salivamo le scale del palazzo di Leo, mi teneva la mano.
Il mio turno al ristorante era durato poco, il venerdì non era molto pesante fortunatamente.
Mi era passato a prendere e poi mi aveva pazientemente aspettato mentre mi cambiavo a casa.
Varcammo la soglia e ritrovai tutti i ragazzi ad aspettarmi con volti dispiaciuti.
"Scusaci tanto"Antonio fu il primo a parlare.
"No, scusatemi voi, era stata una serata un po' impegnativa"dissi.
Immediatamente mi ritrovai sommersa da un abbraccio di gruppo, ma la cosa che mi rese più felice furono le mani del moro, che mi stringevano i fianchi.

Dopo canne e tanto alcool, come al solito gli altri erano collassati, gli unici svegli eravamo io e Occhi Verdi.
Tutte le sere, quando andavamo a casa di Leo, in qualche modo gli altri si addormentavano sempre, così io e il moro rimanevano a parlare fino alle prime ore del mattino nel terrazzino della cucina.
Era diventata come una routine e devo ammettere che non mi dispiaceva per niente, anzi.
Quella sera avevo fatto un mischione assurdo, alcool ed erba erano ormai parti integranti del mio corpo e la sobrietà mi aveva abbandonato da qualche ora.
Occhi Verdi non era da meno, ma stavamo iniziando a ribeccarci entrambi.
Ci trovavamo sulle solite sedie, mi stringevo nel giaccone mentre le mie gambe erano accavallate ad una delle sue, e la sua mano mi accarezzava la coscia.
"Posso farti una domanda?"la sua voce era bassa.
Annuii appoggiando la testa sulla sua spalla.
"Come mai il ristorante è il posto in cui puoi sfogare le tue frustrazioni? Di quali frustrazioni parli?"subito alzai la testa e lo guardai negli occhi.
Ero davvero di sicura di volerne parlare con lui?.
Prima di poter prendere una decisione stavo già iniziando a raccontare.
"Nella mia ultima relazione molte cose andavano male, quindi quando andavo al ristorante riuscivo a concentrarmi sul lavoro, lasciando i miei problemi fuori dalla testa".
"Ti faceva stare male?"mi prese la mano nella sua, stringendola.
"Penso di non aver mai sofferto come in quei due anni di relazione"sussurrai.
"Io non ti farei mai stare così" abbassò lo sguardo sulle mie labbra.
Notai con mia sorpresa che la sua testa si stava avvicinando alla mia.
Le sue labbra sfiorarono le mie, iniziando una tortura tremenda.
Non so se fosse per la poca sobrietà, o per la voglia di farlo, ma con un gesto deciso avvicinai ulteriormente le nostre teste, finché le nostre labbra non entrarono in contatto.
Sorrise prima di iniziare a ricambiare il bacio.
Stavo facendo la cosa giusta? Non lo sapevo.
L'unica cosa che sentivo erano le sue labbra sulle mie e gli elefanti che danzavano nel mio stomaco, mentre le sue braccia mi stringevano provocando in me mille sensazioni.

SantanaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora