capitolo 9

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-Come avrai capito non sono un tipo troppo socievole, non mi piace parlare di me-

-Mh, capisco-

Siamo seduti al tavolo di un piccolo ristorante in fondo alla via di casa "nostra". Questa volta niente di troppo esagerato o troppo ricercato. È molto accogliente questo posto, l'arredamento in legno mi trasmette calore e felicità, a questi luoghi io sono abituata. Abbiamo mangiato soprattutto carne, fatta in un modo particolare, che non so per quale motivo mi ha ricordato l'Italia. Il mio paese, che in realtà manca. Vorrei tanto potermi permettere un viaggio per tornare a vedere il Colosseo, il Duomo a Firenze, o magari anche Piazza San Marco a Venezia. Sarebbe bellissimo.

Martín, ancor prima di magiare, mi ha detto in parole povere, ma molte chiare, che anche oggi non avrei speso un centesimo per la nostra cena. Non ho insistito, so che sarebbe stato completamente inutile. Non cambia idea facilmente.

Passiamo una serata insieme davvero tranquilla, niente rumori assordanti, niente discorsi complicati da parte di Sergio e nessun litigio infondato.

Decidiamo di tornare alla villetta, oltretutto vista la mia stanchezza, avevo bisogno di dormire, sperando almeno di riuscirci. Per questo mio problema di "insonnia" sono stata anche da un medico, che mi ha prescritto delle pillole per facilitarmi il sonno, peccato che sappiano di merda e non funzionano nemmeno se ne prendi tutta la busta.

Chiudo la porta della mia camera con il tallone del piede sinistro, non avendo minimamente la voglia di smuovere le mani. Mi butto a peso morto sul morbido letto, affondando la testa nel cuscino profumato di lavanda.

Al piano di sotto posso sentire la porta principale chiudersi, dopo che Martín si era fermato davanti a essa a parlare con delle vecchie conoscenze.
Il suo telefono squilla, con la suoneria predefinita di quando lo acquisti.

-Pronto?-

Riesco a sentire la sua voce, nonostante il piano di distanza che in questo momento ci separa.

-Che cazzo vuol dire che mi hanno visto, Sergio?!- alza di poco il volume, provando comunque a non urlare troppo.

Dice un sonoro "che figlia di puttana!" prima che possa sentirlo salire le scale ed entrare nella sua stanza sbattendo la porta e facendo quasi tremare i muri.
"Tranquillo il ragazzo eh"

Nasconde tante cose, e ne sono sicura ormai. Già la sua prima chiacchierata con Sergio nel suo ufficio non mi aveva convinto. Stavano parlando di città, ma non sembravano per niente discorsi inerenti a viaggi o biglietti aerei.
E adesso questa telefonata. Chi doveva averlo visto? Una ex psicopatica, un amico strambo, uno stalker o un padre assente. Può essere chiunque. Non mi stupirei se tutte queste paranoie fossero frutto della mia stanchezza, oppure semplicemente della mia mente, piena di pensieri e fantasie.

Sta iniziando a piovere. In questo momento mi piacerebbe tantissimo uscire fuori in giardino e distendermi sull'erba verde e fresca. Sentire le gocce d'acqua toccarmi il viso e poi scivolare via, per effetto del vento e della gravità. È come una doccia fredda, però molto meglio.
Lo facevo spesso, dai miei nonni materni, o almeno, mia nonna materna. Abitava in campagna, in una grande casa antica. Di fronte a essa, c'era una strada, asfaltata e tenuta stranamente bene per essere una strada italiana. Essendo un luogo abbastanza isolato, lì le auto non passavano mai, se non qualche "turista" che sbagliava strada per errore. Usavo quello spazio per allenarmi in skate, mi divertivo così tanto. E poi, quando pioveva, io prendevo i vestiti peggiori che avevo nell'armadio e mi sdraiavo sull'asfalto, fregandomene del resto del mondo, badando solo a me stessa.
Amavo da impazzire guardare sopra di me le nuvole grigie, da cui a volte, fuoriuscivano potenti fulmini gialli e bianchi.
Avevo 15 anni, ma già mi sembra passata un'eternità. Perché le cose sono cambiate così tanto, ma di questo non mi posso assolutamente lamentare.

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Otto e mezzo di mattina. Mi sono appena alzata dopo l'ennesima notte passata in dormiveglia, senza mai addormentarmi seriamente. Sono distrutta da questa situazione, ho bisogno di dormire ma non riesco a farlo.

Mi metto seduta sul letto, appoggiando la schiena sulla testa imbottita. Alzo le braccia al cielo, allungando i muscoli e facendomi scrocchiare le ossa delle spalle e dei gomiti.

Qualcuno bussa alla porta, e senza nemmeno aspettare una mia risposta, si apre, rivelando la figura del mio coinquilino con un vassoio tra le mani.

-Buongiorno-

Sorride e si avvicina a me, posando l'oggetto che aveva in mano sul letto.

-Ti ho portato la colazione, visto che già non dormi ho voluto farti questo piacere-

Mi ha portato dei pancake perfettamente tondi, con la Nutella sopra. Al lato ci sono un paio di biscotti, uno con la marmellata e un'altro ricoperto di cioccolata fondente. Per finire, un bel bicchiere di aranciata, filtrata alla perfezione, senza nemmeno un granulo di polpa.

Lo ringrazio. Per adesso, decido di non fare domande riguardo le sue parole urlate al telefono di ieri sera. È stato così gentile stamani che non voglio rischiare di fargli cambiare umore per il resto della giornata.

-Era buonissima la colazione, grazie mille ancora Martín-

-Di niente ragazzina-

Ragazzina. Mi ha chiamata con lo stesso nomignolo usato al nostro primo incontro. Quella volta mi sembrò un coglione, più che altro stronzo. Mai avrei immaginato che con quella stessa persona che mi fece girare le palle quel pomeriggio, sarei andata a vivere. Ma sono felice della mia scelta; mi trovo bene con lui.

Il tempo passa velocemente a forza di parlare, guardare la TV e scherzare, così, mi faccio coraggio e gli chiedo la fatilica domanda che in questo momento mi perseguita.

Non risponde subito, come se stesse formulando qualcosa da dire.
A volte anche il più semplice dei perché può lasciare senza risposta. Oppure la si vuole nascondere.

-Non ti riguarda Alyssa-

-Ma avrò un minimo di diritto di sapere con chi mi trovo in casa! So solo che fai l'architetto cazzo!-

-Ti giuro che ti racconterò tutto, ma non ora-

Resto in silenzio.

Abbasso lo sguardo scocciata, mentre due pensieri si fanno spazio in me. Uno è il fatto che non mi piace per niente il comportamento di Martín. Viviamo insieme da un mese o più, eppure non so assolutamente nulla di lui. E poi, l'altro pensiero, è la speranza che sappia mantenere le promesse. Voglio una spiegazione, anche banale, ma prima o poi la voglio.

-Senti, mi dispiace, ma non è il momento adatto-

Alza gli occhi verso di me, chiedendo scusa con essi.
Dopo vari secondi, mi perdo in quegli occhi color ghiaccio, vuoti, ma pieni di non so quale sentimento. Sono come calamite, ma sicuramente più belli. E come un'idiota, ricasco nella trappola del suo sguardo.
Mi risalgono in mente le immagini del nostro bacio, i respiri pesanti e i corpi vicini tra loro. Solo a quel pensiero la tensione in me diminuisce magicamente.
Che cazzo mi sta succedendo?

Provo e riprovo, e finalmente riesco a guardare oltre.
Ma come mai continuo a pensare a quel momento? Lui non mi piace! Come potrebbe mai piacermi uno come lui.

Ne attribuisco la causa al poco sonno. Mai troverò il coraggio di ammettere che sono io la causa. Sono io perché la me irrazionale lo dice. Dice che la vita va vissuta e vaffanculo a chi dice il contrario. Ma la razionalità pensa e conferma che è tutto sbagliato. Sono giovane, libera e determinata e uno come Martín non sarebbe adatto a me nemmeno con 15 anni in meno.
Quindi dentro di me attualmente c'è un altro scontro, nel quale sono sicura vincerà la parte razionale, proprio perché pensa prima di agire. E pensando per bene, ha maggiori possibilità di sopravvivere, sotterranndo temporaneamente l' irrazionalità.

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1276 parole

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Eii🌙
Come state? Spero benee. Come già successo, questo capitolo non mi convince proprio per niente, ma più cerco di impegnarmi e più esce qualcosa di cringe e infantile. Ditemi voi se vi piaceee✨
Un bacio a tuttiii🌸

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