capitolo 3

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Un fortissimo mal di testa mi fa svegliare all'improvviso, giro la testa da un lato e guardo la sveglia sul comodino, sono le undici di mattina. Mi rigiro guardando il soffitto mentre la testa mi esplode, e proprio in quel momento mi rendo conto di non essere a casa mia. Mi trovo in una stanza grande, con le pareti color lavanda e un lampadario molto elegante che scende dal soffitto. Davanti a me c'è un armadio a due ante bianco e una piccola scrivania con vari fogli sparsi sopra.

Mi metto delicatamente seduta sul comodo letto, toccandomi la fronte e pensando al fatto che non ricordo assolutamente niente della sera prima, l'ultimo momento che ho in testa, sono io che mando a fanculo un gruppo di ragazzi coglioni, poi niente, vuoto più totale. Ma di una cosa sono certa, mi sono presa una sbornia assurda.

Sento la porta della camera aprirsi lentamente e da essa appare lo stesso uomo di ieri pomeriggio, quello che mi aveva rivolto la parola mentre ero sdraiata sulla panchina.

-E io che cazzo ci faccio qui?- gli chiedo prima che lui possa dire qualsiasi cosa.

-Ieri sera ti ho incontrata ubriaca marcia, ti ho aiutata a smettere di bere e ho offerto di riportarti a casa, ma non avevi le chiavi e così ti ho portata qui, considerando il fatto che non eri nemmeno in grado di camminare- risponde alla mia domanda spalancando completamente la porta e appoggiandosi allo stipite di quest'ultima.

-Oh... Cazzo mi dispiace averti disturbato- mi alzo da letto rimettendomi le scarpe pronta per tornare a casa mia.

-Non hai dato noia, tranquilla- mi sorride gentilmente facendo spallucce.

Dopo aver ringraziato, apro la porta, ma mi sale una domanda in testa.
-Ma... come ti chiami?- mi giro verso il salone, nel dove lui prende comodamente un caffè.

-Martín, Martín Berrote- alza lo sguardo dal caffè guardandomi negli occhi, -e tu?-

-Alyssa Martínez-

Torno a casa a piedi, dopo aver scoperto di abitare abbastanza vicini con la mente completamente offuscata, senza ricordare ancora niente della sera prima e con un mal di testa che mi comprime come una morza la parte posteriore del cranio.
Poi i miei pensieri si rivolgono tutti a Martín. Per quale motivo ha voluto aiutarmi? Avrebbe potuto tranquillamente lasciarmi lì a sfondarmi di drink, ma non l'ha fatto. Poi cazzo, uno come lui in discoteca era da tanto che non lo vedevo. Intendo uomini della sua età ma che siano anche simpatici, non i soliti alcolizzati che ormai trovi ovunque.
"Signor. Berrote, la persona più asociale del mondo ti ha definito simpatico, ritieniti fortunato caro mio"

Appena entro nel mio appartamento, Beatriz si precipita subito verso di me, chiedendomi tutto della sera prima, e ammettendo di essersi un po' preoccupata per me.

-Ed è carino questo Martín? Eh?- mi domanda dandomi una spintarella con la spalla e con un filo di perversione nella sua voce acuta.

-Bea! Ma ha 40 anni!-

-Tu ne hai 25 e sei una donna libera, vivi la vita più sciolta Aly- mi sorride come solo lei sa fare.

Scuoto la testa, sapendo che è impossibile farle cambiare idea.

Vado in camera mia e il forte mal di testa bussa di nuovo alla mia porta. Apro il terzo cassetto del comodino, cercando tra varie medicine che tengo lì in caso di emergenza.
"Aulin.. no, questa merda fa schifo"
Tachipirina.. e dopo aver spostato termometri e cose varie lo trovo: Oki in pastiglie. Ne prendo una e non mi resta da aspettare che il dolore passi almeno un pochino.

Mi distendo sul letto iniziando a fissare il soffitto color panna. Posso quasi sentire il battito del mio cuore. Allungo un braccio prendendo il telefono e i miei auricolari bluetooth, rilassandomi ancora di più con la musica che mi entra dolcemente nelle orecchie. E senza rendermene conto, quel lento suono mi fa addormentare.

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