-I'm not enough-
La febbre si abbassò nel giro di qualche giorno. Katsuki si svegliava più volte di soprassalto, preoccupato da qualcosa che non lo lasciava dormire. Si girava fra le coperte inquieto cercando il verdino nella penombra della sua camera.
Si alzava al buio esplorando la camera a tentoni per cercare l'interruttore della luce, lo chiamava. Solo dopo aver sentito la sua voce arrivare dal buio e rompere quel silenzio pesante che impregnava camera sua, Katsuki riusciva a stendersi di nuovo tranquillo.
Se lo immaginava seduto sulla sua sedia o accanto alla finestra, quell'immagine lo calmava. Quando la mattina si svegliava, lui non c'era quasi mai. Katsuki non si preoccupava, sentiva che, in qualche modo, lui c'era ancora. Quella mattina non fece eccezione. Quando Katsuki si svegliò, il sole stava per sorgere all'orizzonte. Il cielo era di un colore rosato e la luna era ancora alta in cielo.
Decise di farmi una doccia in fretta e poi di andare verso scuola non avendo una particolare voglia di correre quella mattina. Sarebbe andato dalla dottoressa quel pomeriggio, dopo aver saltato così tante sedute a causa della febbre, Katsuki non sapeva cosa le avrebbe detto e, sinceramente, se ne fregava.
Strascicò i piedi fino al bagno, uno volta entrato chiuse meccanicamente la porta a chiave, accese l'acqua della doccia e appoggiò la divisa perfettamente stirata sul mobile del lavandino. Vide di sfuggita le sue mani riflesse nello specchio, un brivido lo scosse da capo a piedi.
Le ritirò velocemente come si fa dopo aver toccato qualcosa di bollente e si voltò dando le spalle allo specchio che ricopriva gran parte del muro. Si accorse solo allora di avere il fiatone, si guardò le mani e se le portò sugli occhi esercitando una leggera pressione.
Il rumore dell'acqua scrosciante sembrava distendere i suoi nervi e districare i pensieri. Dopo qualche secondo, Katsuki tentò di regolarizzare il respiro, si guardò nuovamente le mani e si odiò per quel momento di debolezza da cui si era lasciato cogliere.
Era da tanto che non gli capitava di essere sull'orlo di un attacco di panico, rivedersi allo specchio, anche solo per una piccola parte, gli aveva fatto ricordare la sua patetica espressione riflessa in quel vetro punteggiato da miriadi di minuscole gocce. Odiava quel suo lato così debole.
Dopo essersi velocemente spogliato si mise sotto il getto d'acqua. L'acqua era gelida ma lui non se ne preoccupava, lo faceva sentire vivo.Si lavò velocemente passandosi più volte le mani sul volto in modo da ritrovare quella lucidità che sembrava aver perso.
Uscì tremolante dalla doccia afferrando l'accappatoio attaccato alla porta del bagno. Rimase seduto sul gradino del bagno per qualche minuto beandosi del calore dell'accappatoio nel quale si era avvolto. Si rialzò poco dopo e, facendo particolare attenzione a non guardare lo specchio dietro di sé, prese fra le mani la divisa piegata iniziando a vestirsi lentamente.Asciugò distrattamente i capelli con un panno e gettò la cravatta della divisa scolastica sul mobiletto. Prese i suoi panni sporchi da terra e li portò nella lavanderia, proprio accanto al bagno.
Senza preoccuparsi di fare piano, entrò in camera sua sbattendo la porta. Afferrò la cartella e se la mise distrattamente su una spalla. Guardò distrattamente la sveglia prima di uscire dalla camera, quella mattina non avrebbe dovuto correre per arrivare in tempo.
Una volta in cucina passò davanti al tavolo sul quale sua mamma gli aveva preparato la colazione. Storse il naso, contraendo il volto in un'espressione nauseata prima di buttare via tutto e uscire di casa avvolto nel suo lungo cappotto nero. Si guardò attorno, la via di casa sua era completamente libera. Camminava strascicando i piedi e sbadigliando di tanto in tanto mentre la playlist scorreva e la musica gli rimbombava nelle orecchie.
Arrivò a scuola in meno di trenta minuti, fuori non c'era ancora nessuno e lui, specialmente quella mattina, non aveva voglia di vedere nessuno.
Trovò una panchina libera nei pressi dell'entrata e si buttò sopra lanciando lo zaino poco lontano da lui.Si strinse nel cappotto cercando un modo per riscaldarsi, prendendo, quindi, a sfregare le mani fra loro. Il sonno arretrato e la stanchezza degli ultimi giorni, gli fecero chiudere gli occhi mentre ancora la musica scorreva nelle cuffiette.
"Kacchan!"
Katsuki aprì gli occhi di scatto facendo uscire un urlo dallo spavento. Appena vide la figura sorridente del verdino davanti a lui, si portò una mano al petto inclinando di poco la testa.
"Mi vuoi far venire un infarto, eh Deku?!" Disse alzando la voce, irritato ma allo stesso tempo felice di sentirlo ridere."Con chi ce l'hai?" Disse Kirishima avvicinandosi alla panchina dove era seduto il biondo. Katsuki si girò nuovamente di scatto, portandosi ancora una volta, una mano al petto.
"Volete uccidermi oggi" disse piano, alzandosi dalla panchina e controllando l'ora sul telefono.Kirishima lo guardava usare il cellulare con un'espressione confusa sul volto.
"Hai qualcosa da dirmi capelli di merda? Ti ho già detto che mi infastidisci quando mi fissi" disse Katsuki rimettendosi il telefono in tasca e constatando, seppur con rammarico, di aver dormito quasi per un'ora.Kirishima non sapeva cosa dire. Era forse il caso di parlare davvero di quello che lo preoccupava? Non poteva comunque parlarne con lui e, soprattutto, cosa avrebbe ottenuto facendolo? I genitori di Katsuki si sarebbero sicuramente arrabbiati e non poteva neanche immaginare la reazione del biondino o quella della dottoressa che lo seguiva. Non aveva scelta e rimpianse, ancora una volta, di aver promesso alla dottoressa di aiutarla. Non pensava certo che sarebbe stata così dura, non poter dire nulla lo faceva stare ancora più male.
Ma, tanto, quelle erano solo teorie e Kirishima lo sapeva benissimo. Katsuki non poteva esserlo, no era impossibile anche solo da pensarlo.
Troppo assorto nei pensieri non si accorse neanche che il biondo gli stava ancora parlando."Cazzo, mi stai ascoltando o no?!" Disse il biondino alzando il tono di voce.
Kirishima si riscosse velocemente.
"Eh? No, scusa. Cosa stavi dicendo?" Disse passandosi una mano fra i capelli e maledicendosi per essersi distratto proprio davanti a lui.Izuku assottigliò lo sguardo, qualcosa non gli tornava in tutta quella faccenda. Guardò fisso Katsuki parlare con Kirishima, anche lui doveva aver capito che qualcosa non tornava. Passò accanto al rosso, quasi sfiorando la sua spalla, e appoggiò una mano sulla spalla di Katsuki.
I suoi muscoli divennero tesi e il discorso che stava facendo si interruppe.
Izuku si avvicinò velocemente all'orecchio del biondino sussurrando appena, nonostante sapesse che il ragazzo davanti a lui, che fissava Katsuki con un'espressione confusa, non potesse in alcun modo sentirlo."Loro sanno qualcosa" sussurrò Izuku allontanandosi subito dopo e guardando i muscoli del biondino diventare sempre più tesi.
"Amico, tutto bene? Sei diventato pallido" disse Kirishima con una strana morsa allo stomaco, sentiva che qualcosa non andava e quel sentimento lo spaventava.
Non voleva crederci, ma forse doveva. Lo avrebbe aiutato? Chi avrebbe aiutato lui a fronteggiare tutto? Non si sentiva capace.Katsuki indietreggiò. Come lo avevano scoperto? E poi chi fra le persone accanto a lui lo sapevano, chi faceva parte del "loro"?
Guardò il rosso davanti a lui, forse lui non si era accorto di nulla, far trasparire le emozioni lo avrebbe fregato in quel momento. Era sempre stato attento, come diavolo era potuto succedere?
Guardò velocemente il verdino che era accanto a Kirishima e annuì impercettibilmente. Izuku sorrise."Dobbiamo entrare un classe" disse il biondino oltrepassando il rosso cui sentì farfugliare qualcosa prima di seguirlo verso l'aula.
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OKAY OKAY OKAY
Mi hanno dimesso gente e adesso posso postareeee
Vi volevo dire due cosucce.
Allora la storia sta per finire (non dura molto sigh) MA ne sto già scrivendo un'altra quindi non vi libererete mai di me :P
Vi voglio bene gentee
See ya
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Numb || Bakudeku
Fiksi Penggemar"No, no, no... ti prego, non voglio morire. Non così, non ora, non qui, non senza di lui, con il sole alto nel cielo. Mi perdonerai, lo farai no? Mi perdonerai per essere morto così?"