Capitolo 30

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«Pigiama?», chiede Giorgia, la cui voce esce gracchiante dall'altoparlante del mio computer a causa del tono fin troppo alto impiegato.

Un coro di assensi si alza.

«Copertina di plaid?», chiede Giulia, mostrandoci la sua tramite lo schermo.

«Tesoro, se non te ne fossi accorta, siamo a fine settembre e qui ci sono ancora 30 gradi di sera», precisa Mattia, col suo solito fare saccente che mi fa roteare gli occhi.

«Parla per te, qua a Stoccolma sembrano esserci i pinguini, porca troia!», esclama Luca, strappandomi una risata sincera.

«Colpa tua che hai scelto l'Islanda come meta», lo canzona l'altro.

«Sono in Svezia, cretino!».

«Calma!», esclamo battendo un righello sulla scrivania, in modo da fare rumore e riportare la calma all'interno del gruppo. Lo facevo sempre quando eravamo a Roma, tanto che per il compleanno i miei amici mi hanno regalato un piccolo martelletto in legno come quello che i giudici usano in tribunale, ma non l'ho voluto portare con me per paura di perderlo.

Una volta riportata la quiete, Giorgia sorride. «Birra?», chiede infine, alzando la sua bottiglia stappata in modo da farla entrare nell'inquadratura, cosa che ripetiamo tutti mentre esultiamo in coro come se stessimo festeggiando nella stessa stanza.

«Allora, chi parte a raccontare la sua nuova vita lontano dalla propria patria?», chiedo una volta ripristinata la calma, e roteo gli occhi nel vedere Mattia alzare la mano per prendere parola. Prevedibile.

Nei cinque minuti successivi scopro che a Madrid è pieno di persone particolari, ancora più che a Roma, e le strade sono piene zeppe di artisti di strada. Mattia ci ha passato diverse ore da quando è arrivato lì, e pare che lui e il suo ragazzo abbiano già stretto amicizia con un gruppo di aspiranti pittori e musicisti. In poche parole, l'esatto prototipo di persona che piace al mio amico. La loro convivenza sta andando a gonfie vele e, stando a quanto dice lui, sta passando più tempo a darci dentro con Giacomo che a studiare e, per quanto assurdo sia pensare a Mattia che trascura lo studio, non stento a crederci. C'è soltanto una cosa che gli interessa più dello studio e dei voti alti, e questa cosa è senza dubbio il sesso.

«A proposito Francé, manca poco al tuo compleanno», osserva subito dopo averci delucidato circa la sua ultima posizione sessuale sperimentata.

Inarco un sopracciglio. «In che senso "a proposito"?».

Lui sorride, beffardo. «Puoi dirmi il tuo indirizzo a Sheffield? Vorrei spedirti un vibratore come regalo di compleanno, ti servirà in questi lunghi mesi di pioggia e cielo grigio».

Ora, so che sta scherzando - o forse no? - ma la sua battuta mi fa rabbuiare subito. Certo, il sesso è l'ultima cosa che mi manca della mia relazione complicata con Niccolò, sebbene sarebbe ipocrita sostenere che non mi manchi affatto, ma è comunque una cosa che mi porta a pensare a lui.

Chissà come sarebbe stato gestire la relazione a distanza. Probabilmente disastroso, come già avevano preannunciato i periodi in cui si trovava in giro per l'Italia per promuovere i suoi album o per i concerti. Poi però mi immagino all'aeroporto ad aspettarlo, magari con solo uno zaino perché può restare solo una notte tra un concerto e l'altro, fuori diluvia e quindi ci rinchiudiamo nel mio monolocale, stetti sul divano sotto a una coperta a guardare Peter Pan. Ed è lì che diventa difficile sopportare il peso della sua assenza. Perché certo, è facile scacciare una mancanza pensando a tutto ciò che sarebbe potuto andare storto; è quando si fanno i conti con tutto ciò che ci sarebbe stato di bello che iniziano le difficoltà. E purtroppo, di cose belle, con Niccolò ne sarebbero arrivate tante, e io lo so.

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