Capitolo 5

2.6K 149 25
                                    

Di questo venerdì, io avevo già programmato ogni singolo minuto. Sveglia alle nove, Alessia che arriva alle dieci e trenta, col suo solito ritardo di minimo venti minuti però, poi teoricamente studio cooperativo fino all'una. Teoricamente, perché alla fine non concludiamo mai nulla se non fin troppe chiacchiere, ad esempio su Ermal Meta e la sua vita, miracoli e futuro. Poi all'una, papà che arriva a casa e cucina il pranzo, Alessia che sicuramente mangia da noi a scrocco, poi se ne va alle due così come mio padre che torna al lavoro, lei però per incontrarsi con uno dei suoi diversi gruppi di amici. Poi un po' di sano gaming, che non fa mai male, fino alle quattro e, spenta la PlayStation, riprendere a studiare o per lo meno fare finta fino a quando, alle sette di sera, non rientrano i miei.

È tutto andato secondo i piani, almeno fino alla parte di papà che arriva all'una e chiede ad Alessia se si ferma a pranzo da noi. Poi è bastato un attimo, un campanello e una persona a cambiare tutti i miei programmi. Alessia se l'è svignata, sostenendo di essersi ricordata improvvisamente di un impegno improrogabile, e si è appurata di scoccarmi un occhiolino e un sorriso maliziosi prima di uscire di casa. Mio padre, superato lo shock dovuto dal non essere per una volta la priorità del ragazzo in questione, ha insistito perché Niccolò si fermasse a pranzo con noi, il quale non ha esitato ad accettare, approfittandone per farsi dare un'occhiata veloce alla gola che, come previsto, non aveva assolutamente niente di irritato. Durante il pranzo ho scoperto che papà segue Niccolò e la sua famiglia da anni, e che prima di qualche anno fa l'eschimese non era ipocondriaco come è oggi. Certo, papà lo ha preso in giro perché anni fa riceveva chiamate da parte di un ragazzino di quattordici anni convinto di star per morire, suggestionato da una puntata di Grey's Anatomy appena vista, ma a sua detta non era insistente e tragico come adesso. Niccolò, da parte sua, è molto ironico su questa cosa ed è il primo a prendersi in giro da solo, altrimenti sono certa che mio padre non si prenderebbe mai la libertà di farlo a sua volta. Dal canto mio, mai avrei pensato di trovare divertente parlare di malattie varie ed assortite, ma a quanto pare Niccolò mi farà ricredere su molte mie convinzioni, come quella di essere invincibile a Call of Duty.

Durante il pranzo ho provato a capire per quale motivo sia venuto a cercarmi e perché mi abbia chiesto di accompagnarlo in centro, ma è stato ermetico sull'argomento. Ho solo ottenuto l'informazione che dovrà partecipare a un evento importante per due sere consecutive la prossima settimana, niente di più, niente di meno. Davvero poco per una curiosa come me, ma abbastanza per non farmi fare altre domande, con il costante timore di essere invadente o inappropriata. Finito di mangiare, papà è scappato nuovamente al lavoro mentre noi abbiamo sistemato i piatti, le posate e i bicchieri in lavastoviglie. Io ho insistito per passare almeno dieci minuti sul divano prima di partire, ché ho bisogno di un attimo di riposo dopo ogni pasto pigra come sono, ma Niccolò si è rifiutato categoricamente, sostenendo che se ci si stende dopo pranzo, non ci si alza prima di due ore. Cosa vera, ma a cui speravo non pensasse.

E così, ora mi trovo per le vie del centro, camminando tra la folla di turisti, uomini d'affari e ragazzini appena usciti da scuola, accanto a un eschimese ipocondriaco. Diverse persone si sono girate a guardarlo storto, e sinceramente non le biasimo. Dopotutto, vedere una persona conciata come l'omino Michelin, con anche gli occhiali da sole nonostante la giornata uggiosa, non è da tutti.

"Non posso ammalarmi, non ora", sono state le sue parole quando gliel'ho fatto presente, e io non ho fatto ulteriori domande.

Sono sempre stata così, non ho mai fatto molte domande. Sono sempre stata dell'idea che se una persona vuole dirti qualcosa, lo fa indipendentemente dalle domande che tu le poni e, anzi, forzarla a parlare con un interrogatorio non è altro che controproducente, oltre che irritante e invadente. Questo probabilmente è dovuto a mia mamma, che mi ha sempre fatto talmente tante domande che sono finita con l'inventarmi cose per non raccontarle ogni minuscolo dettaglio della mia vita. Odio il modo in cui si rapporta con me, come mi faccia migliaia di domande ma non ascolti mai le risposte, tranne quelle che le interessano ma che non importano a me. Quindi sono cresciuta così, con l'abitudine di non chiedere mai niente a nessuno, se non per cortesia. So che questa mia caratteristica viene spesso e volentieri fraintesa come menefreghismo, ma ormai fare domande non mi viene naturale, nonostante la mia incolmabile curiosità che cozza sempre con questa cosa, e a volte ammetto di lasciarla prevalere.

Vuoi volare con me? || UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora