Haywood

Dopo quella che mi sembrava una vita, entrai nella centrale di polizia di Manhattan e mi sentii subito a casa. Sorridendo, mi godetti la sensazione del calore che solleticava la mia pelle. Mi tolsi la sciarpa, il cappello e mentre ravviavo i miei ricci salutai i colleghi ai quali diedi il cambio, che mi domandarono come fosse andata nel Queens.
Mi premurai di rispondere cortesemente ad ogni curiosità, poi mi congedai e mi incamminai verso il mio ufficio, la mia seconda casa. Lì avrei potuto riflettere con calma sulla possibilità di ottenere il caso Reyes senza ereditare l'intero pacchetto, almeno.

Entrato nel mio ufficio, appoggiai il cappotto e i vari accessori sull'appendiabiti, infine tirai su le tendine per far capire a tutti che fossi tornato. 
Ero particolarmente di buon umore, per essere ad un passo dal volermi confrontare con il mio superiore, ma parlare con il commissario Gemini sarebbe stato sicuramente meno stressante che farlo con i miei familiari. Eccetto mia mamma, ovviamente. Parlare con lei mi rendeva sempre allegro, e dopo il messaggio di stamattina - Mio caro Haywood, dispiace anche a me non averti salutato. Capisco la situazione, però. Stai tranquillo. Sono orgogliosa di te. Ti voglio bene.- ero letteralmente al settimo cielo.

Premetti il tasto di accensione del computer e mentre attendevo che si avviasse, mi stiracchiai e sprofondai nella poltrona di pelle nera. 

«Questa si che è vita.» Feci un giro su me stesso e respirai un po' di pace.
Niente più Heath, Royce, Hailee o Edith. 

Niente di niente. 

Solo io e me stesso, a condividerci. 

Quando il pc fu pronto all'uso inserii la password e controllai le nuove email: nulla di importante, a parte quella relativa alle denunce sporte contro Ray Smith e al rispettivo processo, che si sarebbe tenuto il mese successivo. 
Piuttosto soddifatto dell'esito che avevo ottenuto e compiaciuto per la mia operosità impeccabile, ripresi in mano il fascicolo della famiglia Reyes con due obiettivi: innanzitutto, trovare chi avesse fatto sparire le prove incriminanti -qualcuno che conosceva molto bene questo posto- e poi ricostruire il caso passo dopo passo, meglio di quanto avesse fatto mio padre in passato. 

«Si inizia, Haywood.»

Ripresi in mano il referto dell'autopsia della signora Reyes e, dato che il giorno precedente ero stato distratto, adesso mi premurai di leggerlo con cura ed attenzione, riga per riga, parola per parola.
Sebbene si fosse trattato di un documento prettamente scientifico, non riscontrai delle grandi difficoltà nell'analisi dello stesso, al contrario la trovai molto esaustiva, tanto da essere sempre più convinto che il medico referente fosse stato corrotto: era troppo precisa, studiata nel minimo dettaglio e riportava le stesse frasi che avevano recitato tutti coloro che avevano sostenuto Aaron Reyes, quasi fossero state premeditate. Su una scala da uno a cento, ero sicuro delle mie supposizioni a novantasei: avrei approfondito il prima possibile.

Accantonai il certificato medico e ripresi in mano la cartellina rossa, sparpagliai i fogli sulla scrivania e andai dritto al punto afferrando quello contenente il tarlo che più mi premeva: la figlia perduta di Aaron e Jane Reyes.

Blue è il secondo nome di nostra figlia, mia e di Jane. Gia Blue Reyes, per la precisione. L'artefice di ogni cosa è lei, io mi sono sacrificato da padre ma sono innocente. È Gia, quella sbagliata della nostra famiglia, però non credevo sarebbe arrivata a tanto...La mia Jane...Lei deve averla scoperta. Gia è il male.

Quanti anni aveva? Com'era fatta? Era ancora viva oppure era morta?
Se si fosse trattato del primo caso, era responsabile della morte della madre e dell'incarcerazione del padre? E se fosse venuta a mancare, quali sarebbero stati i motivi fondanti del suo decesso? O forse non era mai esistita? Se fosse realmente esistita, invece, a quale età aveva deciso di scappare? Dove aveva vissuto per tutto questo tempo? Perchè non era mai tornata? Perchè non aveva denunciato l'attività del padre? Non ne era a conoscenza oppure ne era la mente suprema? 

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