Epilogo

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Negli anni trascorsi a Roma, Harry aveva imparato molte cose

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Negli anni trascorsi a Roma, Harry aveva imparato molte cose.

Aveva constatato la comprensibile passione che gli italiani avevano per il buon cibo e per il buon vino e, dopo aver assaggiato tutti i piatti dell'osteria al piano terra del suo palazzo, aveva chiesto alla proprietaria, romana verace e tremendamente affettuosa, di insegnargli il segreto della sua Cacio e Pepe. A quella richiesta la signora Anna non si era tirata indietro e, oltre ai piatti della tradizione, gli aveva insegnato anche qualche modo di dire nel dialetto romano viste le sue scarse doti culinarie.

Aveva realizzato presto che non fosse necessario chiudersi in un museo per apprezzare l'arte, perché l'Italia stessa era un museo a cielo aperto grazie alle antiche rovine di Roma, ai grattacieli che sfioravano le nuvole plumbee di Milano, ai borghi medievali arroccati sulle colline o alle spiagge dall'acqua cristallina della Sicilia. Si era beato di nuovi panorami, colori, profumi e odori che lo avevano ispirato in tanti modi diversi e che lo avevano cambiato inesorabilmente perché era impossibile assistere a uno spettacolo del genere quotidianamente e rimanere la stessa persona.

D'estate aveva imparato che il traffico potesse essere bestiale al ritorno dal mare la domenica sera e d'inverno che niente univa e divideva allo stesso tempo gli italiani più del Festival di Sanremo la prima settimana di febbraio. Aveva imparato, poi, tante nuove parole, alcune complicate, altre buffe, altre ancora tremendamente dolorose perché significano "mi manchi" e "vorrei che fossi qui con me".

In ogni caso, a un anno dalla fine del suo tirocinio, Harry poteva affermare che quelli trascorsi in Italia fossero stati gli anni più folli della sua vita. Erano stati caotici, a volte erano somigliati a una corsa contro il tempo, ma gli avevano permesso di formarsi, di conoscere persone che avevano lasciato in lui un segno profondo, di capire chi volesse essere dal punto di vista umano e lavorativo. E, se lo avevano portato a far parte del team di Alessandro Michele e di Gucci, allora, poteva affermare senza alcun dubbio che fossero stati anche i più giusti. Per questo, dopo essersi stabilito di nuovo a Londra, tornare a Roma gli faceva sempre uno strano effetto.

«Due settimane e sarò a casa.» aveva sospirato, non appena l'aereo era atterrato a Fiumicino un pomeriggio di metà maggio.

Da quel momento in poi aveva vissuto due settimane piene, ricche di imprevisti, notti insonni, risate e incomprensioni, ma la sfilata ai Musei Capitolini si era finalmente conclusa tra pepli romani e riferimenti sociopolitici al mondo più contemporaneo nel migliore dei modi. Ormai non era più un novellino, ma le emozioni e l'adrenalina che provava nel momento esatto in cui gli abiti sfilavano in passerella erano sempre le stesse ed erano capaci di lasciarlo con il fiato sospeso fino al ritorno dei modelli nel backstage.

A Million Dreams // L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora