Zombie - Da Haiti alla Pennsylvania

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di SimoneFar


Una creatura inquietante si aggira per la città. Ha le orbite vuote, la pelle raggrinzita, un'espressione perennemente assente. Sta camminando da molto, moltissimo tempo perché deve vendicare un torto subito settant'anni prima, quando un miliardario, accecato dall'avidità, bruciò il suo villaggio. Ora, dopo aver vagato indefessamente per il pianeta ha finalmente trovato dove vive il suo obiettivo ed è pronto a consegnargli il feticcio avvelenato che lo maledirà per l'eternità. Purtroppo, per uno scherzo del destino, invece di fare visita a lui trova suo nipote e su di lui scaglia l'incantesimo.

Storia terribile, eh?

Però forse vi manca un dettaglio: il miliardario e il nipote hanno le piume.

E il becco.

Il nipote veste alla marinara, il miliardario in ghette e tuba.

Che voi ci crediate o no, la prima tappa nel nostro viaggio alla scoperta dei non-morti ci porta da Carl Barks.

Siamo nel 1949, la storia è «Paperino e il feticcio» («Voodoo Hoodoo» in originale) ed è un buon punto di partenza perché la parola zombie non è ancora stata realmente codificata, né è ancora arrivata da noi, tanto è vero che i traduttori nostrani la trovarono ostica per il nostro pubblico e si inventarono il termine «gongoro» per tradurla. Lo stesso Barks, però, aveva le idee un po' confuse oppure, più semplicemente, non gli interessava l'aderenza antropologica al termine. Il suo zombie, infatti, veniva dall'Africa e sebbene fosse effettivamente un non-morto (per quanto si possa dire apertamente in una storia Disney), il suo creatore era lo sciamano di una tribù persa nelle profonde foreste del continente nero.

Questo è abbastanza scorretto. Ad attenerci strettamente al termine «zombie» scopriamo che questa parola identifica un preciso rituale haitiano tramite cui i Bokor, stregoni voodoo, sarebbero capaci di trasformare le persone in pupazzi senz'anima da poter usare (più morti che vivi, ma non necessariamente già morti eh) come schiavi. Una superstizione, naturalmente, tenuta viva dal fatto che si può ottenere un risultato molto simile non tanto con la magia, ma somministrando a un povero malcapitato il giusto mix di droghe.

C'è però qualcosa che non va. Né il «Gongoro» né questo zombie haitiano sono la creatura che cerchiamo. Vi ho però detto che saremmo partiti da lontano e quindi la strada da percorrere è molta. Abbiate pazienza e continuiamo il nostro viaggio.

Fermiamoci un momento da tutt'altra parte e tiriamo giù dagli scaffali delle credenze popolari una creatura completamente diversa ovvero il ghoul (o ghul), essere della mitologia mediorientale, abitatore dei cimiteri, divoratore di cadaveri, anima vagante. Questo termine, forse più ostico da pronunciare, non ha raggiunto la diffusione di zombie, ma scartabellando l'immaginario moderno è stato usato in diversi contesti. Sono definiti ghoul, per esempio, i servi dei vampiri, cioè coloro che, essendo stati morsi in certe condizioni, non diventano vampiri a loro volta, ma semplici schiavi. Il bestiario di Dungeon & Dragons li comprende come non-morti leggermente più «nobili» degli zombie (anch'essi presenti) e attribuisce loro la capacità di «infettare» chi mordono. Recentissimo, infine, il manga Tokyo Ghoul, dove per l'appunto i ghoul sono protagonisti. Lo so che i Giapponesi quando prendono in mano queste cose ne fanno sempre un po' quello che vogliono, ma per completezza ho pensato fosse carino citarlo.

Bene, a questo punto abbiamo non una, ma ben due figure mitologiche tra le mani: lo zombie e il ghoul. Provengono da due culture completamente diverse, funzionano secondo principi completamente diversi, ma la forza della narrazione è abbastanza arrogante da credere di poterli mischiare. Con questi due marcescenti signori a bordo siamo pronti quindi a raggiungere una tappa fondamentale del nostro viaggio: 1968, George Romero e la Notte dei Morti Viventi.

Il cinema horror non nasce, naturalmente, con Romero. L'horror è forse uno dei primi generi di racconto a cui si dedica la settima arte. È indubbio però che c'è un cinema horror prima di Romero e un cinema horror dopo Romero quindi non c'è da stupirsi se la Notte dei Morti Viventi farà sì che lo zombie-movie diventi un protagonista della cinematografia mondiale.

Lo zombie di Romero ha l'ottusità e ostinazione dello zombie haitiano miscelate con la capacità di contagio e la voracità dei ghoul. È una creatura cimiteriale perché il cimitero è il luogo con maggior concentrazione di cadaveri disponibile in una città ed è una creatura vicinissima a noi perché ha l'immagine del nostro vicino di casa perito in un incidente, del nostro parente appena scomparso o della persona di cui abbiamo letto la dipartita sul giornale. Non è mitologico e non è magico (la spiegazione del risveglio dei non-morti è di solito bizzarramente fantascientifica), è uno specchio grottesco di noi stessi. Soprattutto, eccola qui la grande svolta, lo zombie è una creatura vuota. L'horror cinematografico fino a quel momento ha usualmente cercato di porre i suoi protagonisti a confronto con un male mostruoso. Anche nel descrivere l'orrore indefinito il cinema (ovviamente di marca americana) non ha mai mancato di tracciare la linea di demarcazione tra buoni e cattivi. L'orrore e la paura dipendono da qualcosa di malvagio, qualcosa di perverso. La corruzione morale è spesso il motore della vicenda.

Lo zombie, invece, non è cattivo. Le sue orbite vuote lasciano intendere che non si accorge nemmeno di compiere del male. È animato da una fame cieca, ottusa, che l'ha trascinato indietro a uno stato animalesco, che però subisce passivamente. Dovete distruggere gli zombie per salvarvi la vita. Dovete sfuggirli. Ma giudicarli sarebbe semplicemente un'assurdità.

Questo enorme cratere che Romeno apre all'interno della narrazione horror fa sì che la Notte dei Morti Viventi diventi un vero e proprio ricettacolo di metafore, uno specchio che permette a chiunque di leggerci un aspetto della società. Gli zombie potrebbero essere la borghesia americana, svuotata di ogni reale sentimento, consumistica, pilotata verso la caccia a cose che non desidera davvero, pronta a inglobare chiunque incontri. La loro marcia, però, è anche una marcia di creature sconfitte, lacere, distrutte, una marcia di ultimi lasciati indietro, che si vengono a prendere la loro rivincita sulla perfetta società americana e la distruggono smantellandone l'ipocrisia, trasformando anche le persone comuni in bestie assetate di sangue che, per avere salva la vita, non disdegnano di massacrare chi è simile a loro con motoseghe, fucili e qualsiasi arma truculenta a disposizione. Infine (ma potremmo andare avanti ore) questa distesa di corpi massacrati, che pure si muovono, sono forse gli spettri che si agitano nella coscienza della nazione che ha mandato a morire la sua gioventù migliore in Vietnam, ragazzi che anche in quel contesto terribile si sono trovati a marciare senza capire il perché delle loro azioni.

Per cambiare il cinema horror Romero doveva mostrare qualcosa più di un horror. Per avere qualcosa più di un horror doveva mostrare un mostro come non ne erano mai esistiti prima. Un mostro inarrestabile, dal passo lento, ma invincibile. Che infatti dopo quel momento non ha più smesso di infestare l'immaginario delle persone.

(continua)


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