Da Racoon City a Casa

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Da Racoon City a Casa

di SimoneFar

E così siamo arrivati alla fine del nostro lungo viaggio attraverso gli zombie, l'ultima tappa, naturalmente, è dedicata ai nostri giorni, al mondo che ci circonda. Cosa sono oggi gli zombie per noi? Come abbiamo già detto Resident Evil, un'opera giapponese tornata occidentalissima grazia al lavoro di P. W. S. Anderson, ha riacceso l'amore nei confronti di queste creature e così i decenni più vicini a noi hanno ricominciato a metterle un po' dappertutto, rigirandole in vari modi.

È la consapevolezza, certamente, che impronta i lavori sugli zombie degli ultimi anni. Tutti gli autori vi si dedicano sapendo che il loro pubblico, al solo sentire la parola «zombie», sa perfettamente di cosa si sta parlando. Perché alla fine il loro pubblico è rappresentato dagli adolescenti degli anni '80 cresciuti sulle VHS di cui abbiamo già parlato e ora inevitabilmente arrivati a maturità con un bagaglio di immagini e nostalgia ottimo da sfruttare. Con un fenomeno proprio della cultura pop che si è ripetuto molte volte nel corso dei decenni, non c'è realmente bisogno che qualcuno ci racconti cosa siano gli zombie, lo sappiamo già, si tratta di usarli sapientemente.

Un esempio lampante di questo approccio alla materia è Manuale per sopravvivere agli Zombie di Max Brooks: gli zombie esistono, l'eventualità che l'apocalisse Zombie ci colga è reale, tanto vale cominciare a produrre manualistica. Ovviamente non significa «credere» agli zombie, si tratta piuttosto di costruire un gadget, un oggetto divertente, sopra qualcosa di consolidato.

E gli zombie hanno anche imparato ad andare ai ritmi che la nostra società dello spettacolo impone. Così, quando nei primi 2000 è apparso 28 Giorni dopo ha cominciato a consolidarsi la vera e propria polemica sugli «zombie veloci». I puristi si sono chiesti che senso avesse proporre delle persone infette, «malate», in certi casi già un po' putrefatte e poi farle correre come gazzelle dietro ai protagonisti? Era uno smacco terribile alla tradizione!

La prima risposta possibile, se vogliamo, da persona smaliziata, sta nel chiedersi piuttosto come abbiano fatto generazioni e generazioni a preoccuparsi di creature divoratrici di carne umana, indubbiamente, ma incapaci di fare più di un passo al minuto. A pensarci bene (si ragiona a posteriori) se tutte quelle povere persone invece di barricarsi nel consueto negozio di ferramenta o villetta si fossero limitati a continuare a scappare via correndo un po' di qua e un po' di là probabilmente avrebbero avuto salva la vita, come atleti dopati a un macabro gioco d'acchiapparella.

Ma vi vedo già, laggiù in fondo alla sala, col ditino alzato a spiegarmi che quelli di 28 giorni dopo non sono zombie perché in realtà non sono nemmeno morti, ma solo infettati da una sorta di «rabbia». Eh, ma io speravo di avervelo già chiarito il fatto che gli zombie non hanno sempre la forma di zombie e, soprattutto, non si chiamano quasi mai zombie e nonostante questo sono sempre zombie, perché l'archetipo su cui si basano è allo stesso tempo così forte e così labile da permettergli di assumere uno spettro vastissimo di forme. Questa cosa, nei nostri anni così ossessionati dal riciclare tutto senza rendere conto a nessuno,è vera ancor più che in passato.

Gli zombie stessi, divenuti icona col sedimentarsi degli anni, hanno però smesso di essere simbolo, spostandosi a volte nel contesto delle opere che li rappresentano. Sono diventati molto spesso un dato di fatto in presenza di film che, pur subendoli, non li vuole più come protagonisti. In pratica lo zombie movie si è spostato dall'essere un horror, un film quindi imperniato sul rapporto col mostro, all'essere sostanzialmente dei disaster movie, in cui l'Apocalisse Zombie accade e deve essere accettata come un dato di fatto, mentre i personaggi combattono per la loro sopravvivenza. Smettiamo, in pratica, di guardare in faccia gli zombie, anche perché spesso li copriamo con discutibile CGI, gli togliamo l'ultimo brandello di umanità che ancora gli concedevamo nell'identificarli uno per uno come qualcuno del nostro passato. Diventano massa, torma, sciame, diventato un'onda di marea fatta di carne contro cui i nostri eroi cercano di piantare un argine.

Certo, non ci facciamo mai mancare la scena strappalacrime in cui uno dei personaggi (secondari) viene infettato e sottratto all'affetto dei suoi... come non ci facciamo mancare la medesima scena quando un personaggio viene travolto da una valanga, casca in un vulcano o muore di freddo in mezzo a una novella glaciazione.

Quando così non è ecco che lo zombie diventa rivisitazione di sé stesso, retrospettiva, recupero gourmet. È comica in Shaun of the dead, commedia (seppur fedele alla lettera del genere), in Zombieland, addirittura Teen Drama sentimentale nel discutibile Warm Bodies. Anche qui quello che conta è dare per acquisito tutto quello che c'è da sapere sugli zombie, così da poter dire altre cose, magari proprio per quel pubblico che non ha mai dato a vedere di volersi appassionare agli zombie o che magari ne ha visti troppi.

Probabilmente l'unico posto dove ancora la tensione narrativa delle origini si può trovare è nei film un po' «sporchi» e con produzioni limitate, con riprese mosse con telecamere a spalla, dove il coinvolgimento ha ancora un ruolo centrale. In questo senso [REC] va considerato una tappa imprescindibile del nostro viaggio.

E la TV? La TV oggi ha un peso che nei decenni scorsi si sognava, in quanto a livello di produzioni e investimenti, quindi dobbiamo assolutamente sentire cosa ha da dire. La prima serie «moderna» che affronta il tema dei non-morti in maniera genuina è forse «Dead set», un raffinato gioco grottesco che mischia invasione zombie e reality show prodotta dalla BBC nel 2008 (non sorprendetevi, gli inglesi sono spesso tra i più avanti nelle produzioni per il piccolo schermo). È però pacifico che la serie che effettivamente si è presa il monopolio dei cadaveri ambulanti è «The Walking Dead», che comincia nel 2010 ed è tutt'oggi in corso. Tratta da un fumetto (oggi completo) anche in questo caso si tratta di una storia che usa lo scenario dell'Apocalisse Zombie e al suo interno vi tesse complicati intrighi di carattere umano, sentimentale e politico, reale linfa di un'opera che cammina da un decennio. Alcuni maligni ne parlano, in effetti, come di una specie di zombie, tenuto in vita solo dall'accanimento della FOX nel produrlo, ma se tutt'oggi riesce a raccogliere appassionati confidiamo che ci si possa trovare ancora qualcosa di vitale (per completezza, lo stesso universo narrativo, oltre a videogiochi e svariati media, ha anche germinato due serie TV spin-off).

È curioso, se vogliamo, come «The Walking Dead» abbia gettato una sorta di «monopolio» sul genere permettendo pochissime altre declinazioni, tutte di certo non con il medesimo impatto sul pubblico.

Bene, signori, il nostro viaggio è concluso. Non è stato esaustivo, ve lo dico già io, ma spero che dalla sua lunghezza abbiate capito che proprio non c'era modo di trattare assolutamente tutto, se non imbarcandosi nella scrittura di un vero e proprio libro. Sono consapevole di aver privilegiato certi ambiti su altri, principalmente perché sono quelli in cui mi trovo maggiormente a mio agio, ma se anche nei commenti volete dare altri spunti di discussione o elementi questi sono bene accetti. Facciamo pure di questa ricerca un libro vivo, piuttosto che un libro non morto. Allo stesso modo spero che almeno da qualche parte, in questa lunga disanima, abbiate trovato qualcosa che vi ha incuriosito e che volete approfondire. Sapere di avervi accompagnati a scoprire qualcosa ci fa sicuramente piacere.

Ora però giù dalla macchina, tutti a casa e andate a letto.

Scanso equivoci, ricordate di sbarrare le porte.

Scanso equivoci, ricordate di sbarrare le porte

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