di SimoneFar
Uno dei primi problemi di cui ti parlano quando decidi di affrontare le zone artiche è il white-out. È quella condizione climatica per cui, per varie ragioni, il suolo e il cielo davanti a te risultano di un bianco talmente perfetto da non lasciarti punti di riferimento. In pratica è una condizione di cecità, è come trovarsi nelle tenebre, tenebre bianche. E anche in queste tenebre, naturalmente, si nascondono terribili mostri.
Ambiente illustre quello polare (perdonate se farò poca distinzione tra nord e sud, nel corso dell'articolo) per nascondervi l'orrore. Una terra che pochi hanno visto in prima persona, una terra da cui sono tornati racconti terribili, una terra dove la vita esiste e resiste, ma in condizioni talmente estreme da essere facile scambiarle per soprannaturali.
Il primo mostro che andiamo a incontrare è un mostro che non si vede e in verità non è nemmeno protagonista del racconto in cui compare. È una delle più geniali intuizioni di Edgar Allan Poe in uno dei suoi più geniali romanzi, Le avventure di Gordon Pym (1838). Il romanzo racconta l'ordalia del protagonista che, vittima di un naufragio, si trova ad affrontare prove sempre più terribili, ma sempre raccontate all'interno di un perfetto realismo. Nel finale, però, ecco che il suo viaggio (su cui ormai non ha più controllo) lo trascina oltre l'ottantaquattresimo parallelo. Ormai la sua lucidità è andata a farsi benedire da tempo e di certo la sua voce non è più molto attendibile, però quello che dice di incontrare è «una figura umana velata, di proporzioni ben più vaste di qualsiasi essere umano. E il colore della pelle della figura era del bianco assoluto della neve». Cos'è questo essere così maestoso e imponente? Come può, descritto con così poche parole, metterci addosso tanta angoscia? Non lo sapremo mai. Queste sono le ultime parole del romanzo, inutile cercarne altre. Dopo aver visto questo essere Gordon Pym non ha potuto più scriverci nulla. Quello che Poe ci regala (dopo averci trattato non benissimo per tutto il resto del libro, eh) è un avvistamento in piena regola, un'immagine sgranata, un'ombra mostruosa al limitare nel nostro sguardo. Un essere mitico il cui mito, però, è rinvigorito dal destino del povero protagonista che in qualche modo, alla sua vista, è stato messo a tacere per sempre.
Non andiamo lontanissimo nel tempo e nello spazio per trovare un altro labirinto di orrore nascosto sotto i ghiacci. In realtà non andiamo nemmeno molto lontano rispetto alla storia di Gordon Pym. Howard Phillips Lovecraft, impressionato dal racconto di Poe, decise in qualche modo di scrivere una fanfic... ehm... di creare una storia che potesse spiegare la misteriosa visione che terminava il romanzo. Nasce così Alle montagne della follia (1936) un racconto pienamente racchiuso all'interno dell'universo Lovecraftiano dei grandi antichi e del Necronomicon. In questo caso i protagonisti sono i membri di una spedizione scientifica che ovviamente inciampano in qualcosa che non avrebbero dovuto trovare. Nei primi decenni del '900 le spedizioni per conquistare i ghiacci erano all'ordine del giorno. Il polo nord è stato sorvolato da un dirigibile (italiano!) nel 1926 e nel 1928 mentre la cosiddetta «era eroica» dell'esplorazione antartica vede imprese e avventure continuative praticamente per tutti i primi tre decenni del secolo. È un periodo affascinante, che ha prodotto una letteratura tutta sua che vi invitiamo comunque a tenere in considerazione. Non ci saranno mostri, ma ci sono storie che fanno comunque rabbrividire, in un senso e nell'altro.
La spedizione descritta da Lovecraft, invece, non deve preoccuparsi né di nutristi di carne di pinguino né di cadere in qualche crepaccio. I suoi componenti si trovano invece a indagare su una città antichissima e aliena, ormai morta. Uno dice, mi sembra una scoperta già abbastanza impressionante per vincere la targhetta di «esploratore dell'anno», ma loro no, trovando nella città un tunnel decidono molto intelligentemente di addentrarsi nelle viscere della terra. E esplora che ti esplora ecco che si trovano a confronto con LA creatura, viva e vegeta che, oltre a uccidere la maggior parte di loro, porta alla pazzia i superstiti. In questo caso si tratta di un mostruoso Shoggoth, ma non vi descriverò come è fatto perché, nella miglior tradizione Lovecraftiana, se intuiste anche solo la sua immagine potreste impazzire anche voi. Sappiate solo che si tratta di essere gigantesco e informe, dotato di infiniti occhi, capace di plasmarsi nelle forme più adatte a uccidere chi va a disturbarlo.
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Creature da brivido
Short StoryVolete sapere di più sulle creature che popolano i vostri incubi peggiori? Allora siete nel posto giusto. Redivivi, esseri immortali, spiriti inquieti, creature che si nutrono di paura, qui parleremo di tutto questo e molto di più. Lasciate la luce...