Licantropi e Lupi mannari

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Il licantropo, conosciuto anche come uomo-lupo, compare nella tradizione mitologica di molte culture sin dal 2500 a.C. Utilizzato come rappresentazione di divinità antropomorfe, al lupo sono state spesso associate qualità ultraterrene, rendendolo per molti popoli un animale sacro e degno di adorazione.

Gli antichi egizi veneravano il dio Upuaut, una divinità guerriera raffigurata sotto forma di lupo (da non confondere con Anubis, rappresentato con la testa canina), mentre gli etruschi associavano al loro Dio degli Inferi un uomo-lupo, chiamato Aita, il Signore dell'Oltretomba.

Nella mitologia romana il lupo compare più volte, e non soltanto come riferimento alla famosa lupa che allattò Romolo e Remo. Anzi, quelle romane sono forse le leggende antiche che più si avvicinano alla nostra concezione odierna di licantropo. Li chiamavano "versipellis" (omonimo titolo di un cortometraggio sulla licantropia diretto da Donatello della Pepa e presentato al XXXII Fantafestival di Roma), un nome che riportava nel suo significato la credenza secondo la quale il manto del lupo nascesse sotto la pelle dell'uomo e che, nel processo di metamorfosi, esso si "ribaltasse", scoprendo la folta pelliccia.

Ne parla niente di meno Virgilio, in un racconto delle sue Bucoliche:
"Vidi spesso Meri trasformarsi in lupo e celarsi nelle selve, ed evocare le anime dai sepolcri profondi, e trasportare le messi seminate da un campo all'altro".

La mitologia greca, poi, riporta nelle sue storie il maggior numero di riferimenti al lupo. Quello più famoso è il mito di, raccontatoci da Ovidio nelle "Metamorfosi".

Ma è dalla mitologia dei paesi del Nord che provengono le leggende più succose sulla figura dell'uomo-lupo.

La stessa fiaba di Cappuccetto Rosso, di cui la versione originale sembra risalire addirittura al XI secolo, narra di un lupo capace di parlare e di imitare le movenze di un essere umano.

In questi miti norreni ricorre la figura del warg, letteralmente "lupo cattivo" (o "fuorilegge") per la sua particolare indole aggressiva, a cui vengono associate le bestie più famose della cultura scandinava: Fenrir, Sköll e Hati.

Fenrir (o Fenris), nato dall'unione tra il Dio Loki e la gigantessa Angrboða, nel mito viene presentato come un lupo gigantesco di grande intelligenza e con la facoltà di parola, caratteristiche che lo rendono molto simile alla nostra concezione odierna di licantropo. Lo stesso dio Loki, suo padre, viene considerato un dio ambiguo, capace di cambiare forma animale (e sessuale) a suo piacimento.

Per quanto riguarda Sköll e Hati, erano entrambi figli di Fenrir, e quindi fratelli di sangue. Sono i due lupi mitologici che rincorrono rispettivamente Sòl e Màni (il Sole e la Luna) con l'intenzione di divorarli. La leggenda dice che durante il Ragnarǫk (la versione norrena dell'Apocalisse, la battaglia finale tra Luce e Oscurità) Sköll e Hati riusciranno nel loro intento, portando buio in Cielo e in Terra. Sono sempre loro che causano le eclissi solari e lunari. Quando queste avvengono, significa che uno dei due è quasi riuscito a raggiungere il suo scopo.

Un altro rimando ai lupi nei miti norreni sono gli Úlfheðnar (letteralmente "vestiti di lupo"), guerrieri leggendari che indossavano soltanto pelli di lupo da loro uccisi. Si dice che combattessero in branco, proprio come i lupi, e che avessero una forza e un'aggressività nella lotta fuori dal comune, e che tali qualità le ricevessero dall'animale di cui vestivano e dal dio Odino.

Furono proprio le storie sugli Úlfheðnar a contribuire alle leggende sui lupi mannari: il vescovo Olaus Magnus parla di «Licantropi del Baltico». Sono molte le opere contemporanee che hanno attinto alla mitologia di questo popolo.

Prima fra tutti la saga de "Il Signore degli Anelli" di J.R.R. Tolkien, nella quale compaiono i Warg (o Mannari Selvaggi), una razza di lupi demoniaci creati da Sauron e utilizzati come cavalcature dagli Orchi.

Nella saga di Anita Blake, la Sterminatrice di Vampiri, l'autrice Laurell K. Hamilton utilizza i nomi di Sköll e Hati per identificare le guardie del corpo dell'Ulfric (l'Alfa dei lupi mannari), mentre Fenrir è colui che sfiderà il capobranco per prenderne il posto.

In Harry Potter e il Principe Mezzosangue compare il personaggio di Fenrir Grayback. E sì, caso vuole che sia proprio un licantropo.

Contrariamente a quanto si pensa oggi, licantropo e lupo mannaro non nascono come due concetti sinonimici.

Il licantropo (dal greco lýkos, "lupo", e ánthropos, "uomo") significa letteralmente uomo-lupo. O uomo dalle sembianze di un lupo. Il lupo mannaro, invece, nasce come termine intorno al 1500 per designare uno stato di malattia mentale e, secondo la religione cristiana, un segno di possessione del diavolo. Identifica dunque un cambiamento del soggetto, la trasformazione vera e propria da uomo in lupo.

Oggi queste sottili differenze non sono più significative, poiché entrambi i termini vengono usati per definire lo stesso concetto, e con una caratteristica quasi sempre presente che li accomuna: la metamorfosi forzata sotto l'influenza della luna piena.

In letteratura e in filmografia, gli uomini che si trasformano in lupi sono da considerarsi licantropi, ma non tutti sono lupi mannari.

C'è stata una polemica, probabilmente viva ancora oggi, sui "licantropi" che compaiono nella fortunata saga di Twilight. Secondo la maggioranza dei lettori, specie quelli affezionati all'idea originale, il clan dei Quileute non è davvero un clan di licantropi, bensì di mutaforma (di cui parleremo nel dettaglio in seguito), proprio per il fatto che nessuno di loro subisce l'influenza della luna piena. In realtà, se davvero fossero dei mutaforma, potrebbero assumere le sembianze di qualsiasi animale, non soltanto del lupo. Ma questa è solo una teoria, perché alcuni mutaforma possono assumere le sembianze di più animali o di uno solo (tutto dipende dall'autore e dalle caratteristiche che decide di dare alle proprie razze). L'autrice della saga, nei suoi libri, parla di licantropi e, per quanto possano non corrispondere all'immagine collettiva classica (come d'altronde non lo fanno i suoi vampiri), "licantropi", come abbiamo visto, è un termine più che appropriato, a maggior ragione perché sono in grado di assumere solo ed unicamente la forma del lupo.

Oggi, grazie alla produzione letteraria esplosa negli ultimi decenni sul tema, il termine "mannaro" ha assunto una connotazione più in senso lato.

Il Bacio della Pantera, un film del 1982, è un esempio di licantropia in cui la trasformazione non avviene in lupo, bensì in pantera; nella serie True Blood, oltre ai lupi mannari, compaiono le pantere mannare; nella saga di Anita Blake, i licantropi possono appartenere a diverse specie di animali e non soltanto ai lupi - ci sono iene mannare, leopardi, leoni, tigri e tantissime altre razze, ognuna con le proprie caratteristiche e consuetudini.

Il consiglio per i lettori del genere è di apprezzare ogni singola variante in quanto frutto della fantasia dell'autore e del suo desiderio di fare proprie le leggende antiche, per trasformarle in qualcosa di unico, e di valutare il "nuovo" insieme al contesto della singola storia.

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