Tutto ciò che sai è quel che vuoi vedere

93 4 2
                                    

-Deve firmare questi fogli- mi disse con tono severo osservandomi da dietro i suoi rayban a specchio, imperscrutabile, impossibile capire cosa stesse pensando, mi mise a disagio col suo fare così diffidente, serio, insolito.

Picchiettò distrattamente le dita sulla cartelletta, il suono che uscì da quel gesto mi diede i nervi o forse era lui stesso a rendermi così instabile, insicura, tanto che mi chiusi in me stessa osservando quei fogli senza capire, il mio sguardo ricadde suoi suoi rayban dove vidi la mia figura pallida e scompigliata, uno specchio il cui riflesso non mi piacque per niente.

Lo osservai appoggiarsi allo schienale della poltrona cercando di alleviare la tensione, mi porse la cartelletta e la osservai, era un oggetto di pelle nera ruvida con scritta sopra in numeri romani il 7, la osservai a lungo senza capire.

-Posso leggerli?- chiesi con voce debole svegliandomi dal torpore del momento, non riuscivo a parlare chiaro e tutta la sicurezza che avevo sempre mostrato era morta, fino ad allora, o poco prima di varcare la soglia, eppure avevo sempre avuto a che fare con personaggi di quel calibro e nessuno mai aveva avuto un tale atteggiamento nei miei confronti, dov'era l'uomo sorridente e amorevole che tutti decantavano? Forse dovevo mostrare venerazione e ammirazione per ricavare un sorriso?

Lui non era affatto sorridente e nemmeno amorevole, se ne stava seduto davanti a me accigliato per la mia domanda con le braccia conserte davanti al petto e un sopracciglio alzato, no, nessun sorriso comparve sulle sue labbra. Tutto di lui mostrava il suo estremo disagio nell'avermi lì davanti, sapevo che quella scelta non era dipesa dal suo volere e che era stato costretto ad avermi lì, ma sapevo anche che tipo di uomo fosse, K me ne aveva parlato in modo approfondito, di lui, delle sue manie e di come mi sarei dovuta comportare, era basilare che fossi il più professionale possibile, più di quanto ero stata nella mia vita.

-Beh, potrei farle fare una copia se ci tiene tanto, così può leggerli con calma, ma nel complesso queste carte la vincolano al silenzio più completo, non potrà parlare del suo lavoro con il sottoscritto né fornire informazioni ad alcuna persona, non su di me, non sui miei figli- abbassai i fogli per osservarlo, non stava scherzando -se questo dovesse accadere e se venissi a conoscenza che l'informatore è lei- sospirò distratto -beh... dovrà semplicemente risarcirmi di dieci milioni di dollari- spalancai gli occhi sorpresa, dici milioni di dollari? Quale pazzo aveva mai firmato un documento del genere? Neanche in dieci vite avrei guadagnato una cifra tanto alta, sicuramente a chiunque fossero state date quelle carte precedentemente non era passato neanche lontanamente per la testa di parlare con i giornali per spifferare qualche aneddoto riguardante la star.

-Quindi non potrò nemmeno vantarmi di lavorare per lei con nessun amico?- scherzai ridacchiando, nessuna reazione, ok, dovevo cambiare metodo di approccio -ok, ok. Era solo per allentare la tensione, non ho alcun amico con cui vantarmi non si preoccupi-

-La sto mettendo a disagio?- mi chiese alquanto stranito stringendosi l'indice con la mano, le osservai per la prima volta, erano mani davvero grandi, dalle dita lunghe e affusolate, molto belle, molto curate, mi accorsi di averle osservate troppo a lungo quando le abbassò sotto al tavolo nerovoso, mi ritrovai ad arrossire.

-No, in alcun modo ma...- sospirai -vede, non è il solito Michael- lo dissi arrossendo palesemente e mi morsi la lingua per quelle parole che non avrei dovuto pronunciare, e invece che ricevere rabbia il signor J sorrise sotto i baffi divertito.

-Il solito Michael?-

-Beh, quando inizio?- finsi di non sentire quella domanda, e fortunatamente non sembrò impuntarsi nell'indagare sulla mia affermazione precedente.

-Ora- mi disse sorridendo, finalmente un sorriso -ha la valigia con sé vedo, quindi può portare le sue cose nella sua stanza, John le mostrerà la strada-

***

Fui scortata da due scagnozzi di Jackson dentro una stanza dove potetti sistemare tutto il materiale necessario per il mio lavoro, Karen era davvero fortunata a lavorare in quel posto pensai, c'era tutto l'occorrente per un intero cast cinematografico, pennelli, trousse specchi illuminati in stile Hollywood, e trucchi a non finire, non serviva la mia roba, avrei potuto non portare nulla e vivere del materiale di Jackson.

Ma non ero il tipo che si approfitta delle fortune altrui, anzi, era meglio lavorare con il proprio materiale, dovevo dare il meglio e convincere Jackson che valevo la cifra che mi stava dando e che, mi avrebbe aiutata a sostenere le spese del mio nuovo negozio a Los Angeles.

Mi sedetti su una delle sedie girevoli e mi ritrovai a girare come una bambina al suo primo giorno dal parrucchiere, erano sedie davvero belle e di buona manifattura.

Qualcuno bussò alla porta, mi alzai velocemente e corsi ad aprire, era una donna dai lunghi capelli biondi e dagli occhi scuri che mi mostrò l'agenda di mister J per le giornate a venire, dovevo stargli vicino costantemente assicurandomi che il suo aspetto fosse impeccabile, compito ingrato vista la bravura e l'eccellenza di Karen che mi aveva chiesto il favore di prendere il suo posto per un mese, aveva bisogno di riposo fisico, ma soprattutto mentale prima che il tour iniziasse.

La vidi stanca, preoccupata, non la solita Karen ecco, ma una donna di dieci anni più vecchia, qualcosa non andava ed io lo sapevo bene, avevo imparato a conoscerla col tempo.

Avevamo iniziato insieme, o meglio, lei mi fu d'ispirazione per dare il meglio come professionista, come makeup artist, e mi spinse ad andare oltre i miei limiti e superarli, per quanto fosse possibile.


Michael entrò quella sera nello studio di Karen con una camicia di seta rossa scintillante con dei ricami di pizzo e un pantalone largo nero che gli cadeva sulle caviglie scoprendo due allegri calzini di color differente, arancione e viola, cercai di non sorridere al pensiero di quell'abbinamento, era serio in volto e sembrava preoccupato.

-Ho chiesto a Karen di fornirmi i nomi dei suoi colleghi migliori e più fidati- si tolse gli occhiali da sole, potei osservare i suoi occhi scuri e profondi, mi scrutarono nel profondo, mi misero a disagio -e lei mi ha fatto un solo nome, il suo- si morse il labbro inferiore e mi scrutò a lungo -pretendo la massima professionalità da parte sua, devo essere impeccabile, devo essere perfetto capisce, è il mio ritorno sul trono che mi è stato portato via ingiustamente, devo dare il massimo e voglio che anche lei lo faccia- si slacciò il primo bottone della camicia, mi ritrovai ad arrossire e mille pensieri mi passarono per la testa ma non quello che fece effettivamente, mi mostrò il suo petto nudo e ciò che il suo sguardo tormentato stava osservando, vitiligine.


Nato per AmareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora