Inside The Dark

46 3 2
                                    

Erano i primi di Luglio quando uscii di casa la prima volta, mi coprii bene per non farmi riconoscere, non volevo parlare con nessuno, misi degli occhiali da sole e andai in negozio a comprarmi del whisky, avevo bisogno di ubriacarmi alla grande, tornai a casa e ascoltai "Getting dark di Joseph Alba" a tutto volume.

Mi sdraiai sul tappeto e chiusi gli occhi lasciandomi trasportare da quel violino magnifico, da quella melodia stupenda, bevvi un sorso, non mi importava di nessuno, né dei vicini nè delle lamentele continue che sentii al piano di sopra, né di ciò che successe qualche ora dopo. Chiamarono la polizia e quando bussarono alla mia porta videro una scena assurda, una donna di quarant'anni completamente ubriaca che singhiozzava ridendo sulla soglia della porta, in pigiama con una bottiglia in mano e una coperta sulle spalle.

-Possiamo chiamare qualcuno che può aiutarla?- mi chiese un poliziotto, gli scoppiai a ridere in faccia.

-Lei sa come alleviare il dolore al petto che provo?- mi guardò sconcertato -quando si perde una persona e si ha la sensazione di morire con essa?- i due alzarono le spalle esortandomi ad abbassare la musica e mi lasciarono sola mentre Vaclav Slezàk con la sua "trpelivost rùze prinasi" riecheggiava nel mio appartamento. Mi buttai sul divano lasciandomi trasportare dalle note di quella melodia finché stremata mi addormentai.

Quando sentii il campanello la mattina dopo ci misi un po' ad alzarmi dal letto, mi faceva male la testa e tutti i muscoli insieme ad essa, aprii la porta e mi trovai davanti Karen, la guardai, era sconvolta peggio di me ma era normale, mi guardò sconcertata e preoccupata, per tutta risposta la abbracciai e lei ricambiò.

-Mi dispiace K- le dissi stringendola a me -mi spiace tanto- la feci accomodare in salotto, mi guardò con aria severa, era rigida e si guardava le mani giunte davanti a sé.

-Katy- sorrise debolmente -mi hai fatto preoccupare, ci hai fatto preoccupare, sono passati sei giorni senza avere tue notizie- mi disse con tono pacato.

-Mi spiace. Ma avevo bisogno di stare sola. Non so... non so spiegarti il perché...- si sedette al mio fianco e mi strinse le mani con le sue.

-So tutto di te e Michael- mi disse accennando un sorriso -me lo ha detto- una lacrima scese sul mio viso -e sappi che sei stata la cosa migliore che potesse avere in questo periodo, hai alleviato le sue pene per qualche settimana, le hai dato gioia e amore. È questa la ragione a cui ti devi aggrappare-

-Oh Karen- dissi cercando di trattenere i singhiozzi, sentii le sue braccia intorno al mio corpo -sono io che dovrei consolare te. Hai perso molto più di quanto abbia perso io-

-Non conta mai il tempo speso con una persona- mi baciò la testa -ma la qualità del tempo trascorso insieme- rimanemmo insieme fino a tarda sera a piangere e sorridere dei ricordi che avevamo vissuto e custodito, quelli di Karen mi fecero capire ancor più che tipo di persona era Michael.

-Gli piaceva scherzare, fare scherzi, ricordo quando ad una conferenza mise sotto il cuscino della mia sedia uno di quegli aggeggi che quando ti siedi sembra tu abbia fatto una puzzetta- rise di gusto -non riuscì più a smettere di ridere e mi ci volle del tempo per perdonarlo, il tempo di una scusa appena sussurrata, di vederlo sorridere- cercò di eliminare quei pensieri dalla sua testa lottando contro il dolore.

-Ha la nomea di burlone. Aveva- mi corressi intristendomi -a volte lo sento vicino-

-Anch'io. Spesso mi sembra di sentire la sua risata, di osservarlo davanti allo specchio mentre si osservava come faceva spesso, con quel suo sguardo duro-

-Già. I bambini?- cercai di cambiare discorso.

-Sarà un casino K, ci sarà una guerra per l'eredità di Mike, sappi che ne sentiremo parlare a lungo. Lo diceva spesso, "valgo più da morto che da vivo Karen. Mi faranno fuori in qualche modo"-

Nato per AmareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora