capitolo 11

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Dopo un paio di minuti eravamo lontani da casa, e solo quando i miei piedi toccarono il terreno umido del bosco mi resi conto che la loro velocità era maggiore da quanto io credessi. I due si allontanarono di un paio di metri e iniziarono a parlare tra loro come due assassini che escogitano un omicidio.

Lara: secondo te cosa si stanno dicendo?

Non ne avevo la minima idea quindi mi limitai a fare spallucce e mi allontanai e iniziai a montare la tenda a due posti destinata a me e Lara.

Si erano fatte oramai le 20,15 e la fame nel mio stomaco iniziava a farsi sentire. Io e Lara, dopo un paio di tentativi andati a male, riuscimmo ad accendere un piccolo fuocherello dalle fiamme rosso intenso che mi facevano perdere nel loro colore. Iniziammo a mangiare un Po di cose prese prima di uscire di casa.

Lara: secondo te perché Dario mi guarda?

Io: forse gli piaci.

Lara: ma che sei scema? Ti ricordo che la prescelta sei tu non io.

La guardai con la coda dell'occhio e poi tornai sul mio panino. Non avevo tanta voglia di mangiare, ma comunque non volevo alzarmi e andare via perché sapevo che avrebbero fatto tremila domande, e non avevo voglia di rispondere.

Io: ho baciato Stefan. Beh in realtà lui ha baciato me.

Lara mi guardò con dei grandi occhi marroni stupiti. Posò il panino sulle gambe e si portò le mani alla testa in segno di stupore.

Lara: cosa? E quando avevi intenzione si dirmelo.

Non potevo ancora credere che Lara, l unica persona che avevo sempre odiato per i suoi commenti su di me, adesso mi parlava e mi sorrideva come un amica di vecchia data a cui avevo sempre detto tutto ciò che riguardava la mia vita.

Io: beh...è  capitato all'improvviso.

Il mio sguardo cadde su Stefan che mi stava guardando. I suoi occhi erano di un azzurro chiaro, quasi bianco. Mi guardava con insistenza, come se cercasse di capire io cosa stavo pensando. Tornai su Lara che mi sorrise e si alzò.

Dario: io e Stefan dobbiamo tornare un secondo a casa.

Lara: no. Non potete lasciarci da sole qui.

Dario: perché scusa.

Mi alzai avvicinandomi a Stefan e ponendomi alle sue spalle. Il contatto delle miei mani sulle sue spalle mi fece venire i brividi lungo la schiena.

Io: Lara ha ragione. Lasciandoci da sole potete metterci in pericolo. Vado io con Stefan e tu rimani con Lara. Anche se ci attaccano potrete difenderci. Da sole non ne saremo capaci.

Dario mi guardò interessato. Aveva afferrato tutte le mie parole e, stranamente, sembrava felice del mio ragionamento.

Dario: ok. Queste sono le chiavi della stanza. Appena sarete al suo interno non toccate nulla, ne un libro ne una bottiglia, non sapete cosa possono scatenare. Prendete più bottiglie possibili e il libro nero riposto sul tavolino vicino alla bottiglia del creatore.

Stefan afferò le grandi chiavi e mi prese sulla schiena. La sua pelle era fredda e liscia come il ghiaccio. Iniziò a correre per in bosco più piano rispetto a poche ore fa.

Io: di questo passo non arriveremo mai.

Stefan: non voglio svegliare gli animali.

Io: gli...gli animali? Ma che...giuro io non ti capisco.

Stefan: sento tutto. Sento gli animali, vedo i rami posti al suolo, vedo sassi, pozze d acqua. Vedo tutto quello che ho davanti anche se corro. Ma tutto questo è niente. Riesco a leggere i pensieri di tutti.

Io: anche il mio?

Stefan: certo.

Non mi andava giù l idea che Stefan potesse leggere tutto quello che pensavo. Forse quando prima mi ha guardata voleva dire che mi aveva sentita quando ho parlato con Lara.

Io: tu non puoi farlo.

Stefan: certo che posso, e lo faccio.

Io: no. Non puoi leggere i miei pensieri. I pensieri sono affari propri...tu non puoi.

Appena toccati di nuovo le mattonelle del mio giardino camminai svelta verso il Palazzo senza aspettare Stefan che si stava sistemando.

Stefan: perché corri?

Io: come se per te fosse un problema, puoi superarmi quando vuoi.

Mi girai di scatto e lo vidi sorridermi. I suoi sorrisi erano così dolci e delicati.

Stefan: si è vero.

Appena arrivammo vicino la porta di casa di Dario il mio corpo su invaso da una sensazione di agonia e terrore. Iniziai a pensare che una volta dentro avrei visto i corpi senza vita dei suoi genitori, e ciò mi fece rabbrividire. Feci un lungo sospiro e mi avvicinai alla porta.

Stefan: non preoccuparti non c è nulla dentro.

Le parole di Stefan mi calmarono. Una volta dentro notai che la casa non aveva nulla di rotto o di spostato. Tutto era come l avevamo lasciato, o come almeno mi ricordavo di averlo lasciato dopo la cena da lui. Mi incamminammo verso la porta, e quando notai che la stanza in questione non era quella di Dario rimasi paralizzata.

I miei occhi caddero per l ennesima volta sulla scritta scavata nel legno. Non avrei mai pensato di trovarmi di nuovo così vicino a quella porta, e questa volta ci dovevo entrare.

Stefan: l idea di entrare qui dentro di eccita così tanto?

Io: si...Non so il perché però...

Stefan: ok. Allora ti accontento subito.

Stefan infilò le chiavi nella serratura. Il rumore sordo delle chiavi che giravano mi facevano uno strano effetto. Volevo vedere, volevo sapere cosa c era lì dentro. Girò ancora una volta. Penultimo scatto. Ultimo scatto...poi la porta si aprì.


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