Chapter Eleven.

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Dottor Payne’s POV

Tamburello le dita sulla scrivania, mentre aspetto Samantha con i suoi genitori. Questa settimana è volata e io non ho fatto altro che pensare alla frase con la quale la ragazza mi ha lasciato, la settimana del suo compleanno. Parlando con i genitori, abbiamo deciso che dobbiamo parlarle chiaro e raccontarle di suo fratello. Quando la segretaria mi avverte che sta per entrare, mi sistemo sulla sedia nera dallo schienale alto, alzo gli occhi al cielo e poi attendo. Osservo le due sole sedie che mi si trovano davanti. Mi domando se Samantha chiederà a uno dei due genitori di sedersi al suo posto, prima che io la informi che c’è una terza sedia.

Samantha apre la porta raggiante, mi saluta con un “buongiorno” più allegro che mai e si accomoda, senza fare caso ai genitori che la seguono.

“Allora, Samantha. Oggi siamo qui perché dobbiamo parlare di una cosa importante”

“Oh, non vedo l’ora. Sa che mi hanno fatto dei regali davvero spettacolari per il mio compleanno? Guardi cosa mi ha regalato il mio ragazzo!” mi risponde e mi sventola in faccia un braccialetto con un ciondolo a cuore. La madre, alla parola “ragazzo”, si stringe nelle spalle.

“Molto carino, davvero! Sono contento che ti abbiano fatto dei bei regali.” Sorrido incerto.

“Oh, di sicuro! E sa un’altra cosa? Il mio ragazzo si è tatuato il mio nome! Lo so, sembra una cosa da svitati, ma se qualcuno lo facesse per lei, sono sicura che lo troverebbe adorabile” parla a macchinetta, così in fretta che quasi non distinguo le singole parole e mi guarda dritto negli occhi, con un’espressione quasi di trance; appoggia i gomiti sul tavolo e adagia il mento sulle mani unite.

“Ascolta Samantha, ora però viene la questione importante.” Dico, cercando un tono di voce abbastanza sicuro perché la smetta di parlare di questo suo ragazzo. “In realtà, il nostro test è già stato completato mentre parlavamo della tua vita di tutti i giorni. Tutto è andato benissimo, per fortuna non sembri aver riportato danni psichici. Però.. C’è una cosa di cui non sei riuscita a renderti conto. Ed è normale, perché probabilmente il tuo inconscio ti fa sentire…” annaspo nelle parole notando che non mi sta ascoltando, ma sta guardando lo schermo del suo cellulare “Emh, dicevo.. Ti fa probabilmente sentire in colpa e probabilmente tu hai.. Bhe… Hai rimosso ciò che è successo e..” non so come fare a spostare la sua attenzione dal cellulare, anche perché non ho l’autorità per riprenderla e temo che, richiamandola, si chiuderebbe in se stessa, sulla difensiva.

“Samantha, diamine, ascolta il dottore!” le urla il padre, seduto al suo fianco, prendendole di mano il telefono. Lei lo fulmina con lo sguardo, per troppi secondi, poi rivolge lo sguardo su di me. I suoi occhi sono ancora in fiamme.

“Insomma, Samantha.. Non c’è un modo per dirtelo, ma la situazione è questa: l’incidente non ha coinvolto solo te; il tuo conscio, sentendosi colpevole, ha mandato nel tuo subconscio alcune informazioni, rimuovendole, lo chiamiamo “meccanismo di difesa”. Può darsi che tu abbia fatto dei sogni ambigui, perché queste informazioni rimosse tendono sempre a risalire in superficie e..”

“Può venire al punto, dottore?” mi interrompe, sbuffando.

“D’accordo. Tuo fratello era con te nell’auto e in quello scontro.. Purtroppo ha perso la vita. Il trauma è stato troppo forte per lui.”

Forse le mie parole sono state troppo dirette, poiché la madre scoppia in lacrime e il padre comincia a torturarsi la mano sinistra, continuando a tirarsi la fede nuziale. Ma quello sguardo negli occhi della ragazza, mi ha fatto capire che solo uno shock l’avrebbe riscossa.

Lei rimane a bocca socchiusa a fissarmi. Le esce solo un “Oh” tremante. Poi scuote le spalle e appoggia il viso a una mano, con il braccio che si regge sul bracciolo della sedia. Mi osserva.

“Immagino.. Immagino che sia per questo che la camera era ancora a soqquadro.. Immagino che sia per questo che hai pianto, quando ho sistemato” dice, rivolgendosi alla madre.

“Quanto ancora avevate intenzione di .mentirmi? Ho ucciso mio fratello e non mi dite niente. Siete dei traditori. Potete lasciarmi sola con il dottor Payne?” dice, più fredda del ghiaccio. Anche il padre comincia a piangere, ma entrambi si alzano e lasciano la stanza. Samantha riprende il suo cellulare e qualcosa cambia nel suo sguardo.

Comincia a parlarmi, di nuovo e di nuovo, del suo ragazzo. Di come è gentile, disponibile, di quanto sia stata felice quando lui le ha detto che la ricambiava, del suo primo bacio. E non riesco a interromperla; non nomina mai suo fratello, come se la cosa non la toccasse.

Un atroce dubbio mi pizzica, come una pulce in un orecchio. Perciò, prima che Samantha esca, le chiedo come si chiami il suo ragazzo.

“Styles. Harry Styles. E’ il ragazzo che è stato ricoverato alla clinica di cui le avevo già parlato, ricorda? Arrivederci dottore, grazie per aver parlato chiaro.”

Annoto il nome sul mio quaderno.

Insane.Where stories live. Discover now