Come può essere bello vivere per uno a cui la vita reca dolori?
Frammenti di Eschilo
"Non era necessario, lo sai bene", disse con tono tagliente, "non ho più dodici anni e posso cavarmela benissimo da sola. Poi non mi piace arrivare così presto".
Bellamy la guardò torvo e sospirò: "se fosse così non avresti saltato sei giorni di scuola in sole due settimane. I tuoi professori ti hanno vista in giro la mattina con quei ragazzi più grandi, si sono preoccupati e mi hanno chiamato. Devo ricordati che" "Smettila", sbottò Charlotte, "non sei mio padre e non hai alcun diritto di controllare la mia vita". Uscì dalla macchina sbattendo la porta.
Bellamy strinse forte i pugni, facendosi diventare le nocche bianche. Guardando fuori dal finestrino vide Charlotte, la sua piccola Charlotte, parlare con dei ragazzi decisamente troppo grandi per lei. Basta Bellamy, pensò, prova a darle un'altra possibilità. Voleva intervenire ma si trattenne, il loro rapporto era già sul filo del rasoio e non voleva perderla definitivamente.
Aveva bisogno di schiarirsi le idee; scese dalla macchina e andò verso il parco davanti alla scuola per fare due passi. Al centro del giardino c'erano i giochi per i bambini, si fermò a guardare quei piccoli che cercavano di arrampicarsi sullo scivolo o che si facevano spingere sull'altalena. Quella vista lo rilassò per un attimo e le spalle, contratte per la tensione, si sciolsero abbassandosi. Fece scorrere lo sguardo su tutta la scena, beandosi di questa visione e invidiando quei piccoli bambini che si inseguivano senza pensieri e preoccupazioni.
Il suo sguardo venne catturato da una ragazza bionda che stava seduta sui gradoni vicino alle giostre; aveva la schiena rigida, come se non volesse rischiare di sporcarsi appoggiandosi alla pietra; l'attenzione della ragazza era rivolta al foglio poggiato sulle sue gambe, ogni tanto alzava lo sguardo e guardava davanti a se' con un'espressione distaccata e superiore, sembrava una principessa.
Incuriosito dal frenetico movimento delle mani decise di avvicinarsi; quando si mise davanti a lei si allungò per guardare meglio il disegno.
"Mi stai coprendo la vista", disse scocciata. "Chiedo scusa, principessa. Non volevo disturbarla", Bellamy sentì la tensione risalirgli ma prima di risponderle acidamente posò lo sguardo sul foglio.
A quella vista rimase scioccato; la ragazza stava disegnando con una grafite e un pastello nero ma non quello che si aspettava. Davanti a loro si stendeva il laghetto, illuminato dai riverberi del sole, e il parco brillava per l'energia dei bambini, era tutto in movimento. Sul foglio, invece, con tratti sfumati e spezzettati, il parco giochi assumeva un'aria di desolazione, non c'erano bambini e l'acqua del laghetto era scura. Sembrava persino di sentire il lento cigolio delle giostre che giravano abbandonate. Era uno scenario apocalittico.
Turbato alzò gli occhi incontrando quelli della ragazza; erano di un azzurro bellissimo, si muovevano inquieti e intelligenti ma Bellamy percepì anche della paura come se lui avesse appena scoperto un segreto gelosamente custodito.
La ragazza si scosse, raccolse le sue cose balbettando delle parole e iniziò ad allontanarsi.
"Aspetta" le urlò Bellamy, "non volevo turbarti". Ma lei si rifiutò di sentire, di nuovo chiusa nell'armatura che la proteggeva dal mondo, era tornata imperturbabile.
Dannazione, pensò Clarke, nessuno avrebbe dovuto vedere quel disegno. Reagiscono tutti così, rimangono spaventati quando si scontrano con la mia visione della realtà. Come se una ragazza non potesse essere così disillusa della vita da non vedere niente di bello davanti a sé.
Quegli occhi scuri così profondi l'avevano scrutata dentro e lei si era spaventata, come accadeva sempre. Appena qualcuno la vedeva veramente si ritirava sulla difensiva, ma quegli occhi erano diversi. L'avevano osservata straniti è vero ma senza un giudizio, più con uno stupore e un interesse sincero.
Scrollò la testa per togliersi tutti quei pensieri ed entrò in classe. Oggi avrebbe dovuto spiegare alcuni vasi greci ma quei ragazzi non sembravano cogliere l'importanza dell'arte antica, come se quello che risaliva a secoli precedenti non avesse importanza sulla loro vita. Ma non si rendevano conto che senza le radici una pianta non vive.
Aveva deciso di fare una lezione diversa, voleva far dialogare arte e letteratura per stimolarli maggiormente.
"Oggi parleremo della rappresentazione iconografica di Aiace Telamonio. Qualcuno di voi ha in mente la sua storia?". Clarke li guardò speranzosa, la maggior parte dei suoi studenti teneva lo sguardo da un'altra parte nella speranza di non essere chiamati, alcuni stavano ancora dormendo.
Sospirò leggermente, "Aiace era uno dei pretendenti di Elena e" "Era un guerriero grande e grosso e stupido", la interruppe una ragazza dal fondo dell'aula. "Perché dici che era stupido Charlotte?" "Perché è la verità, poi non riesce a combinare niente e si uccide persino. Che sfigato". "Sono contenta che tu sappia qualcosa di mitologia greca", Charlotte arrossì leggermente abbassando gli occhi e ripensò a tutti i discorsi noiosi che faceva Bellamy. "Però non sono totalmente d'accordo. La visione che hanno molti di Aiace è quella che sostieni tu Charlotte; in verità è stato un eroe incompreso e non realizzato. Un eroe tragico. La sua storia è strettamente legata a quella di Achille e Odisseo ma oggi ci concentriamo sulla parte finale della sua vita che, come ha anticipato Charlotte, si concluderà con il suicidio. I vasi che studieremo oggi sono molti importanti e lo raffigurano nei momenti appena precedenti, siamo al culmine della tragedia".
Clarke andò avanti a parlare per gran parte dell'ora, leggendo brani dalle tragedie e da altre opere che parlavano di Aiace e, con gioia, vedeva che alcuni sguardi di illuminavano. Quella che maggiormente l'aveva colpita era Charlotte, dopo il suo intervento era rimasta in silenzio ma non l'aveva mai persa di vista, ascoltava le sue parole con interesse e i suoi occhi fremevano. Clarke capì che qualcosa la stava turbando ed era estremamente incuriosita. "Negli attimi prima di morire, Aiace parla al Sole rivolgendosi a lui per l'ultima volta. Dopo aver pregato e affidato la compagna e il figlio, augurandogli una sorte migliore, si gettò sulla spada e lo spirito lo abbandonò. La sua vita è drammatica perché si vede come non riesca ad affrontare i propri demoni, la paura di non essere abbastanza e di non essere accettato. Quando gli altri Achei consegnano le armi di Achille ad Odisseo lui si rompe, non si riconosce più. Non riuscendo a sopportare questo dolore decide di porre fine alla sua vita. Ecco in questi vasi è evidente la tensione tragica che accompagna i suoi gesti finali".
Dopo qualche istante di silenzio, suonò la campanella che segnava la fine dell'ora. I ragazzi iniziarono ad uscire ma Charlotte rimase al suo posto con lo sguardo infuocato. Clarke le si avvinò, "Charlotte, stai bene?" "Un buon padre non abbandonerebbe mai la sua famiglia, sono loro che lo sostengono e lo fanno essere ciò che è, non delle stupide armi", sputò fuori con rabbia queste parole e uscì dall'aula. Clarke giurò di aver sentito la voce della ragazza tremare leggermente e di aver visto i suoi occhi farsi lucidi.
Turbata da questi pensieri raccolse le sue cose e si preparò per la lezione successiva.
Ciao! Sono tornata con un piccolo aggiornamento, oggi abbiamo il primo incontro tra Bellamy e Clarke. So di essere stata breve ma nel prossimo capitolo i due avranno maggiori possibilità di dialogo e ne vedremo delle belle.
Spero che la storia vi stia piacendo, fatemi sapere!! Un bacione!
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Life is about more than just surviving_The100_Bellarke
FanfictionLong Au su Bellamy e Clarke (una delle mie OTP in assoluto). La storia è ambientata in epoca moderna ma ci saranno alcuni elementi che richiamano la serie tv e i personaggi principali. Clarke Griffin, giovane pittrice, si ritrova a insegnare arte...