20.

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*Ashley's pov*

Per tutto il tempo in cui Teresa ci tolse i chip cercai di fare finta di niente, per non far vedere quanto stavo soffrendo. Non sapevo cosa mi avesse dato mio padre, ma tutto il dolore si stava concentrando sulla pancia.
Potrebbe succedere qualcosa al bambino, ricordai le sue parole. Cosa mi aveva fatto? Ebbi un senso di nausea e mi costrinsi ad appoggiarmi ad una sedia, solo che mi ci accasciai, attirando l'attenzione di tutti.
"Ash che hai?" sentii Rebeka chiedermi. Avevo il fiato corto e mi girava ancora la testa. Mi presi la testa tra le mani e mi lascia sfuggire un gemito di dolore. Era come se i miei organi stessero andando a fuoco, soprattutto nel ventre. Sentii qualcosa di umido sui pantaloni e guardando in basso notai che era sangue. Stavo perdendo sangue. Sentii tutti zittirsi un attimo e rimanere con il fiato sospeso.
"Che succede! Teresa?!" urlò Thomas "Teresa, che cos'ha?!"
Trovai la forza di alzarmi e sentii altro sangue scorrere. Urlai dal dolore e sentii gli occhi riempirsi di lacrime. Strinsi i denti e mi morsi l'interno della guancia. Sentii delle grida ovattate per un paio di minuti in cui la mia vista era oscurata, poi sentii Teresa balbettare:
"È- è il piano di Janson" disse con voce strozzata mentre io mi sforzavo di guardarla negli occhi "Il bambino... sta avendo un aborto"
Sentii il mio cuore sprofondare di mille piani. Era impossibile. L'essere che portavo in pancia rappresentava la speranza, il promemoria che avremmo potuto essere felici nonostante tutto, un giorno. Ci ricordava che eravamo ancora umani. Non solo a me e Thomas, ma a tutti. Spostai lentamente lo sguardo su Thomas, che mi guardava immobile, con gli occhi persi nel vuoto come se mi stessero trapassando, come se non fossi realmente li. Sentii un'altra fitta e barcollai all'indietro, urlando dal dolore, e mi appoggiai ad un pilastro. Tutti sembrarono riprendersi in quel momento: mi vennero incontro e qualcuno mi mise una mano sulla spalla, ma io mi voltai dall'altra parte. Erano tutti lì accanto a me, tranne Thomas. Lui era rimasto lì, immobile, con lo sguardo fisso su di me mentre fiumi di lacrime gli solcavano il viso che si arrossava sempre di più. Un'ultima fitta mi colpii e io strinsi i denti, conficcandomi le unghie nei palmi per evitare di urlare. Sospirai un muto addio a mio figlio, che non avrà più possibilità. L'unica cosa che mi ricordava lontanamente la felicità, se ne stava andando. Poi ci fu solo il nulla. Niente più dolore, niente più suoni. Chiusi gli occhi e non sentii niente. Non avevo avuto nessuna reazione, ma non sentivo più niente. Non vedevo nessun altro.
"È finita" sentii dire da qualcuno, e poi ci fu silenzio. Alzai leggermente la testa, mentre ero ancora appoggiata con un braccio e metà del corpo piegato in due al pilastro, e urlai. Riuscii a sentire solo quello. Il mio urlo acuto e straziante che durò diversi secondi. Mi bruciò la gola, ma non era niente in confronto a quello che provavo. Non potevo esprimermi in un altro modo, niente sarebbe bastato a spiegare la rabbia e la tristezza che provavo in quel momento. Quando finii riacquistai l'udito, ma non la capacità di reagire. Tremavo, d'ala testa ai piedi come una foglia, e sentii le mie ginocchia toccare terra mentre mi accasciavo quasi completamente contro il pilastro. Riconobbi solo la sagoma di Thomas che picchiava qualcosa e si dimenava mentre qualcuno lo teneva fermo. Mi lasciai andare lentamente e chiusi gli occhi di nuovo. Le lacrime iniziarono a scorrere tanto da bagnarmi i vestiti. Ero completamente rivestita di sudore e continuavo a tremare. All'improvviso non sentii più nulla. Nessuna emozione, sentimento, niente più senso di rabbia, delusione o tristezza. Niente assoluto. Però sentii qualcuno singhiozzare e urlare. Realizzai dopo che quelle grida provenivano da me. Era come se il mio corpo stesse reagendo ma dentro di me fossi vuota. Ed era così, non volevo più sentire niente, avrebbe fatto tutto troppo male. Mi avevano appena portato via mio figlio. No, lo avevano appena ucciso, e io mi sentivo vuota, come se avessero preso tutto quello che c'era di importante e umano in me. Ero solo un corpo, che si dimenava e urlava. Sentii che qualcuno mi abbracciava e mi stringeva a se, piangendo a sua volta. Credo fosse Rebeka, che mi accarezzava e cercava di rassicurarmi, ma io mi rifiutavo di credere a quello che stava succedendo. Il contatto della pelle della mia amica con la mia non mi fece nessun effetto, neanche le grida di Thomas. Fissavo il vuoto davanti a me e continuavo a piangere e urlare. Per un attimo, un attimo solo, finsi che tutto quello non stava succedendo davvero. Chiusi gli occhi, e cercai di costringermi che era tutto un sogno. Perché lo volevo, desideravo che niente di quello fosse accaduto con ogni singola cellula del mio corpo, perché non avrei dovuto provare quel dolore. Quel dolore che non mi faceva respirare e mi faceva sentire come se tutto intorno a me si stesse stringendo per schiacciarmi. Non avrei dovuto sentire il peso del mondo sul mio cuore, o il battito cardiaco che accelerava come se volesse farmi esplodere, il mal di testa martellante. Ma quando aprii gli occhi ero ancora lì, accasciata sul pavimento, senza speranza, senza un briciolo di umanità negli occhi. Mi avevano portato via la cosa più bella che avevo, ed era colpa di mio padre.

Maze Runner || IS THIS THE END?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora